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Batman – Il Cavaliere Oscuro

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Cristopher Nolan toglie il suo Batman da quelle atmosfere gotiche e pop,  fumettistiche e postmoderne nelle quali Tim Burton, nei primi anni novanta, aveva inserito il ritorno in grande stile, al cinema, dell’uomo pipistrello. Gotham City diventa una qualsiasi città americana (Chicago), Nolan sceglie visioni dall’alto che prediligono la profondità e la vertigine di un occhio che si muove tra i palazzi e li sorvola, come il nuovo Batman, capace di volare, di spostarsi in quegli spazi vuoti tra un grattacielo e l’altro che sono la dimensione favorita del movimento di un altro supereroe, Spider-man.
Nolan immerge in un contesto contemporaneo, tendente al reale e ipertecnologico il nuovo capitolo della serialità con marchio Batman. Il suo obiettivo diventa esplorare l’umanità del personaggio, intesa come conflitto psicologico, come lotta interiore. Messinscena della battaglia che smuove e sconvolge l’anima e la mente, ogni volta che i sentimenti vengono toccati e feriti. E allora l’oscurità che scende e trasforma l’idea dell’eroe. Il bisogno di una giustizia che abbia un volto e un nome. Il tentativo di abbandonare la maschera per confrontarsi con una esistenza normale, per dire addio definitivamente alla propria diversità.
Il dualismo interno al personaggio di Batman si riversa poi nel suo rapporto con il Joker e nell’altro personaggio che avrebbe dovuto rappresentare il nuovo volto della giustizia, Harvey Dent, che invece si ritrova ad essere sfigurato, diventando così due facce, come quelle della moneta che tira, tutte e due uguali e allora, forse, come predica il Joker, anarchico distruttore, dovrebbe essere il caso a portare giustizia in un mondo in cui gli uomini non sono mai all’altezza dei loro compiti, soprattutto se devono fare rispettare la legge e quello che essa rappresenta.
Ma solo e sempre negli uomini è racchiusa poi la speranza. Il detenuto che getta il congegno che avrebbe fatto saltare un’altra nave e ucciso vite umane. Un gesto di rifiuto della morte. Di resa e allo stesso tempo di rivolta. Ancora di più, l’unica azione che in quel momento andava fatta. E tocca ad un detenuto (un malvagio, un cattivo) compierla. Complementarietà del bene e del male. Equilibrio e caos. Questi i punti di fuga e di scontro della pellicola di Nolan che si concentrano nell’occhio del regista troppo tardi, dopo un’attesa che si compatta solamente nello spettacolo e nell’azione, per arrivare poi ad un finale che ricostruisca l’identità dell’uomo pipistrello in una nuova veste dark e pessimista, un eroe al contrario, qualcuno a cui dare la caccia, l’inganno della maschera, questa volta, a nascondere il fallimento di chi avrebbe dovuto rappresentare il bene, quelle due facce troppo simili nella loro mostruosa diversità al punto da chiedersi se veramente il bene e il male potranno mai essere due cose distinte.

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