Il nuovo lavoro di Eli Roth è una riflessione su temi molto attuali, come la violenza, la tortura e il capitalismo. Eli Roth non è semplicemente un collezionista di antri tranciati e sadismi vari, ma un regista che attraverso una rappresentazione estrema della violenza arriva a parlare di argomenti ben diversi e complessi. Prima di tutto c’è il denaro, lo strumento attraverso il quale, nella nostra società, tutto è possibile. Visto che il capitalismo presuppone una commercializzazione di qualsiasi aspetto della vita umana non bisogna stupirsi se anche la morte, la tortura e il sadismo possano diventare un business. Il teatro delle crudeltà allestito da Roth, nel quale si svolgono i “giochi” di alcuni ricchi signori, non è altro che un luogo adibito per la messinscena dello spettacolo della violenza e per la sua fruizione. Solo che poi non è tanto l’istinto omicida dell’uomo a venire alla luce quanto la possibilità, attraverso il denaro, di comprare corpi da torturare o da usare a proprio piacimento. Eli Roth punta molto su questo tema. Tralasciando il semplice intreccio sul quale il film si basa (alcune ragazze partono da Roma verso Praga, alloggiano in un ostello e poi vengono rapite) il regista cerca in ogni modo di mostrare le componenti economiche del suo meccanismo narrativo. In una sequenza, per esempio, si assiste all’asta internazionale per comprarsi le ragazze da seviziare e verso la fine del film una di esse trova la libertà non tanto perché qualcuno abbia avuto pietà di lei quanto perché questa libertà riesce a comprarsela. Tutto allora si svolge nell’ottica imprenditoriale del commercio, dove ogni cosa diventa merce e dove i legami tra le persone non sono più morali quanto contrattuali. La Elite Hunting, la società che organizza il tutto, è una vera e propria agenzia d’intrattenimento per uomini facoltosi, dove la merce è la vita umana.
Eli Roth poi ha un gusto del tutto personale per il grottesco (la festa nel paesino slovacco, con tutta una serie di maschere macabre, che servono a preannunciare le atrocità successive) e possiede un senso dell’ironia nerissimo e fulminante (la scena finale su tutte). Nella pellicola viene anche omaggiato in maniera esplicita molto del cinema italiano delgi anni settanta, grazie alla presenza di Edwige Fenech, Luc Merenda e Ruggero Deodato.
Hostel 2 è forse un film politico come pochi. Perché attraverso l’uso di un genere (quello horror) porta alla luce problemi e incongruenze della nostra società. Ed è in questo modo che una codificazione narrativa (come quella dei generi) si riversa poi nel reale, portando lo spettatore a riflettere su quanto sta vedendo e sul mondo in cui vive. Attraverso il sangue si arriva così a qualcosa di più profondo. I corpi squartati non sono solo carne da macello, sono la testimonianza diretta delle estreme conseguenze del capitalismo dove anche i corpi umani diventano merce (e in molti casi già lo sono) e per questo possono essere venduti e comprati, e una volta acquistati, utilizzati come meglio si crede.
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