Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Narrativa
Pagg. XXI – 476
ISBN 9788804668329
Prezzo Euro 15,00
Il surreale secondo Dino Buzzati
Nel nostro paese se la poesia è un genere negletto, nel senso che per gli editori è quasi sempre un insuccesso commerciale, non va molto meglio per i racconti, più appetibili invece nel mondo anglosassone. Tuttavia ci sono le eccezioni, rare in verità, ma esistono, come nel caso di Sessanta racconti di Dino Buzzati che è riuscito addirittura ad aggiudicarsi il premio Strega nel 1958. Indubbiamente il merito va tutto alle grandi capacità dell’autore, un vero maestro del surreale, capace di procedere sicuro sul ciglio che esiste fra realtà e fantasia.
In particolare il narratore bellunese riesce ad amalgamare perfettamente il grottesco con l’introspezione, la paura di ciò che non si conosce, il contrastante comportamento umano, l’attualità e perfino la religione, dando vita a una serie di prose brevi che oltre a soddisfare il lettore lo inducono a ripetute riflessioni sull’esistenza, sui rapporti fra gli uomini, sull’innata insicurezza che deriva dal pensiero, sempre latente, della morte.
Per quanto mi sembri ovvio, fra tanti racconti ce ne sono di più riusciti e di meno indovinati, però la media generale è da considerare piuttosto elevata, e in ogni caso la gradevolezza non viene mai meno, anche perché tutti sono venati da un’ironia che potrebbe essere scambiata anche per umorismo se non si rilevasse di continuo un sottofondo di pessimismo.
Non è mia abitudine anticipare la trama e qui sarebbe francamente impossibile, trattandosi di tante, ma per alcune, che mi hanno colpito in modo particolare, mi è d’obbligo riportare alcuni cenni, anche se a grandi linee.
Il timore della malattia e della morte domina Sette piani, un ospedale in cui viene ricoverato Giuseppe Corte per una malattia di modesta entità, tanto che viene ospitato al settimo piano, dove si curano i casi più semplici, mentre a scendere aumenta la gravità del malato. E’ un viaggio nell’incubo della sofferenza, più psichica che fisica, un tormento, o meglio ancora, un incubo da non augurare nemmeno al peggior nemico.
La malattia è il tema anche di Una cosa che comincia per elle, altra disavventura allucinante a cui il lettore viene preparato con sottile astuzia e incredibile abilità.
Il senso di colpa è invece l’argomento di Il crollo della Baliverna, un senso di colpa che è smisurato rispetto all’effettiva responsabilità del soggetto; Il bambino tiranno invece prende di mira i comportamenti genitoriali che anziché fare la felicità di un pargolo lo fanno diventare un despota.
Quello che mi è piaciuto di più però è Il disco si posò, vera e propria fantascienza, con tanto di alieni il cui disco si posa sul tetto di una chiesa e il cui equipaggio, due mostriciattoli, intreccia una conversazione con il parroco a proposito del peccato originale. Sia che il lettore sia un credente, sia che non lo sia, ne uscirà un motivo di riflessione di grande valore, facendo sì che questa prosa si ricordi più facilmente delle altre.
Sono più che mai dell’idea che Dino Buzzati sia uno dei nostri più grandi narratori e questi racconti lo confermano; di conseguenza la lettura è senz’altro consigliata.
Dino Buzzati (Belluno, 16 ottobre 1906 – Milano, 28 gennaio 1972) Giornalista, disegnatore e pittore, redattore e inviato del «Corriere della sera», è autore di una vasta produzione narrativa. Buzzati si definiva «un pittore prestato alla scrittura», affermava che «dipingere non è un hobby, ma il mestiere, semmai l’hobby è scrivere».
La famiglia, di origini bellunesi, apparteneva all’alta borghesia ed aveva una ricca tradizione culturale. Il padre, Giulio Cesare, era professore di diritto internazionale all’università di Pavia; la madre, Alba, era sorella dello scrittore Dino Mantovani, che si conquistò una certa fama nel secondo Ottocento.
Terminati gli studi liceali al Parini di Milano, Buzzati si laurea in giurisprudenza. D’estate e quando possibile, tra il Pelino e la Civetta, esplora ogni picco; le montagne dolomitiche fanno anche da sfondo al servizio di leva svolto come allievo ufficiale. Congedato, presenta domanda di assunzione come cronista al Corriere della sera. Entra al giornale il 9 luglio 1928. Poco ambizioso, metodico e puntuale, si occupa scrupolosamente di cronaca nera e gira per la città sostando immancabilmente in questura. Solo i primi successi letterari gli varranno come carte di credito per salire di grado nel quotidiano milanese. E lo scrittore dirà, convintissimo: “L’optimum del giornalista coincide con l’optimum della letteratura”.
Nel frattempo Buzzati inizia a scrivere racconti. Rifiutata dalla Domenica del Corriere una storia alla Poe, illustrata da disegnini, scrive Barnabo delle montagne. Il testo, per la mediazione di C. Poggiali, capocronista al Corriere, viene proposto a Treves, che lo pubblica nel 1933. Presso lo stesso editore, esce poi Il segreto del bosco vecchio nel 1935.
Pubblica racconti su Omnibus e sulla Lettura e matura l’idea di un romanzo che sarà Il deserto dei Tartari. Termina l’opera nel 1939 e Leo Longanesi la inserisce nella collana da lui curata per Rizzoli. La storia fantastica di Giovanni Drogo vede la luce presso l’editore milanese nel 1940.
Corrispondente di guerra, iscritto al partito fascista, ma apolitico, dopo la guerra ottiene l’incarico di redattore capo della Domenica del Corriere. Nel 1945 pubblica La famosa invasione degli orsi in Sicilia e, in collaborazione con G. Ramazzotti Il libro delle pipe. Del 1949 Paura alla Scala, del 1950 In quel preciso momento, che ottiene nel 1951 il premio Gargano.
I suoi racconti sono talvolta tradotti anche per il teatro (come Un caso clinico, Milano 1953, che sarebbe stato più volte rappresentato e da cui sarebbe stato ricavato anche un film di e con Ugo Tognazzi, Il fischio al naso). Nel 1954 pubblica Il crollo della Baliverna con Mondadori (Premio Napoli) e nel 1958 Esperimento di magia. In questo stesso anno la raccolta antologica dei Sessanta racconti che si aggiudica il Premio Strega. Del 1963 Un amore “che esprime appieno i cedimenti dello scrittore ai miti e alle mode e insomma al mercato della letteratura”, storia di Antonio Dorigo, architetto di mezza età condannato a diventar succubo di una ragazzina-squillo incontrata in una casa d’appuntamenti e furiosamente da lui amata sino alla rovina totale.
Da ricordare anche: Il colombre (1966) e Le notti difficili (1971). Tra l’uno e l’altro libro: un’antologia di racconti, La boutique del mistero (1968) e soprattutto Poema a fumetti (1969), che ottiene il Premio di Paese Sera per il miglior fumetto e che mette in risalto le sue qualità di disegnatore e pittore, ancora recentemente sottolineate con una mostra antologica alla Rotonda della Besana di Milano.
Ricordiamo dunque: Barnabò delle montagne (1933), Il segreto del bosco vecchio (1935), Il deserto dei tartari (1940), I sette messaggeri (1942), Paura alla Scala (1949), Il crollo della Baliverna (1954), Sessanta racconti (1958, vincitore del Premio Strega), Un amore (1963), Le notti difficili (1971).
Ha scritto anche drammi (Un caso clinico, 1953) e numerosi testi teatrali brevi; ha pubblicato alcuni libri nati dall’incontro tra testo e illustrazioni come I miracoli di Val Morel (1971).