Intervista coni Menagramo
11 min readI Menagramo sono un duo folk-punk acustico formatosi nel 2016 da una idea di Walter Sala (Secoli Morti, Mannaja) e Enrico Manganaro (Teenage Gluesniffers, Impossibili, Scheletri). La loro strumentazione è peculiare, poiché costituita da chitarra acustica e frottoir o washborad. E due voci. Si esibiscono da tempo in Italia, ma anche in Europa e negli USA. Dopo 4 EP autoprodotti, pubblicati solo in digitale, e un album, “Ribcage” (cd edito dalla milanese Professional Punkers nel 2020), ristampato poi in vinile con il titolo di “Menagramo” con alcune tracce bonus da Wild Honey Records), i Menagramo pubblicano ora “Dental Plan” (2024, Wild Honey Records).
Intervista
Davide
Ciao. Una combinazione strumentale davvero singolare, che finora avevo ascoltato e apprezzato solo nel duo The Washboard Resonators – però di tutt’altro genere musicale – e, naturalmente, anche nel vostro precedente omonimo lavoro. Come è nata l’idea di un duo composto di chitarra e washboard?
Enrico Manganaro
Ciao e grazie a te per lo spazio che ci concedete. Ci sono dei momenti in cui a questa domanda vorrei rispondere dicendo che la scelta è stata ponderata rispetto a fattori artistici di un certo livello, ma in realtà sono abbastanza orgoglioso di dirti che è stata pura e semplice pigrizia. I Menagramo sono nati in Brianza come duo country-punk, chitarra e batteria. Dopo un paio di concerti con questa formazione io ho avuto l’illuminazione scoprendo la scena anarco-folk americana, con tutto il suo recupero delle vecchie tradizioni musicali della jug music. Sono andato da Walter dicendogli “io non ho più voglia di andare in giro con degli strumenti pesanti ed ingombranti dopo tutti questi anni, non so te.”. È stato subito d’accordo e da subito abbiamo provato a dare al progetto la sua veste attuale.
Davide
Cosa avevate voglia di esprimere attraverso questo progetto di punk acustico che con altre band di punk rock in cui suonate parallelamente e dalla formazione più “convenzionale” (chitarra elettrica, basso e batteria) non sarebbe stato possibile?
Enrico
Per quanto mi riguarda i Menagramo sono stati un ritorno alle origini, all’urgenza di fare e di dire che avevo addosso a diciassette anni. Quello che ho sempre un po’ sofferto nelle band in cui ho suonato negli anni è stato il mettere d’accordo più teste e la genesi molto lunga nella produzione musicale. Va anche detto che forse all’epoca mi ero un po’ autorelegato nel mio non essere particolarmente produttivo a livello creativo, per cui soffrivo molto lo studio e la sala prove. Con i Menagramo ho iniziato a scrivere in maniera massiccia e, soprattutto all’inizio, scrivevamo e pubblicavamo EP in continuazione, senza badare molto alla forma. Ora le dinamiche sono un po’ diverse, abbiamo iniziato ad andare in studio, a curare un po’ di più la produzione, ma di fondo rimane sempre la volontà di fare qualcosa di scarno, semplice e diretto. La semplicità della formula ci permette di dare più voce a quell’urgenza che ci è sempre piaciuta nel punk rock.
Davide
Come siete approdati al punk folk e all’anarco folk, ma anche al punk più in generale, attraverso quali principali ispiratori e attraverso quali principi condivisi in senso sia etico, sia estetico?
Enrico
Per quanto riguarda il folk punk, esiste una scena più mainstream, con band ispirate alla musica irlandese o gitana, che ho sempre ascoltato fin da ragazzino ma che mi ha appassionato a tratti. La scintilla è scoccata dopo aver scoperto, grazie ad un amico, la scena do it yourself americana. Dopo aver visto un concerto dei Days ‘n’ Daze a Dolceacqua ho deciso di approfondire, andando a scoprire una marea di gruppi davvero validi. Un artista su tutti, Pat The Bunny (noto anche come Johnny Hobo), ora ritiratosi a vita monastica, mi ha letteralmente stregato con il suo songwriting, influenzandomi molto. Uno dei miei dischi preferiti, firmato come Johnny Hobo and The Freight Trains, “Love songs for the apocalypse”, è un concentrato di stecche, chitarre scordate e fruscii di sottofondo; è un disco cupo, disperato, che fotografa esattamente un momento particolarmente difficile della sua vita, uno dei pochi dischi che mi ha fatto scendere qualche lacrima. Che importa che sembri registrato con un walkman e suonato peggio? Da lì ho semplicemente recuperato quella convinzione che i limiti alle nostre necessità espressive li creiamo dal momento in cui ci concentriamo più sulla forma che sul contenuto. Quello che amo del genere è il fatto di essere realmente inclusivo e riproducibile a tutti i livelli e questa è la cosa che lo rende realmente libero. Se ci ripenso, è stato questo che a 13/14 anni ha catalizzato la mia attenzione verso questo genere e questo mondo. E forse anche il fatto che fosse un ambiente davvero inclusivo, cosa che ora purtroppo vedo un po’ meno, ma il discorso è davvero troppo ampio per essere sviscerato in poche righe.
Davide
Cosa significa per voi la combinazione di due attitudini apparentemente distanti come quella punk e quella folk o country? Ovvero cosa hanno in comune dal vostro punto di vista?
Enrico
Per quanto non possa dire che sia una cosa cercata, dato che noi in realtà ci stiamo comunque muovendo nella nostra comfort zone punk rock semplicemente in maniera diversa dal solito, attitudinalmente penso che ci accomuni la semplicità di quello che facciamo e la volontà di fare qualcosa che possa parlare senza troppi fronzoli a chi ci ascolta. Folk e punk sono sempre stati generi musicali di protesta e questo ha permesso che i due sentieri si incontrassero, ad un certo punto. Il country fa storia un po’ a sé, ha avuto diverse “derive” e non tutte ci sono particolarmente affini. Ma come ti dicevo prima, non posso in realtà dire che il folk, il country e le loro radici siano state una scelta o un’influenza così presente per noi. Folk punk è una definizione comoda da flyer ma se vogliamo trovarci un’attinenza mi piacerebbe pensare che magari tra vent’anni qualcuno si ricorderà dei Menagramo come una band che nella sua semplicità ha cantato qualcosa di importante, magari anche solo a livello personale, arrivando al cuore proprio per l’immediatezza di quello che facciamo.
Davide
Come sono nate queste tredici nuove canzoni, intorno a quali idee e tematiche? C’è, inoltre, un filo conduttore più ampio (o anche più ristretto) che le colleghi e contenga? Perché poi “Dental Plan”?
Enrico
Il filo conduttore dei pezzi è rappresentato dalla crescita e dal cambiamento, consapevole e non, nell’età adulta. Posto il fatto che i Menagramo sono la band dei miei trent’anni e quindi non hanno vissuto la fase teenage, ma hanno comunque accompagnato una fase di grande cambiamento per me. Sono stati anni dove sono riuscito ad uscire dall’ottica “quel che fatto è fatto” che accomuna molte persone della mia età e ho provato a spostarmi verso una visione per la quale, citando John Belushi, “non è finita finchè non lo decidiamo noi”. Mi sentivo un po’ chiuso e limitato nelle scelte di vita fatte e ho provato, per quanto possibile, a spingermi in altre direzioni, provando a vedere quello che succedeva. Questo senza curarmi di quelli che comunemente vengono visti come i traguardi da tagliare per forza entro una certa età per non essere visto come un outsider o un eterno adolescente. In questi anni sono riuscito a raggiungere quella consapevolezza di essere una persona capace di apprendere cose nuove e di avere delle risorse che non pensavo. Il rovescio della medaglia è il continuo mettersi in discussione, cosa che fa un po’ a pugni con quella che è la mia da sempre scarsa autostima. Questo è Dental Plan. Il titolo arriva da una storica citazione dei Simpson e si riferisce all’assicurazione sanitaria del lavoro. È nato prima il pezzo, che parla di quando ho lasciato il mio ultimo lavoro a tempo indeterminato andando ad abbandonare una serie di certezze, tra cui l’assicurazione sanitaria. Sono un grande fan dei Simpson e ho pensato che il titolo potesse essere un buon riferimento, nonché, a conti fatti, un buon titolo per un disco.
Davide
Perché “Menagramo”? A cosa portereste volentieri un po’ di male o sfortuna?
Enrico
Il nome arriva dalla famosa scena di Fantozzi al casinò con il ducaconte Semenzara. Sia io sia Walter siamo grandi fan dei film del ragioniere. A margine, la scintilla nasce da quando, dando un’occhiata a dei dischi ad un festival, mi è capitato tra le mani “Coraggio” dei Semenzara, una band di Fano non più in attività. Una delle tracce si chiamava appunto Menagramo e da lì è arrivata l’illuminazione. Dovrei sviscerare poi intere classi politiche e governi nazionali per rispondere alla seconda domanda ma temo che suonerebbe tutto molto retorico e un po’ adolescenziale.
Davide
Avete suonato anche negli States, patria di Pete Seeger e Woody Guthrie, di Johnny Cash e dell’outlaw country, da cui penso sia cominciato tutto un certo qualcosa che sento in più remota filigrana nei vostri brani, e dove immagino ci sia un pubblico molto esigente rispetto a un genere che lì ha più radici e tradizione, e forse anche più sèguito. Come è andata in generale? Che tipo di esperienza è stata? Tra l’altro avete suonato anche al The Fest di Gainsville, Florida…
Enrico
Per quanto mi riguarda è stata la realizzazione di un sogno che ho inseguito per molto tempo. Per quanto riguarda il pubblico, va detto che abbiamo suonato in contesti prettamente punk rock e quindi molto vicini a noi anche a livello attitudinale. Qualche persona più anziana è stata incuriosita dal washboard, dicendoci a fine concerto di aver sentito la nostalgia della musica tradizionale della loro infanzia ma a parte questo, il pubblico che abbiamo trovato era molto simile a quello che abbiamo qua e ti dirò, andare dall’altra parte del mondo sentendosi comunque a casa è una sensazione impagabile.
Davide
Il punk nasceva al grido profetico di “No future for me, no future for you…” Passare dall’elettrico all’acustico e dallo strumento di fabbrica al riciclo di strumenti autocostruiti come nelle jug o juke band o quelle skiffle potrebbe essere il futuro? Scherzi a parte, c’è da parte vostra anche attenzione in generale verso il futuro e le attuali cupe prospettive non solo ambientali, ma certo anche socio-economiche e culturali? Come le affrontate attraverso la canzone?
Enrico
Ormai si è sempre più in grado di fare musica con niente e ti dico, per quanto io personalmente non possa fare a meno di scindere la musica dal fatto di suonarla, sono anche contento che sia molto più accessibile come forma di espressione. Questo ovviamente accettando pacificamente il fatto che a livello qualitativo non saremo sempre esposti a del buon materiale…
Per anni il punk rock, e noi non facciamo eccezione, è stato un modo di esprimere dubbi, malesseri, dissenso anche senza avere soldi, capacità o strumentazioni particolari; è così tuttora per noi, forse non affrontiamo tematiche importanti in modo strettamente politico ma le scelte fatte, il modo di vedere le cose, il senso di appartenenza a determinati ambienti rimane e la musica che facciamo penso sia un bel manifesto di tutto ciò, a partire dal fatto di essere immediata e semplice. Per cui continuo a tifare per tutto ciò che può rendere il fare musica semplice ed accessibile.
Davide
Oltre che su CD, “Dental plan” uscirà anche in vinile? Come siete approdati, dopo primo e integrale DIY ormai d’obbligo per chiunque voglia iniziare, alla Wild Honey Records?
Enrico
Conosco Franz Barcella di Wild Honey Records da tanti anni, da quando entrambi organizzavamo concerti e ci siamo trovati a collaborare. Una sera a La Spezia abbiamo conosciuto anche Simone, la seconda metà di Wild Honey, che (giuro, non l’abbiamo costretto) è diventato un nostro grande fan e da lì in poi è nata la collaborazione. Nello specifico “Dental plan” è uscito in cd ad aprile e abbiamo poi presentato il vinile a maggio al Bloom di Mezzago.
Davide
Tuo padre, Filippo Manganaro, è autore di libri sull’antagonismo operaio in America, su Gabriella “Dynamite Girl” Antolini e gli anarchici italiani in America, su Pete Seeger e l’America degli immigrati e delle minoranze e altro ancora. Qual è la tua visione politica e sociale attraverso la musica, se è vero – come qualcuno sostiene, ma lo penso anch’io – che la musica è sempre un fatto politico, anche quando sia priva di contenuti profondi, perché in tal caso specchio di una società disimpegnata?
Enrico
Sin da piccolo, come puoi immaginare anche dai libri che hai citato, sono stato educato alla musica di protesta. Musica e dissenso erano e sono tuttora per me due entità inscindibili. Quando ho iniziato ad ascoltare punk all’inizio degli anni Duemila, un periodo dove l’impegno politico del genere aveva assunto in alcuni casi altre forme in altri si era semplicemente affievolito un po’, io ho da subito cercato band che trattavano tematiche sociali e politiche in maniera diretta. Non saprei dirti, in quegli anni, quante canzoni ho sentito contro la polizia, le autorità, i fascisti. Sono tornato indietro quasi subito all’hardcore anni 80 perchè eticamente mi ricordava molto la musica che ascoltavo da piccolo. I miei capisaldi rimangono l’antifascismo, l’antiautoritarismo e l’inclusività ma negli anni, crescendo, ho capito che il dissenso poteva avere altre forme e che poteva in primis passare dalle scelte personali e non doveva per forza essere espresso in maniera esplicita per essere autentico. Quello che è cambiato per quanto mi riguarda è stato l’abbracciare una mentalità più nichilista e che trova sempre meno riferimenti in termini di panorama politico, ma le mie convinzioni rimangono sempre le stesse.
Quindi sì, la musica rimane un fatto politico anche quando affronta argomenti essenzialmente personali e sì, chiunque neghi questo aspetto probabilmente sta facendo musica di destra.
Davide
Qualche link per approfondire? Cosa seguirà?
Enrico
Stiamo portando in giro “Dental Plan” con un po’ di date, per lo più in Italia e Germania. Su instagram (@menagramoofficial) trovate man mano gli annunci dei prossimi concerti. Per quanto riguarda la musica ci tengo a linkare la nostra pagina bandcamp, www.menagramo.bandcamp.com che ad oggi rimane l’unica piattaforma ancora trasparente nei confronti delle band. Ma, ovviamente, ci trovate su Spotify e su tutte le altre piattaforme. Grazie mille per lo spazio che ci hai dato!
Davide
Grazie e à suivre…