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D’argilla e neve – Maria Pina Ciancio

4 min read

Giuliano Ladolfi Editore

Poesia

Pagg. 78

ISBN 9788866446897

Prezzo Euro 10,00

Nostos

Di Maria Pina Ciancio ho già letto due sillogi, Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro, e Tre fili d’attesa, una plaquette che mi ha confermato, anche se in realtà non ce n’era bisogno, le sue qualità poetiche. Tanto vale che richiami i pregi che nobilitano i versi, cioè una scrittura in punta di penna, lieve e dolce al tempo stesso, con parole non certo gridate, ma sussurrate. Mai enfatica, quasi timorosa di mostrare il suo cuore, pur tuttavia ha la straordinaria capacità di entrare nei cuori di chi legge.

Le stesse considerazioni valgono per questa nuova raccolta , D’argilla e neve, dove il tema trattato è a lei particolarmente caro, visto che sua produzione ne è uniformata, e mi riferisco alla nostalgia per la regione di origine della sua famiglia, la Basilicata (lei è nata in Svizzera) e abita ad Ariccia nel Lazio, dopo aver trascorso parte della sua infanzia fra la Confederazione Elvetica e il nostro Meridione.

Questo nostos ha il sapore di un rimpianto persistente in cui si strugge la poetessa, perché tante patrie tendono inevitabilmente a spaesare, rendendo quasi una chimera quella Lucania di cui sentimentalmente si sente parte e dove cerca di far riaffiorare le radici (avevo sette anni e un sogno: / quello della terra rossa dentro al petto. / Arrivammo con la Calabro-Lucana c’era maggio / c’era il tutto dei bambini in quel ritorno / …../ La Svizzera lontana / Terra madre, amara, cruda senza braccia / ovunque andassi ovunque ti cercassi / al ciglio della strada o sopra i tetti rossi / ovunque).

A differenza di altri poeti che hanno cantato il Sud, unendo alla nostalgia il lamento per una secolare arretratezza, magari anche con toni forti, come nel caso di Vincenzo D’Alessio, in Maria Pina Ciancio prevale nettamente il sentimento della nostalgia, e ciò anche nella scia di un altro grande poeta lucano, Rocco Scotellaro, tuttavia meno intimo, più generalista, quale si addice proprio a un sindacalista.

E ciò che più riaffiora nel ricordo è l’infanzia, senz’altro l’età più bella, con un apprezzamento notevole per le cose semplici, per le amicizie, per il piacere di rendersi utili avendo in cambio un piccolo vantaggio (Per dieci lire e un sorriso, sfilavamo ginestre ferendoci a sangue l’incavo delle dita. /…. ).

Di altra natura sono le ultime liriche, ricomprese in una piccola raccolta, intitolata “Il riparo della neve”, sempre intimistiche e che potremmo definire d’amore, ma è sempre presente in sottofondo quella terra per cui si strugge e che avverte come propria se pur lontana, nel senso di qualcosa che si è dovuto abbandonare; è proprio questa costrizione ad alimentare la nostalgia di un territorio ove affondano le radici familiari, al punto di terminare il libro con cinque poesie in dialetto lucano.

Sono sincero, se per ognuna non avesse riportato in calce la traduzione in italiano, non le avrei lette, per evidenti motivi di difficoltà di comprensione e avrei sbagliato, perché sono una chicca, come questa: Tienimi sopra le ginocchia / come un tempo / quand’ero bambina // e la testa senza pensieri / si perdeva in una storia lontana / dove io non sapevo / e nessuno moriva.

In ogni caso non c’è nulla, nemmeno un verso che possa cadere nella banalità, o peggio nella retorica dell’emigrante tormentato, no, ci sono solo flussi di emozioni, sentimenti che si affacciano con pudore sulla carta e che sembrano chiedere al più un po’ di empatia, ma lo fanno con discrezione, quasi con il timore di ferire.

Da leggere, ovviamente.

Maria Pina Ciancio di origine lucana è nata in Svizzera nel 1965. Trascorre la sua infanzia tra la Svizzera e il Sud dell’Italia e da qualche anno vive nella zona del Castelli Romani.
Viaggia fin da quand’era giovanissima alla scoperta dei luoghi interiori e dell’appartenenza, quelli solitamente trascurati dai grandi flussi turistici di massa, in un percorso di riappropriazione della propria identità e delle proprie radici.
Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia, alla narrativa, alla saggistica. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo Il gatto e la falena (Premio Parola di Donna, 2003), La ragazza con la valigia (Ed. LietoColle, 2008), Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro (Fara Editore 2009), Assolo per mia madre (Edizioni L’Arca Felice, 2014), Tre fili d’attesa (Associazione Culturale LucaniArt 2022), D’argilla e neve (Ladolfi Editore, 2023).
Nel 2012 ha curato il volume antologico Scrittori & Scritture – Viaggio dentro i paesaggi interiori di 26 scrittori italiani.
Suoi scritti e interventi critici sono ospitati in cataloghi, antologie e riviste di settore. Recentemente è stata inserita nelle collettive: Orchestra (a cura di Guido Oldani) LietoColle 2010; Il rumore delle parole – 28 poeti del Sud (a cura di Giorgio Linguaglossa), Edizioni EdiLet 2015, Sud – Viaggio nella poesia delle donne (a cura di Bonifacio Vincenzi) Edizioni Macabor 2017.
Con il libro “Storie Minime e una poesia per Rocco Scotellaro” nel 2015 ha vinto la X Edizione del Premio Letterario “Gaetano Cingari”; nel 2014 il Premio Internazionale della Migrazione – Attraverso L’Italia  e il  Premio Letterario Città di Cerchiara – Perla dello Jonio (con un testo tratto dalla raccolta); nel 2009 il Premio “Tremestieri Etneo” (Targa Antonio Corsaro).
Ha fatto parte di diverse giurie letterarie, è presente in numerosi cataloghi e riviste di settore.
È presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt lucaniart.wordpress.com

 

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