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Intervista con Peppa Marriti Band

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http://www.peppamarriti.com/
http://www.vitaminic.it/artist/peppamarritiband/

Peppa Marriti Band è un buon gruppo di musicisti che al rock coniuga la lingua e le tradizioni poetiche e musicali della cultura italo-albanese. Il paese di provenienza è Santa Sofia d’Epiro, in provincia di Cosenza, uno degli abitati di lontane origini albanesi instauratisi a iniziare dal XV secolo e disparsi per l’Italia del Centro e del Sud, tra Molise, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia, ben 54 insediamenti italo-albanesi in tutto (arbëreshë), di cui 30 in Calabria e 25 nel cosentino. Si tratta di una popolazione complessiva di 100.000 persone ancora accomunate dalla lingua albanofona (l’Arbëresh) e dalle passate tradizioni, incluse quelle religiose di rito greco-bizantino. Il progetto musicale della Peppa Marriti Band inizia nel 1991 con il sodalizio di Gigi Fabbricatore (voce e chitarra acustica), Angelo Conte (basso e voce) e Francesco Canadè (chitarra elettrica). In seguito faranno il loro ingresso Rita Guido (coro), Pino Murano (violino e fisarmonica) e Rosario Cerqua alla batteria. Con questa prima formazione il gruppo registra il primo demo dal titolo “Ghatz ktjè” e inizia una intensa attività di concerti, registrazioni e turnover di musicisti. Si avvicenderanno tra le fila della Band Antonio Giorgianni alla batteria, Domenico Basile Miracco alle percussioni, Gianluca Marchianò alla chitarra elettrica, Mary Scorza al coro, Fabio Guido al basso, Franco Cerqua alla batteria, Nicola Di Gregorio alle tastiere, Maurizio Mirabelli alla batteria, Demetrio Corino al basso e Luca Pontedoro alla chitarra elettrica. La band ha suonato un po’ ovunque, partecipando via via alle più significative compilazioni, selezioni e rassegne italiche quali Arezzo Wave, con l’incisione del brano “Rock & Roll Arbëreshë” nella compilation omonima, la Festa nazionale S. Elpidio a Mare organizzata della rivista “Avvenimenti” (nota per il suo valevole interesse verso le musiche etniche, documentato anche da splendidi cd), molti raduni rock nazionali (Planet Rock ’94, Ultrasuoni, Sonica, Tavagnasco Rock, Mediterranea 2001, un concerto in diretta radiofonica nazionale nel programma “Patchanka” su Radio Popolare Milano ecc.). Il gruppo, sensibile al sociale fin dalla propria vocazione di tutela della cultura e delle tradizioni d’origine, ha portato la propria musica perfino dentro il carcere di via Popilia a Cosenza per un gruppo di detenuti e per i detenuti all’interno del Carcere Minorile di Catanzaro. Vanno menzionate anche una partecipazione alla trasmissione “La storia Siamo Noi” su Rai 3 – Rai Educational e alla trasmissione “Levante” su Rai 3. Dall’autunno 2004 le canzoni della Peppa Marriti Band sono trasmesse da Radio Tirana e nel 2005 Radiouno Rai ha trasmesso brani del cd “Rockarberesh” (2005) nel corso della trasmissione “Demo”.

La popolazione arbëreshë possiede una cospicua tradizione musicale, con un ricco repertorio polivocale, diffuso su tutto il territorio, appartenente ad un unico genere: i vjersh bivocali, appunto, che sono le forme polivocali più diffuse nelle comunità arbëreshë, i cui testi verbali, pur veicolando a volte contenuti di diversa natura, trattano prevalentemente temi “amorosi”. Partendo da queste basi, la Peppa Marriti Band ha cercato di proiettare questi vjersh nel futuro, canti che rischiavano seriamente di diventare soltanto ricordi nella memoria di pochi anziani, portando avanti un progetto che si propone di mescolare la cultura americana del rock, con la cultura tradizionale dei vjersh. (Brano tratto dal sito della “Peppa Marriti Band”).

Davide

Ciao. Dopo tanto turn over di musicisti, comincio col chiedervi la formazione attuale.

Angelo

Si è vero, tante persone sono passate all’interno del gruppo perché abbiamo sempre avuto l’idea di una band aperta a nuove esperienze e poi non è facile gestire un gruppo quando vivi in provincia, dove i paesi sono piccoli e collegati tra loro con vecchie mulattiere che oggi vengono chiamate strade provinciali. Comunque con tutti c’è sempre un ottimo rapporto e spesso ci si incontra.

La formazione attuale e questa:

il sott. (Angelo Conte)/voce & chitarra acustica,

Demetrio Corino/basso,

Pino Murano/violino,

Luca Pontedoro/chitarra elettrica

Sergio Toscano/batteria

Nicola Di Gregorio/tastiere

Stiamo insieme già da un po’ di anni ed abbiamo prodotto il nostro primo CD ufficiale dal titolo “rockarbëresh”. L’unico cambio c’è stato nella batteria tra Sergio Toscano che ha sostituito da poco Maurizio Mirabelli, con il quale abbiamo suonato e registrato il cd.

Davide

Il fine del gruppo è quello di tutelare, attraverso la musica rock, la lingua e la cultura delle minoranze italo-albanesi, presenti nel Sud-Italia da più di 5 secoli. Perché, però, la scelta di una matrice rock americana e non qualche altro genere?

Angelo

Perché la nostra musica è sempre stata questa, almeno per me e per chi ha dato inizio a questo progetto. Noi negli anni 80 ascoltavamo il Boss/Springsteen oppure J. “Cougar” Mellencamp e tutto quello che arrivava dagli States, oltre al rock classico anni 60 e 70. Mi ricordo che persino nei veglioni e nelle feste danzanti che organizzavamo, si usava la musica rock.

Davide

Al di là della buona musica che siete riusciti a fare voi, della vostra personale abilità nel fare buone canzoni, salvare una minoranza culturale e musicale come quella arbëreshë, veicolandola attraverso una cultura ormai per lo più “onni-fagocitante” e “standardizzante” come quella americana, può essere un controsenso? Oppure state cercando di salvare allo stesso tempo l’essenza di un certo rock, di una certa purezza di partenza d’America e del suo spirito “rock” più genuino, mescolandovi un più appassionato e vitale sangue arbëresh?

Angelo

Magari bastasse la nostra musica a salvare la lingua e la cultura “Arbëresh”, purtroppo non è così. Noi facciamo la nostra parte cercando di sensibilizzare chi, spesso, non parla questa lingua ai propri figli e far conoscere la nostra cultura a più gente possibile. Certo che il nostro fine è quello di tutela di una cultura minoritaria che cammina in tutt’altro senso di marcia di come si muove l’America oggi. Comunque c’è molta gente che, per fortuna oggi, guarda anche al passato per non cadere negli errori gia commessi; e poi anche il Boss è andato a scoprire un personaggio come Pete Seeger, nel suo ultimo lavoro, e lo ha suonato e fatto conoscere in tutto il mondo. Noi stiamo cercando di salvare questa nostra cultura arbëresh e se questo ci conduce ad avvicinarci all’essenza del rock ci fa tanto piacere, sicuramente lo spirito è quello ma la musica deve fare i conti anche con l’epoca in cui viviamo.

Davide

Suonate mai in modo più tradizionale? Voglio dire, imbracciate mai strumenti più tipici della tradizione arbëreshë, se ve ne sono e quali sono? Oltre a comporre il vostro repertorio, fate una qualche attività di ricerca, raccolta e conservazione di musiche e canti della tradizione italo-albanese?

Angelo

Il nostro progetto è nato con una chitarra intorno al fuoco di un campeggio sulle montagne del Pollino prima che venisse istituito il parco Nazionale. Ci siamo accorti che alcuni testi tradizionali arbëresh si adattavano perfettamente ai giri musicali classici del blues e del rock e così abbiamo pensato di cantare la nostra lingua con la musica rock. Capita ancora oggi, che si suona in compagnia le nostre canzoni con l’ausilio di una chitarra oltre a cantare i tradizionali in uso nelle nostre comunità. Quello che è sopravissuto nel corso dei secoli sono i Vjershë, canti bi-vocali senza strumenti musicali. In alcune comunità vengono accompagnati dall’organetto diatonico oppure dalla “surdulina”, una specie di cornamusa un po’ più piccola. Strumenti che sono dell’area mediterranea ma che non hanno molto a che fare con la tradizione strumentale Albanese.

Per quanto riguarda la ricerca, noi abbiamo sempre un occhio al passato e spesso dentro le nostre canzoni trova posto tanta tradizione. Oggi, per fortuna, anche gli enti facendo affidamento ai fondi sulle minoranze etniche e si stanno muovendo verso la conservazione degli usi e dei costumi e di tutto ciò che riguarda la tradizione arbëresh.

Davide

Attraverso ben cinque secoli di minoranza etnolinguistica, gli Albanesi in Italia sono riusciti a mantenere le proprie caratteristiche d’origine. Come vi sono riusciti, secondo te?

Angelo

Ci sono riusciti per vari motivi. Le nostre comunità sono dislocate in maggioranza nelle zone interne e difficili da raggiungere. Questo isolamento geografico ha aiutato molto a mantenere quello che è giunto fino a noi. L’azione e la presenza forte della chiesa e della religione Greco-Bizantina nelle nostre comunità è, senza dubbio, un altro fattore fondamentale. Ed infine penso che l’uso di sposarsi tra persone dello stesso paese o della stessa lingua è stato il fatto più importante a mantenere la propria origine. Infatti fino a un secolo fa erano pochi e mal visti i matrimoni tra persone di diversa lingua e spesso il forestiero di lingua latina che entrava nelle comunità arbëresh non era ben accetto.

Oggi tutto questo non esiste più ed è meglio così, oltre a sposarsi liberamente con altre persone di diversa lingua, le nostre comunità sono conosciute per la forte ospitalità che li distingue. Oggi la gente ha voglia di far conoscere la sua diversità culturale e cerca lo “straniero” quasi assillandolo con i propri racconti proprio per farsi conoscere.

Davide

Nell‘800, Angelo Masci, letterato Sofiota, scriveva: “Sono gli Arbëreshë di natura allegra: amano i conviti e i divertimenti; e con ispecialità si dilettano de’ loro balli. Hanno in uso di andare con le spade in mano cantando canzoni …”. Balli, musica e antinomiche spade… Qual è oggi la vostra (simbolica) spada in mano? Ovvero, per cosa vi battete o da cosa pensate di difendervi?

Angelo

Non penso sia retorico dire che ci battiamo per creare un mondo migliore, un mondo senza conflitti e senza questo grande squilibrio che esiste tra i paesi ricchi e i paesi poveri. Certo può sembrare un’utopia ma chi ci impedisce di sognare? E poi l’uomo che non sogna, non vive bene. Ognuno di noi deve pensare di vivere in positivo ed il sogno fa parte di questo. Nelle nostre famiglie, nella vita quotidiana, nei rapporti con gli altri è fondamentale il rispetto della libertà; non si può pensare di risolvere i propri problemi a discapito di altri ed è per questo che ci battiamo, per un mondo migliore per i nostri figli.

Davide

Vi sono altri gruppi o musicisti solisti sulla vostra lunghezza d’onda? La Spasulati Band? Quale altra musica di tradizione più o meno pura o contaminata arbëreshë ci consigliereste di ascoltare?

Angelo

Quando abbiamo iniziato questo progetto ci siamo resi conto ad essere i primi a fare ciò. Oggi a distanza di anni non è cambiato molto. La Spasulati l’ho sempre considerata una costola della Peppa Marriti perché è cresciuta dentro il nostro gruppo sia musicalmente che fisicamente. In alcuni anni i musicisti sono stati in comune tra i due gruppi, abbiamo usato la stessa sala prove e oggi è una bella realtà e ne siamo fieri. Sicuramente stiamo percorrendo strade sempre più diverse, ma questo è inevitabile.

Noi nella vita facciamo altro (tranne Pino, il violinista della band, che fa il musicista di professione) perché, in Italia, con la musica o ti fai tanti soldi da non sapere dove metterli oppure muori di fame. La musica per noi è una forte passione che ci dà la possibilità di non morire dentro e di esprimere quello che siamo o che vorremmo essere. Ognuno di noi si divide tra il lavoro quotidiano e la famiglia.

Altre proposte musicali non ne conosco tranne il folclore e alcune composizioni di canzoni prettamente sulla linea “sanremese” che partecipano da più di un ventennio ad un festival organizzato in una comunità arbëresh vicino alla nostra. E poi conosco, di nome ma non musicalmente, Silvana Licursi che interpreta i canti tradizionali e che proviene da una comunità arbëresh del centro Italia. Infine c’è un sito internet curato dall’amico musicista Pino Cacozza, che è diventato negli anni un punto di riferimento di tutte le comunità Arbëresh, il sito si chiama www.arbitalia.it

Davide

Quali debiti e verso chi, musicalmente?

Angelo

Io penso di avere avuto mio padre che mi ha fatto crescere con i dischi 45 giri di un vecchio giradischi anni settanta ascoltando molta musica popolare calabrese, perché le sue origini sono calabresi e mia madre, di origine albanese, che mi ha fatto crescere con la sua cultura e tradizione arbëresh.

Ma il debito maggiore lo devo alla musica Punk, che mi ha fatto suonare una chitarra senza la necessita di essere un maestro di musica.

Davide

Avete suonato dal vivo anche in Albania o in altri paesi, oltre che in Italia? Che tipo di apprezzamento o valutazione o altro riscontro avete ricevuto anzitutto dall’Albania?

Angelo

No, non abbiamo ancora suonato in Albania. Suonare lì è un piccolo sogno nel cassetto e spero quanto prima di realizzarlo. Siamo comunque apprezzati e conosciuti tramite il nostro CD. Stiamo, in questo periodo, cercando di suonare in Kossovo dove vogliono organizzare alcuni concerti e spero che questo avvenga perché non è facile andare a suonare in questi posti, anche se ci teniamo tantissimo ad andare lì.

Davide

Cosa possiamo aspettare e tenere d’occhio per il prossimo vostro futuro?

Angelo

Stiamo pensando ad un secondo lavoro discografico, perché molto materiale che usiamo dal vivo può far parte di questo nuovo progetto. In tardo autunno uscirà un film documentario che sta realizzando un regista siciliano, Salvo Cuccia, su entrambi i gruppi Peppa Marriti e Spasulati. Infine, anche se con difficoltà, non avendo nessuno che si occupi di questo, vorremmo suonare un po’ di più per far conoscere la nostra musica.

Davide

Ah, dimenticavo… Perché Peppa Marriti? Chi è o chi è stato? O cosa vuol semplicemente dire?

Angelo

Peppa Marriti era un signore di mezza età che spesso incontravamo nelle notti di Santa Sofia facendoci compagnia l’un l’altro. Lui era un falegname, ma per colpa dell’alcol aveva avuto problemi con la sua famiglia, si era diviso dalla moglie e spesso era messo da parte dalla comunità. Morì a metà degli anni novanta per cirrosi. Questa sua difficoltà a vivere nella normalità ci ha colpito e così ancor prima che lui partisse per il suo ultimo viaggio, decidemmo di dare questo nome al gruppo. E’ un modo di dare voce a chi non ha voce, di far conoscere una persona normale che non ha avuto la forza di reagire alle difficoltà della vita e che può rappresentare chiunque. Spesso, infatti, nella vita si cammina al limite della normalità e tutti noi possiamo cadere facilmente nelle esagerazioni.

Ah dimenticavo, Peppe era un amante dei fumetti ed in particolare di Tex Willer e di Zagor.

Davide

Grazie. A’ suivre.

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