KULT Underground

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Intervista con Daniele Brusaschetto

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FLYING STAG
Wallace, Bandageman, Bosco Rec, Solchi Sperimentali Discografici
 
 
Il torinese Daniele Brusaschetto è un musicista che, in un mondo ideale, non avrebbe bisogno di presentazioni. Trent’anni di attività – gli esordi adolescenziali risalgono infatti alla fine degli Anni Ottanta, in varie band thrash e death metal – dagli anni novanta inizia a suonare prima in band noise (Mudcake), industrial (Whip) e d’avanguardia (Down!), per poi avviare la propria carriera solista a metà decennio.
 
Il sound di Daniele Brusaschetto – per quanto ogni album sia diverso dall’altro, con una discografia capace di spaziare dall’industrial estremo a un cantautorato minimale, passando per il glitch rock – si caratterizza per la convivenza tra elementi rumoristici ed elettronici e un’anima più intima, a generare una sorta di personalissimo cantautorato industrial basato sull’utilizzo di voce, chitarre, effetti a pedale e laptop.
 
Dopo una lunghissima carriera, numerose collaborazioni (Paolo Spaccamonti e OvO, solo per citarne un paio) e innumerevoli live in tutta Europa e negli Stati Uniti, dopo tanto sciabordio Brusaschetto festeggia il quarto di secolo di carriera solista con un album che omaggia gli esordi della propria carriera, un album “metal”, genere che fece scoccare la primissima scintilla del suo amore per la musica. Tra echi di Godflesh, Prong, i Voivod di “Nothing Face” ed Alice in Chains, “Flying Stag” è un salto mortale all’indietro che attera nel presente. Un album dalla lunga gestazione, iniziata nel 2016, anno in cui avvenne il bisogno di suonare qualcosa di più “muscolare”, fisico, divertente da performare dal vivo. Con Alberto “Mono” Marietta, giovane e talentuoso batterista torinese, si è immerso anima e cuore in tre anni di fatica, sudore, sacrifici, sofferenza, soddisfazione. E gioia.
 
 
Peyote Press
 
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Intervista
 
Davide 
Ciao Daniele e ben tornato su Kult Underground. Ci siamo lasciati a “Demo ’17” se non ricordo male. Cosa hai fatto nei due anni intanto trascorsi, a parte questo “Flying Stag”? 
 
Daniele 
Ciao Davide, si, è dal precedente demo che non ci sentiamo. A parte la musica ho fatto il padre, che sommato al lavoro full time significa un giornaliero doppio turno. Mi sono tenuto molto – e felicemente – impegnato. È stato miracoloso riuscire a realizzare quest’album, sono contento.
 
Davide 
E quindi “Flying stag”… C’è qualche affinità tra te e il cervo volante (flying stag) o cosa? 
 
Daniele 
No, non direi, mi piace semplicemente il gioco di parole ottenuto mischiando Stag Beetle, reale nome in inglese dell’insetto Cervo Volante, con la traduzione letterale dall’italiano Flying Stag… che non ha nessun senso ma suona alla grande ed è ultra-visionario.
Davide 
Dunque un ritorno al metal primo grande amore… ma pur sempre trent’anni dopo suppergiù. Cosa è cambiato e cosa no nel tuo approccio al genere, cosa hai voluto ripescarvi di te (o riconfermare), cosa in qualche modo anche un po’ scongiurare dinanzi al tempo che passa? 
Daniele 
Eh, è cambiato tutto. Infatti le canzoni hanno suoni ed energia del metal, ma l’attitudine è chiaramente diversa. A proposito di anni trascorsi, non c’è più il desiderio adolescenziale di appartenere ad un “branco”, persone che condividono gli stessi ideali, modo di vestire, pensare..
Oramai sono vecchio, faccio la musica che faccio solo perchè mi diverte suonarla condividendola con la mia band, dal vivo, in sala prove, ovunque… finchè il fisico mi accompagnerà…
 
Davide 
Stai facendo il punto della tua storia musicale? Cosa ti stai dicendo al riguardo? 
 
Daniele 
Che la musica è una dannata e costosissima droga. Anche se non ne ho mai cavato fuori un granchè di CONCRETO continuo imperterrito a sbatterci la testa contro. Il ragionamento successivo… se non riesco ad uscire dalla dipendenza facciamo in modo che questa dipendenza non risucchi tutte le mie risorse economico/cerebrali… quindi, “Flying Stag” è un prodotto costato un’enorme quantità di fatiche, senza falsa modestia riuscito benissimo, vendibilissimo… ora lo devo assolutamente piazzare bene perché dia un qualche frutto REALE dopo 25 anni di instancabile semina. punto e basta.
 Credo di essermi dato un aut aut, ora che ho la responsabilità di una famiglia non è più tempo di scherzare col danaro… fossi ricco sarebbe naturalmente un’altra cosa… stop con le pütanade!

Davide 
In questo lavoro sei tornato all’inglese. Come cambia, se cambia, la tua musica pensata in inglese oppure in italiano? In che modo cioè influisce sul tuo fare musica una lingua piuttosto che un’altra? 

 
Daniele 
Devo dire che cantare in inglese mi risulta più semplice ed easy… appunto. 🙂 Quando riascolto le registrazioni mi sembra di aver cantato proprio bene. Anche in fase di scrittura mi faccio meno problemi, il tutto ha fondamenta molto più leggere, ludiche.. è un po’ come risolvere le parole crociate delle riviste enigmistiche. 
 
Davide 
Otherwhere / Stag Beetle / Splattering Purple / The Unreal Skyline / Like when it’s raining outside / Fanculo Mondo / From a tight angle… Cosa affronti in questi testi, attraversati da quali leitmotive o leitmotiv, se unico in particolare? 
 
Daniele 
Il filo conduttore è il non senso. Le parole vanno e vengono in frasi dal vago gusto esistenzialista, a volte apocalittico, descrittorio della realtà, delirante, talvolta molto ironico… vedi Fanculo Mondo, parodia della mia intera carriera musicale… Sono usate più che altro per aggiungere uno strumento melodico ai brani, per la prima volta ho anche inserito a questo scopo rime dappertutto… cosa che in passato ho sempre evitato e non amato. 
…Rileggendo dalla tua domanda i titoli della track list uno dietro l’altro… eccome se c’è un leitmotiv! …dannato lui!!
Davide 
In che modo hai lavorato al disco con Alberto “Mono” Marietta? Perché in duo piuttosto che un più classico trio, bassista incluso? 
Daniele 
Le canzoni le scrivo a casa in solitudine, chitarra a tracolla e pc davanti per imprimere nell’hard disk ogni nota buona. Una volta convinto al 99,9% del risultato, invio un MP3 del pezzo ad Alberto che se lo ascolta, lo incamera nella testa e pensa ai ritmi da inserire, cambi, tocchi, etc etc. Quindi si passa al lavoro in sala per incastrare a dovere le parti di batteria con quelle di chitarra. I brani hanno una struttura intricata… per chiuderli definitivamente richiedono un tempo minimo di due mesi l’uno. 
Con Alberto c’è stata da subito la perfetta sintonia.
Per un certo periodo la band è stata in effetti a tre, ma per varie vicissitudini siamo purtroppo tornati a duo. Ultimamente si è aggiunto alla chitarrabassa Marco Rinaldi, già con Omega Machine, ex Crunch, ex Lama Tematica.. sta funzionando alla grande e il 27 settembre prossimo ci sarà il battesimo del fuoco col live di presentazione del disco al Magazzino Sul Po, qui a Torino.
Davide 
Il sole con occhi naso e bocca in copertina l’ha disegnato un artista sconosciuto… Ma sicuramente un bambino o una bambina. Di solito il sole nei disegni dei bimbi è il papà, rappresenta insomma la figura paterna… Perché questa scelta?
Daniele 
Il disegno lo scovai una decina di anni fa, per caso, durante i miei primi giorni in un nuovo posto di lavoro, un Centro Diurno per disabili. Senz’altro è stato frutto della fantasia di uno degli ospiti del centro in un passato non ben precisato. Mi ha sempre ispirato e finalmente sono riuscito ad usarlo ora. La figura del sole è rassicurante, ma disegnata così ha quel non so che di inquietante, asimmetrico con nubi verde radioattivo e sporcature tutt’intorno.. Per me è una copertina molto evocativa e rappresenta egregiamente il contenuto musicale.
 
Davide 
Cosa seguirà? 
Daniele 
Continuerò con Alberto e Marco per il varco aperto da quest’ultimo album. 100% divertimento!Grazie Davide!! 😉
Davide 
Grazie e à suivre… 

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