KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con Lo-Fi Poetry

5 min read
 
I Lo-Fi Poetry sono una band fondata da Federico Specht, Marco Matteazzi e Massimo Milan. La loro musica prende spunto dalle distorsioni grunge, dalla potenza del rock alternativo, dalle ambientazioni indie e dai pattern ripetitivi dell’elettronica. Dai testi traspare la disillusione verso la realtà circostante, la malinconia e l’apatia delle relazioni, bilanciate comunque da una buona dose di ironia. È sicuramente il recitato di Massimo Milan a dare una forma originale e riconoscibile al progetto. Dopo il primo EP “Lo-Fi Poetry” a cui è seguita una serie di concerti in Veneto prende forma il secondo disco “La mia band”: cinque canzoni fatte di beat electro, rullanti fuori moda, delay anni ’70, schitarrate violente e sinth pazzeschi. Cinque canzoni fatte di luci ed ombre, tutte da ascoltare e in cui immergersi.
 
I Lo-Fi Poetry sono:
Federico Specht (chitarre, voci, piano, programmazione)
Marco Matteazzi (chitarre)
Massimo Milan (voce recitante)
Hanno collaborato:
Jeff Akosah (batteria)
Andrea Bevilacqua (basso)
Rozalda (voce in “Gli umori di te”)
Massimiliano Varusio (violoncello)
 
Prodotto da Luca Sammartin (Produzioni Fantasma)
Co-prodotto da Federico Specht (Beast Produzioni)
Masterizzato da Andrea De Bernardi (Eleven Mastering)
 
Artwork by Carlo Biasia
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao. Extended play, secondo vostro lavoro di 17 minuti. Come vi siete conosciuti e come è nata l’idea di questa band, con quali obiettivi artistici?
 
Lo-Fi Poetry
Ciao! Noi siamo i Lo-Fi Poetry, e ci sono cadute le palle quando abbiamo realizzato che in un anno e nove mesi siamo riusciti a produrre solo 17 minuti di musica.
Io (Marco) e lui (Federico) ci conosciamo dai tempi dell’asilo, Massi (l’altro) l’abbiamo conosciuto al liceo nel giardino fumatori: si dava delle arie da Kurt Cobain e ci ha attirato. Scriveva libretti di poesia e suonava male la chitarra, per cui ci siamo inteneriti e abbiamo provato a dargli una mano. Quando abbiamo letto i suoi testi siamo rimasti folgorati: “ehi, proviamo a metterci sotto un bel rock alternativo!”. 
 
Davide
Cosa distingue e cosa accomuna “La mia band” al vostro esordio eponimo?
 
Lo-Fi Poetry
Grazie a te e a Wikipedia per averci insegnato una parola nuova! Cosa distingue: a livello tecnico, quest’ultimo è prodotto meglio, gli arrangiamenti sono più stratificati, l’elettronica è molto più presente e  consapevole. Per quel che riguarda la poetica, questo è più calato nel presente, più vicino allo Zeitgeist (d’oh!), in alcuni momenti arriva ad essere “sociale” (non “social”), mentre l’altro oscillava tra sogno, poesia e omnisessualità. Quello che abbiamo cercato di mantenere è l’energia, le schitarrate, la centralità dei testi. 
 
Davide
Cos’ è oggi e secondo voi la poetica del Lo-Fi, soprattutto alla luce della vostra produzione, diciamo “non povera”, non utilizzando cioè una strumentazione di scarsa qualità in fase di registrazione, ma direi piuttosto elaborata e tutt’altro che low-fidelity?
 
Lo-Fi Poetry
Lo-fi in questo caso non è un attributo della produzione, né tantomeno del genere, ma della poesia. Ci piace tradurlo “poesia a bassa fedeltà”, con tutti i significati che questo può suggerire e che vi lasciamo immaginare.
 
Davide
A parte l’ultima traccia e la seconda, cantata da Rozalda, la voce è parlata, recitata, un po’ rievocando i Massimo Volume. Perché questa scelta?
 
Lo-Fi Poetry
Tutto il progetto è nato dall’idea di musicare dei testi recitati, l’eccezione se vogliamo sono le parti cantate. La scrittura di Massi ha un respiro ampio che trova il suo alveo naturale nel ritmo del parlato. Onestamente, i Massimo Volume non sono un punto di riferimento, anche se spesso ci accostano a loro. Per questo eravamo curiosi e siamo andati ad ascoltarli a Padova, ma non ci vediamo tutte queste assonanze.
 
Davide
Cos’è la canzone per voi, qual è il suo ruolo nella vostra vita e quale dovrebbe avere nella società italiana in questo preciso momento storico?
 
Lo-Fi Poetry
Lo-Fi Poetry dice: “l’arte ti può elevare, ma non è detto che ti renda una persona migliore”. Al contrario, abbiamo sentito oggi per radio che il poeta Brodsky (a cui preferiamo l’avversario Limonov) sosteneva che il “male” etico si contraddistingue sempre per la bruttura dello stile. Diciamo che il nostro piccolo contributo è quello di dare una visione estetica originale, non crediamo la musica possa fare di più di questo, ma questo è già molto. Odiamo i moralisti che predicano dal palco: gli slogan banalizzano, omologano e non fanno certo pensiero critico, anzi tolgono alle persone tra il pubblico la possibilità di crearsi o di tenersi il proprio punto di vista.
Per noi, la musica è tutto nella vita. Soprattutto, è una trappola per ragazze inconsapevoli. Quelle consapevoli stanno giustamente alla larga dai musicisti.
 
Davide
Quando e come nasce qualcosa da dire in musica e in parole secondo “Lo-Fi Poetry”?
 
Lo-Fi Poetry
Quando siamo un po’ brilli le parole sgorgano che è un piacere.
 
Davide
Una copertina davvero curiosa: il primo piano di un orsacchiotto di peluche disteso supino su un calcio balilla… Le due cose in comune hanno la simulazione, l’uno di un orsetto vero, l’altro di una partita di calcio. Cosa significa questo abbinamento?
 
Lo-Fi Poetry
Ti diciamo la cruda verità: nulla. Sei il primo che ce lo fa notare e forse dovremmo rifletterci sopra, è interessante.  Il calcetto è una scelta estetica, richiama un certo immaginario che ci piaceva, e l’orsetto per noi è vivo, è qui alle prove che ci guarda strano.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Lo-Fi Poetry
L’invecchiamento e la morte. Prima però vorremmo pubblicare un intero cd della durata di almeno 35 minuti.
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
Lo-Fi Poetry
Grazie a te!

Commenta