KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con Truemantic

7 min read
Truemantic, l’album di debutto da Seahorse Recordings / dist. Audioglobe
 
 
Truemantic è il progetto artistico di Toto Ronzulli, compositore e producer, innamorato di sonorità synth pop e new wave. Nel disco ci sono diverse sfumature, tra lo-fi e glitch, minimal e “maximal” elettronica. Le atmosfere sono intimiste ed oscure, un lavoro cinematico che guarda alle melodie e alla ripetizione infinita delle stesse sviluppando un mantra dark-drammatico ma anche romantico.
“Truemantic” è il racconto di un’anima tormentata in cui verità e amore si fondono e un aspetto pallido che rivela, in realtà, una profonda felicità. Dalle sue “tristi verità” originano i momenti più cupi e distorti o melodici e malinconici che distinguono la sua musica. Alla base del processo creativo che ha portato alla realizzazione dell’album c’è Margherita di Savoia, suo paese d’origine: ”È un posto magico con qualcosa di alchemico, un luogo incontaminato privo del grigio delle grandi città e perfetto per la meditazione”.
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao. Un debutto non è mai realmente un inizio, ma una prima tappa di arrivo. Quali sono la tua storia e la tua formazione musicale e come si è creato il progetto “Truemantic”?
 
Toto Ronzulli
Ciao Davide. Truemantic è necessità, necessità dell’immediato, di esternare me stesso, le mie ansie o paure, la mia felicità a tratti e in qualche modo la mia storia, perché penso che ogni persona abbia una storia da raccontare. Devo la forma mentis a mio padre, le mie radici si trovano nel club di famiglia, dove sono nato, cresciuto e tutt’oggi ci vivo. In consolle o backstage già a pochi mesi dalla mia nascita (non scherzo) ho imparato ad ascoltare e apprezzare l’arte, la musica, per intenderci di artisti da Africa Bambaataa e Happy Mondays a Soft Cell e The Cure. Nasco quindi come DJ e solo in un secondo momento ho capito che volevo andare oltre le selezioni musicali  per poi esternare per necessità la mia musica in fase adolescenziale.
 
Davide
“Truemantic” è un tuo neologismo combinatorio, qualcosa tra il vero (ovvero “true”) e quale altro termine a cominciare dalla “mantica”… Nella verità, dunque, i segni per predire o capire gli eventi futuri? O cosa?
 
Toto
Sono incuriosito dalla tua visione, specialmente per aver menzionato il termine “mantica”, altri ci incastrano quasi sempre “romantic” dopo “true”. In realtà è quasi divertente vedere che molte persone, io compreso, cerchino un concetto al mio alias. Siamo sempre troppo occupati nel dare un senso a qualsiasi cosa nella nostra vita, penso che un concetto non possa essere sempre definito e definibile ma la cosa interessante è che in questo ognuno ci veda qualcosa.
 
Davide
Anfitrite? Artemide? Afrodite? In realtà non si è nemmeno certi che l’Afrodite di Milo sia appunto Afrodite. Ma resta comunque una delle statue che hanno più influenzato artisti di ogni epoca. Perché hai usato la sua immagine in copertina?
 
Toto
“Truemantic” è anche libertà espressiva, ho radunato il mio amico artista Gabriele Valerio aka VGE e la mia amica grafica Rosaria Castiglione e ho lasciato loro libera espressione e interpretazione, perciò una volta ascoltato l’album e dopo la visione ininterrotta di Eraserhead, l’autosuggestione (probabilmente) ha guidato il mio amico VGE nelle atmosfere dark-drammatiche che caratterizzano il mio album ed è venuto fuori l’artwork, con la Venere di Milo come pilastro portante.
 
Davide
Ricordando alcune teorie estetiche del passato, i critici e i musicologi sostenevano fondamentalmente due posizioni antitetiche valide ancora oggi: quella che sostiene il bello musicale da ricercarsi nelle sue funzioni e nei sentimenti di carattere psicologistico che è in grado di suscitare oppure quella, come in Hanslick, ricollegandosi all’estetica formalistica, che sostiene il bello musicale essere solo un astratto gioco di forme pure che non hanno altro da significare che se stesse. Cos’è per te il bello musicale?
 
Toto
Domanda interessante. Non c’è una differenza tangibile per me, certo tutto ha un “anima”, l’artista si lascia andare e ci regala all’ascolto se stesso, la sua storia. Che sia il gelo del Noise o il calore di un pianoforte, o viceversa, non c’è dissonanza, è ogni artista che ci racconta qualcosa di diverso e sta a noi coglierlo. Nell’album, la domanda ha risposta.
 
Davide
Chi ha suonato con te in questo disco?
 
Toto
In “8” testo e voce sono dei Dade City Days band bolognese. È stato interessante lavorare a distanza con Andy e Gea (ci siamo incontrati una sola volta a un loro concerto) e alla fine hanno portato l’universo Dade City Days in quello Truemantic, una sfida per ogni musicista quella di un featuring con un sound diverso dal proprio. Inoltre molte delle chitarre presenti nell’album sono registrare dal mio amico Raffaele Riefoli che si esibirà con me live, Jhonny Russo membro degli “Scappate” e Luca Distaso. Le parti di basso elettrico sono di Leo Distaso su “Latte” e “Porto Aperto con Aria Fresca dal 27 Dicembre” mentre tutte le parti aggiuntive di batteria acustica sono di Gianni Lanotte. Infine Violino e Tromba su “Rivedermi” rispettivamente di Jhonny Russo e Claudio Ricco e djembe di Claudio Quaranta. Ho volutamente inserito amici musicisti che avessero di per sé progetti interessanti e non i soliti esecutori.
 
Davide
Il tuo album è strumentale, ad eccezione di “8”, un brano che mi è parso prendere ispirazione dalla coldwave francese. La traccia successiva (“Latte”) mi ha rievocato il synth pop della Yellow Magic Orchestra… “Vento del sud” mi ha riportato al sound degli Orchestral Manouvres in the Dark…  Insomma, in questo tuo lavoro c’è qua e là qualcosa dei primissimi anni ’80. Perché hai prestato attenzione a quel decennio?
 
Toto
Ti ringrazio per aver citato gli “Yellow Magic Orchestra”, non li ascoltavo da anni ormai. In realtà è il processo di scrittura che mi ha guidato, non ho prestato particolare attenzione a quel decennio, ma senz’altro le influenze più riconoscibili arrivano da quel periodo. Personalmente preferisco ascoltare poca musica quando scrivo, per cercare il più possibile di tirare fuori me stesso, e non essere la copia esatta di una delle mie band preferite o dei miei artisti preferiti. Le atmosfere retrò e la quantistica del futuro, a mano a mano con Ian Curtis e Alan Vega corro verso Luis Vasquez e Anders Trentemøller.
 
Davide
Quando da ragazzi ascoltammo per la prima volta cose tipo Kraftwerk, Tangerine Dream o Jean Michel Jarre, l’impatto fu enorme. Dopo una prima lunga fase élitaria di sperimentatori, quindi sconosciuta ai più, non era mai esistito nulla di così nuovo e diverso come quell’universo di suoni elettronici e sintetici che si dischiudeva alle nostre orecchie, esercitando un fascino irripetibile su quello che il futuro tecnologico ci avrebbe riservato idealmente (tutte cose ormai finite nel “retrofuturismo”). La musica elettronica è ancora in grado di volgersi a un futuro e di evocarlo? Qual è il compito evocativo che tu affidi ai suoni prodotti o modificati dalla strumentazione elettronica?
 
Toto
Il concetto di musica elettronica moderno è sicuramente distante da quello di quarant’anni fa, la musica moderna è di per sé elettronica. Probabilmente il futuro è la combinazione di più arti, mi vengono in mente installazioni, realtà virtuale o aumentata e riproduzione 3D, il futuro perciò è già presente. Sono un folle del dettaglio e della pulizia di ogni singolo suono, non lascio nulla al caso, incluso frequenze che l’orecchio umano non percepisce dettagliatamente o che verranno moderate con il master finale, da questo potrai capire che i processi creativi sono ossessivi e lunghissimi; ogni singolo suono rielaborato. Credo che questo sia il volto della mia musica.
 
Davide
Veniamo a Margherita di Savoia e alle sue saline seconde per grandezza nel mondo. Per la mia asma non ho mai più respirato un’aria così salutare. La cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime, o il mare, scriveva Karen Blixen. Quanto e come ha inciso il tuo luogo nel processo creativo di questo lavoro?
 
Toto
Karen aveva ragione, anche se personalmente preferisco un clima mite rispetto alle temperature estive del mio paese. Probabilmente i paesaggi sonori così distinti descritti nel mio primo lavoro non sono altro che una riproduzione di quello che sono appunto i luoghi di Margherita. Ricordo i momenti trascorsi con la mia ragazza in salina, ai piedi di un bacino di sale o in riva al mare a tarda sera, è qualcosa di unico, un posto perfetto per la meditazione. Una grande città, almeno per questo primo lavoro, avrebbe occultato le mie idee portandomi sicuramente altrove stilisticamente parlando, è per questo che Margherita ha scalfito il mio primo album.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Toto
In parte, nulla che possa ricondurre l’ascoltatore a questo primo lavoro.
 
Davide
grazie e à suivre…
 

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti