Giancarlo Frigieri – La Prima Cosa Che Ti Viene In Mente
Giancarlo Frigieri pubblica l’ottavo album, un traguardo per un cantautore che non cerca i facili compromessi, capace sempre di colpire e fare riflettere, senza però rinunciare agli aspetti più poetici ed intimisti. La musica vive in equilibrio tra influenze americane, alternative e folk e la tradizione italiana, senza guardare al passato. I testi colpiscono quando esplorano aspetti e relazioni personali o momenti legati all’attualità del nostro paese e spesso le due cose non sono separate, come in brani come “Il Gallo”, “Triveneta”, “Andiamo” o “Dove E Quando”, anche se Frigieri rifugge dalla trappola dei facili slogan e mette in luce l’assurdità dei luoghi comuni. “Sei Tu” apre l’album in maniera diretta, forse il brano più rock di un album vario anche se dominato da sonorità acustiche come nella successiva “Vela”, una ballad così come “Il Gallo”, dove il cantautore gioca con la materia del pop, pronunciando con gran soddisfazione più volte la parola “Amore”, nei contesti più spiazzanti. “La Prima Cosa Che Ti Viene In Mente” è un altro dei momenti più intensi del disco, canzone gridata e sofferta che parla della dipendenza da gioco d’azzardo, quasi folk, su un loop di chitarra, inserti percussivi e di chitarra elettrica mentre “Triveneta” gioca ad unire una melodia tipica da canzone alpina con inserti africani, e racconta della paura dello straniero attraverso l’immedesimazione in chi la prova in prima persona, senza volere dare giudizi morali.
Questa varietà del disco e la sua genesi sono raccontate così dall’autore: “Ho chiamato questo disco La prima cosa che ti viene in mente perché volevo che fosse un disco istintivo. Sono partito dall’idea che avrei registrato questo disco con lo stesso spirito con il quale registravo i demo con il quattro piste a cassette quando ero giovane. Sono partito dall’idea che non avrei fatto questo disco in uno studio professionale, non perché non amo i prodotti fatti in maniera professionale ma perché volevo principalmente divertirmi e affrontare tutto il procedimento nella maniera più rilassata possibile. Accantonata l’idea di registrare in casa di amici o in diversi luoghi improvvisati, ho trovato un ambiente ideale nello studio degli Mquestionmark con l’aiuto di Simone Gazzetti. Anche in fase di composizione mi sono accorto che, mano a mano che le canzoni venivano pronte, era necessario che fossero istintive e semplici, senza accorgimenti particolari dal punto di vista melodico o armonico. Sarebbero state canzoni composte in maniera semplice e rilassata, la prima cosa che mi viene in mente. Ovviamente, una volta cominciato a registrare alcune canzoni sono state escluse dal lotto, per altre abbiamo fatto cose completamente diverse da quelle che credevo facessimo. Gli arrangiamenti li abbiamo sempre decisi in studio sul momento, io sono arrivato soltanto con le canzoni chitarra e voce e il resto lo abbiamo deciso lì. Io, Cesare Anceschi, Simone Gazzetti.”
Il disco sarà promosso da diversi concerti in tutta Italia che potete seguire attraverso il sito ufficiale di Giancarlo Frigieri, www.miomarito.it che oltre alla sua musica ospita le sue riflessioni sempre puntuali e taglienti.
Tracklist: 1. Sei Tu / 2. Vela / 3. Rischiatutti / 4. Il Gallo / 5. La Prima Cosa Che Ti Viene In Mente / 6. Triveneta / 7. Mentre Aspetto / 8. Andiamo / 9. Dove E Quando / 10. I Giorni Che No
22 Settembre 2017 – Catomes Tot – Reggio Emilia
07 ottobre 2017 – Arci Dallò – Castiglione delle Stiviere (MN)
21 ottobre 2017 – Arci Miskappa – Udine
22 ottobre 2017 – Intervista telefonica a Radio Sherwood (PD) – Snatura Rock Ore 16
23 ottobre 2017 – Sala Estense – Ferrara w/Mark Eitzel
29 ottobre 2017 – Appenappena – Carpi (MO) 10 novembre 2017 – Teatro Asioli – Correggio (RE) w/Micah P. Hinson
12 novembre 2017 – Sottotetto – Massenzatico (RE)
24 novembre 2017 – Il Cantuccio – Piobbico (PU)
25 novembre 2017 – Luogo da definire – Rimini
15 dicembre 2017 – L’alchimista – Gorizia
16 dicembre 2017 – La Salumeria del Rock – Arceto (RE)
19 gennaio 2018 – Caffè del Teatro Astoria – Fiorano Modenese(MO)
23 febbraio 2018 – La Lo.Co – Osnago (LC)
24 febbraio 2018 – Espace Populaire – Aosta
07 ottobre 2017 – Arci Dallò – Castiglione delle Stiviere (MN)
21 ottobre 2017 – Arci Miskappa – Udine
22 ottobre 2017 – Intervista telefonica a Radio Sherwood (PD) – Snatura Rock Ore 16
23 ottobre 2017 – Sala Estense – Ferrara w/Mark Eitzel
29 ottobre 2017 – Appenappena – Carpi (MO) 10 novembre 2017 – Teatro Asioli – Correggio (RE) w/Micah P. Hinson
12 novembre 2017 – Sottotetto – Massenzatico (RE)
24 novembre 2017 – Il Cantuccio – Piobbico (PU)
25 novembre 2017 – Luogo da definire – Rimini
15 dicembre 2017 – L’alchimista – Gorizia
16 dicembre 2017 – La Salumeria del Rock – Arceto (RE)
19 gennaio 2018 – Caffè del Teatro Astoria – Fiorano Modenese(MO)
23 febbraio 2018 – La Lo.Co – Osnago (LC)
24 febbraio 2018 – Espace Populaire – Aosta
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Intervista
Davide
Ciao Giancarlo e ben ritrovato sulle pagine di Kult Underground. Ottavo album, dunque. Provo a chiederti 8 singole parole (anche verbi) con cui descrivere attraverso ciascuna il primo, il secondo fino all’ottavo tuo lavoro…
Giancarlo
“Close your eyes, think about beauty” – Gioco
“L’età della ragione” – Sfida
“Chi ha rubato le strade ai bambini?” – Confidenza
“I sonnambuli” – Rabbia
“Togliamoci il pensiero” – Prova
“Distacco” – Distacco
“Troppo tardi” – Sconfitta
“La prima cosa che ti viene in mente” – Rinascita
Se posso, visto che ultimamente me lo hanno fatto notare, metterei anche “In Love”, il disco che ho registrato insieme ai Mosquitos nel 2008 a Frosinone. Qui la parola sarebbe “amici”.
Davide
È sempre infinitamente più difficile essere semplici che essere complicati, scrisse Giovannino Guareschi. Cos’è per te e perché la semplicità, in che modo inizi e costruisci un percorso che possa portare a questo risultato attraverso la composizione, la scrittura e la registrazione?
Giancarlo
Concordo con Guareschi, intanto. Personalmente non è che cerco a tutti i costi di essere semplice, anzi a volte dietro le mie scelte stilistiche ci sono stati percorsi incredibilmente tortuosi e complicati, specialmente in “Distacco” e “Troppo tardi”. Cerco però di risultare semplice a chi mi ascolta. Di base non amo chi scrive per forza in maniera troppo complicata, chi mette tre aggettivi dove ce ne può stare uno. Credo sia fondamentale trovare la chiave e poi, una volta aperta la porta, lasciare la stanza all’ascoltatore anche a costo di venire fraintesi, cosa che fra l’altro mi capita spesso. Per quel che riguarda la registrazione, mi piace lavorare su strutture relativamente semplici e, soprattutto in questo disco, ci siamo concentrati molto sui piccoli dettagli, quelli che non si sentono ma senza i quali le canzoni risulterebbero molto più piatte e vuote. Parlo al plurale perché oltre a me sono stati parte integrante del processo anche Cesare Anceschi e Simone Gazzetti, che possono essere considerati tranquillamente i co-produttori dell’album.
Davide
Sarà che negli anni ’70 ero un ragazzo e De Andrè, De Gregori, Vecchioni, Guccini ecc. lasciavano un segno indelebile anche nelle generazioni successive. Io apprezzo sempre molto che nelle canzoni (come nelle tue Triveneta e la title-track) siano presenti storie o problematiche sociali vere, passate o attuali, quelle canzoni portatrici di messaggi socialmente e culturalmente elevati, generativi, che trattano argomenti che fanno riflettere. Invece oggi mi imbatto spesso in cantautori “contraddittori”, che da una parte dicono di essere stati profondamente raggiunti dai De Andrè, De Gregori etc., ma che si guardano bene dal fare “politica” o la cosiddetta “canzone impegnata”, girando intorno piuttosto a una quotidianità personale piuttosto criptica e poco interessante. Cosa ne pensi?
Giancarlo
Credo che la “canzone impegnata”, tanto per capirci, sia spesso brutta, specialmente quando scade nel dogmatico o, per dirla con il grande Luca Rastello, nella dichiarazione di appartenenza che diventa esercizio di stile e, nel peggiore dei casi, predica ai convertiti per rassicurarli di una virtù supposta che in realtà non esiste. Personalmente, quando scrivo di un tema collettivo, cerco sempre di prenderlo dal punto di vista individuale e non a caso ricorro spesso all’immedesimazione. Inoltre cerco, soprattutto perché in passato ci sono cascato più volte, di evitare il più possibile i moralismi. Una canzone come “Triveneta”, della quale sono molto orgoglioso, penso abbia il pregio di porsi un punto di vista che nessun altro si è posto nella trattazione del tema del razzismo dilagante. Anche nello scorso disco, anche se non lo aveva notato nessuno, in “Motivi familiari” parlavo della violenza domestica e la canzone era vista dal punto di vista del violento e non della vittima e non c’erano giudizi di sorta. Io uso spesso la parola “verismo”, proprio nell’accezione letteraria del termine che si può attribuire a un Giovanni Verga, le cui novelle contengono riflessioni profonde che vanno benissimo ancora oggi proprio perché non cercavano di parlare dell’appartenenza quanto di ciò che muoveva l’uomo verso di essa nel proprio animo. Quanto ai cantautori che vanno per la maggiore oggi, mi piacerebbe molto riuscire a formulare un pensiero intelligente. La verità, purtroppo, è che nella stragrande maggioranza dei casi non sono riuscito ad andare oltre al primo ascolto e di conseguenza li conosco davvero molto poco. Il tutto fatte le debite eccezioni, come ad esempio Davide Ravera o Davide Tosches, per dirne due molto bravi che nessuno sembra notare.
Davide
Qual è la funzione della canzone, per chi la scrive – quindi per te – e per chi la riceve?
Giancarlo
Per chi la scrive penso sia una specie di vocazione, come per i preti. La necessità di scrivere qualcosa per esprimersi. La scelta della forma canzone in alcuni casi è dovuta anche all’incapacità di andare oltre e di tentare di scrivere racconti e romanzi, come fanno quelli bravi a scrivere per davvero come il mio amico Sandro Campani. Per chi la riceve non saprei, nel senso che l’ascolto di musica ha davvero tantissime variabili nel corso di una vita e ci si può trovare ad ascoltare cose che fino a qualche tempo prima si detestavano profondamente e viceversa, magari per motivi futilissimi.
Davide
C’è un’altra parola-chiave che hai usato riferendoti alla lavorazione di questo disco: istintivo.
Il ricorso di autori fin dall’Ottocento a forme di annientamento della propria consapevolezza creativa – tramite l’alcool o la droga per esempio – nasce dalla profonda necessità di cercare oltre i confini della propria struttura logica e culturale, particolarmente presente nel mondo occidentale, ben costruita sulle fondamenta della logica razionale. Ecco, in che modo invece tu ti sei posto in relazione alle intuizioni, alla dimensione istintuale contrapposta alla razionalità?
Giancarlo
Io a questa cosa della droga per aiutare la creatività non ci ho mai creduto più di tanto. Secondo me uno si droga per stonarsi e basta. Questo disco è stato istintivo principalmente perché l’atmosfera in studio era molto rilassata e ci siamo concentrati sul fare le cose come ci venivano in mente senza curarci tanto del come andassero fatte per bene. Tipo che abbiamo deciso di registrare la batteria con due soli microfoni, oppure di mettere nell’album la traccia conclusiva due volte di fila visto che non sapevamo scegliere la versione migliore, cose così. Poi in studio è girata parecchia birra, ma questo è tutto un altro discorso…
Davide
Nel tuo tour sono presenti tutte le regioni del nord Italia, ma non il Piemonte. Spero dunque si possano aggiungere delle nuove date nel 2018 per vederti anche qui a Torino. Cosa rappresenta per te il momento del concerto, del più diretto e anche visibile e influente rapporto cioè con l’ascoltatore?
Giancarlo
Il concerto è la gratificazione immediata, la conferma che quello che stai facendo ha un senso. Peraltro, la sorte di noi dilettanti della musica è quella di suonare spesso nei bar o davanti a persone che, oltre a non sapere minimamente chi sei, non esitano a farti capire che non hanno nessuna intenzione di saperlo. Credo che però questa sia una sfida interessante, per quanto estenuante. Se c’è una cosa che non sopporto sono i miei “colleghi” che cominciano a suonare pensando che l’attenzione e la considerazione siano loro dovuti e non conquistati con l’abilità di stare sul palco.
Davide
Il tuo precedente lavoro lo dedicasti a Cesare Anceschi. Non è che Simone Gazzetti si aspettava anche lui a questo giro una dedica? Scherzi a parte… A chi o a cosa dedicheresti questo disco, anche se non lo hai fatto nelle note di copertina?
Giancarlo
Il precedente lo avevo dedicato a Cesare perché non aveva suonato nulla ed era venuto in studio lo stesso. Questo non l’ho dedicato a nessuno, forse dovrei dedicarlo a mia moglie perché ci ha cantato dentro e tutto si aspettava in vita sua meno che di cantare in un album. Però, in tutta onestà, non tutti i dischi vanno dedicati per forza a qualcuno o qualcosa, alcuni esistono e basta.
Davide
Cantava Guccini: se son d’umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie… Quando è per te il momento migliore per scrivere?
Giancarlo
Non necessariamente di umore nero, anche se aiuta. Io scrivo continuamente piccole frasi, frammenti, eccetera. Raccolgo tutto dove capita, poi ogni tanto, quando mi viene l’ispirazione di scrivere qualcosa, vado a frugare nell’archivio per vedere quali frasi si possano inserire insieme alle nuove che escono. Comunque non è che sia un processo chiuso. Per dire, in studio ho cambiato un testo per metà, riscrivendolo al volo un minuto prima di incidere la voce. In generale, se dovessi rispondere alla tua domanda in senso spazio temporale, le passeggiate all’alba con Massimo e Kellogs, i miei due cani, sono un momento nel quale un sacco di cose vengono fuori, tanto che mi ritrovo a dettarle al telefono.
Davide
Cosa seguirà?
Giancarlo
Dibattitto, come sempre.
Davide
Grazie e à suivre…