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Il cervello aumentato, l’uomo diminuito – Miguel Benasayag

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Erickson, 2016.
 
“Il cervello aumentato, l’uomo diminuito” è l’ultima opera di Miguel Benasayag, pubblicata nel 2015 e prontamente tradotta da Riccardo Mazzeo per la case editrice Erickson all’inizio di questo 2016.
Benasayag è un filosofo e psicoanalista di origine argentina, che ha partecipato alla guerriglia guevarista e ha sperimentato la durezza delle carceri del regime. Opera oggi in Francia e ha scritto numerose pubblicazioni che offrono una lettura molto lucida della post-modernità nei sui diversi aspetti. Uno dei suoi libri più famosi è “L’epoca delle passioni tristi” (2004), scritto insieme allo psicoanalista Gerard Schmit, che costituisce una lettura completa degli stati emozionali dei giovani d’oggi, fra paure e minacce nei confronti del futuro, le quali hanno preso il posto delle facili promesse del progresso dei decenni scorsi. Per l’editrice Erickson è stato, invece, pubblicato “C’è una vita prima della morte?”, libro scritto in dialogo con Riccardo Mazzeo per riflettere sulla condizione degli anziani nel nostro Occidente.
In questo saggio, l’autore riflette su un ulteriore aspetto della post-modernità, ovvero il dominio delle scienze applicate negli ultimi anni al cervello umano, provocando una rivoluzione copernicana rispetto al concetto di soggettività: mentre l’epoca moderna ha sempre pensato il cervello come sede dell’interiorità umana e come un punto di incontro tra la dimensione biologica e l’apertura spirituale, oggi le nuove scoperte trattano il cervello come una parte di noi modificabile, al pari di altre parti del corpo, allo scopo di aumentarne le capacità, un po’ come uno smartphone si può potenziare aumentando le applicazioni installabili in esso.
La tesi centrale del libro, invece, è che il bio-potere (per usare un termino caro al famoso filosofo e antropologo Foucault), ovvero le pretese di potere delle scienze sulla vita umana, e in particolare sul cervello, se non guidati da una riflessione adeguata, rischia di “diminuire l’uomo” e di renderlo semplicemente un ingranaggio di una visione totalitaria della scienza e della tecnica stessa.
La riflessione dell’autore si snoda attraverso un testo estremamente leggibile e aperto a un pubblico non solo di specialisti, in cui emergono le doti di comunicatore e di profondo interprete delle “chiavi di volta” che tengono su il nostro tempo così complesso; Benasayag è capace di trattare temi che spaziano dalla storia del pensiero filosofico al dibattito contemporaneo sul rapporto uomo – macchina, dalle più moderne tecniche di ibridazione e di potenziamento del cervello tramite neuro-protesi al dibattito sul rapporto tra scienza, etica ed affetti, dal modo di intendere le nuove conquiste medico –scientifiche applicate alle disabilità al ruolo dell’educazione dei giovani.
La posizione dell’autore attraversa un percorso di quindici capitoli che seguono un flusso di pensiero molto articolato, che tocca tutti i principali temi del rapporto scienze, cervello e soggettività umana, contribuendo ad arricchire il lettore di punti di vista che non cadono mai in facili tecno fobie, né in acritiche acquisizioni dei progressi scientifici come una semplice conquista tout court dell’uomo.
“Il cervello aumentato e l’uomo diminuito” infatti è innanzitutto una riflessione sull’uomo, a partire dallo studio del cervello stesso che non è un computer che lavora sull’elaborazione di informazioni in modo sempre più perfetto e veloce, come la più volte citata macchina di Turing, ma una realtà pluristratificata, profondamente innestata nel corpo, da cui raccoglie stimoli e informazioni, e costantemente modellata – scolpita dall’ambiente e dalle relazioni che instaura con esso.
Ho trovato molto profonde le parole di Mazzeo, scritte nell’introduzione al libro, che forse costituiscono il commento più bello al testo, in cui si evidenzia come il cervello non possa essere pensato mai, neppure dal punto di vista biologico e scientifico, come una semplice “memoria esterna”, indipendente dal corpo che lo ospita, costituito dalle mani che hanno accarezzato le persone amate, dai piedi che ci hanno sorretti e ci hanno portato dove noi siamo; il cervello  è stato scolpito insieme al corpo dalla vita, dalla nostra storia, dalle gioie e dalle sofferenze che ci hanno fatto diventare quello che siamo e non potrà mai essere pensato come un semplice elaboratore di informazioni, per quanto complesse e importanti.
Proprio per questi motivi il testo di Benasayag è un’ottima lettura per interrogarsi sul nostro tempo, sulle questioni di attualità che riguardano quanto la bio-scienza influenza la nostra società (e spesso anche la nostra personale idea di progresso e il nostro rapporto con le tecnologie); è inoltre utile per “sfatare” alcuni facili miti, presenti in tante riviste di facile divulgazione scientifica, in cui si parla di “chimica degli affetti”, o di “pillole della felicità”, quasi che le emozioni, che sicuramente hanno una base chimica in alcune strutture del nostro cervello, possano essere spiegate solo dalle componenti organiche che le compongono (un po’ come affermare, secondo l’arguta osservazione dell’autore, che l’alfabeto che compone il Don Chisciotte è la spiegazione necessaria e sufficiente per comprendere il romanzo di Cervantes).
Un testo formidabile per un ampio pubblico, per studiosi di scienze e neuro-scienze, per appassionati di filosofia e antropologia e per chiunque si voglia interrogare su questo nostro tempo così complesso, in cui le promesse della tecnologia si accompagnano spesso alle inquietudini di un mondo in cui l’uomo si trova ad essere schiacciato e reso più solo dalle conquiste che lui stesso ha prodotto.

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