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Miracolo a Piombino – Gordiano Lupi

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Marco osserva il mare che divide Piombino dall’Isola d’Elba. Di fronte a sé sente di avere una meta che stuzzica il desiderio di fuga e di cambiamento che accompagna e condiziona la sua adolescenza. Vorrebbe andare e lasciarsi andare, ma la terra, alle sue spalle, lo trattiene. Gli insegnamenti del nonno, l’ombra del padre e dell’acciaieria, “le piccole cose del quotidiano, il suo paese di provincia percosso dai venti” ma soprattutto Sara, la sua presenza, la sua mancanza, il ricordo che lo accompagna e lo ingabbia.
Gordiano Lupi racconta il punto di svolta dell’adolescenza di Marco in “Miracolo a Piombino – Storia di marco e di un gabbiano” (Historica 2015), un raccolto lungo in cui si intrecciano le vicende del giovane e quelle di Robert, un gabbiano che lascia il branco per intraprendere un viaggio solitario inconcepibile per la sua specie.
In una proiezione che ha più dello psicanalitico che del fantastico, Marco affida al volatile il pensiero inattuabile di poter fuggire, “libero come le ali di un gabbiano”, una frase fatta che ha letto in pessimi romanzi e poesie decadenti che gli fanno compagnia nelle torride giornate estive. E se Lupi sceglie le parole della canzone “Avere vent’anni” cantata da Gloria Guida per aprire il libro, è la costante presenza di Francesco Guccini e dei cantautori italiani a fare da colonna sonora alle vicende di Marco, vissute con lo sguardo a metà tra un futuro che non riesce ad afferrare e la nostalgia dell’infanzia, “il tempo in cui tutto era possibile”. A essa Lupi contrappone l’adolescenza, “il momento della crescita che ci fa sentire inadeguati, quando non riusciamo a capire gli altri perché non comprendiamo noi stessi”.
L’adolescenza è anche il tema del secondo racconto che completa il volume, “Il ragazzo del Cobre”, che contrappone alle vicende di Marco quelle di un bambino brasiliano nato e cresciuto in una favela, in un mondo distante e inconcepibile, i cui sogni di un futuro migliore si avverano grazie alla passione per il pallone. Se Marco “non sarebbe mai diventato un grande calciatore. Non aveva la stoffa”, Juanito imbocca l’unica via d’uscita dalla baraccopoli grazie a questo sport, lasciandosi alle spalle la miseria che i poveri cercano di combattere con il contrabbando e la prostituzione, una vita fatta di sopraffazione da parte dei potenti e di differenze incolmabili che non potranno mai capire, di sogni che sembrano confinati soltanto nelle novelas trasmesse dalla televisione.
Le vite dei due ragazzi sono agli antipodi, eppure le paure e il desiderio di fuga sono gli stessi, come lo stesso è il vento con cui Lupi fa accarezzare i capelli di Marco e di Juanito, che sia quello caldo dei tropici o quello che riempie il tratto di mare davanti a Piombino. Perché tutti e due vivono l’adolescenza e sperimentano sulla propria pelle la verità che si nasconde tra le parole di Paul Nizan, “avevo vent’anno. Non permetterò a nessuno di dire che quella è la più bella età della vita”.

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