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L’abate Roys e il fatto innominabile – Fulvio Tomizza

4 min read
Bompiani Editore
Narrativa romanzo storico
Pagg. 162
ISBN 9788845244377
Prezzo € 8,00
 
Un Tomizza minore
 
Fulvio Tomizza è un narratore di particolare spessore e mi ha incantato con romanzi stupendi fra i quali cito soprattutto La quinta stagione, Materada, La miglior vita e Franziska. Sostanzialmente è uno di quegli autori che, legato alla propria terra d’origine, ne ripercorre la storia, soprattutto quella del XX secolo e solo raramente si avventura in epoche di molto precedenti. Con L’abate Roys e il fatto innominabile si porta nel XVI secolo, in luoghi ben diversi dai suoi soliti, anche se abbastanza prossimi e con una vicenda che parte da un fatto reale tutto sommato non di particolare rilievo, ma comunque che può interessare per le sue peculiarità. Si tratta quindi una storia antica, di un contrasto protratto nel tempo fra due ecclesiastici. In breve di seguito riporto alcuni cenni che danno indicazioni sulla trama.
Alessandro Roys, le cui origini sono spagnole, è l’abate della decadente abbazia di Summaga; vedovo, con prole, è pervenuto a quell’incarico grazie a un vero e proprio mercanteggiamento messo in opera dal fratello, altro ecclesiastico piuttosto influente in Vaticano. L’uomo non più giovane, ma dal carattere per nulla remissivo, intrattiene una relazione, che si potrebbe definire non proprio quieta, con una serva di nome Cecilia, ma non si limita a questo, perché infatti la fa prostituire, traendone guadagni.  Fra liti, abbandoni e ritorni, c’è una definitiva rottura allorché Cecilia se ne va con un altro uomo, evento che l’abate non può sopportare, né come maschio, né soprattutto come protettore e allora per vendetta si inventa una pratica erotica che la stessa, definita ormai una fattucchiera, praticherebbe usando addirittura gli oli santi. C’è ovviamente odore d’inquisizione, ma la denuncia al vescovo di Concordia, Pietro Querini, viene insabbiata. Non corre buon sangue fra i due uomini, per non dire che si detestano cordialmente, ma se prima era una sorta di antipatia ora finisce per il diventare un contrasto acceso che culmina alla fine in un’indagine del più alto prelato sul Roys, anche per l’attiva collaborazione al riguardo di Cecilia e di sua madre. In pratica l’abate viene accusato di essere l’ispiratore della pratica sacrilega e innominabile, ma l’uomo è abile e sa difendersi bene, sfruttando tutte le possibilità procedurali che di volta in volta si presentano. Nulla viene detto sull’esito dell’indagine, ma si comprende poi che è sfociata in un nulla di fatto, perché dopo alcuni anni accade che il vescovo Querini faccia visita pastorale all’abbazia, il cui titolare è ancora l’abate Roys e si rileva che nulla è cambiato, con le solite raccomandazioni di porre rimedio allo stato di degrado dell’edificio di culto e le consuete reiterate promesse di provvedere, puntualmente disattese.
Come è possibile notare, più che una storia è una storiellina, eppure anch’essa ha un suo significato, perché in un mondo in cui il potere regola il corso delle cose anche un vescovo non può imporsi a un subordinato, quando questi ha un fratello che a Roma conta, e poi in fondo una schermaglia inconcludente finisce con il dare un po’ di sapore a una vita asfittica di due comprimari nel multiforme organico degli ecclesiastici.
Non è certo molto e qualche cosa di più era lecito attendersi da uno scrittore del calibro di Tomizza; comunque L’abate Roys e il fatto innominabile è uno di quei testi scorrevoli che si leggono anche con un certo piacere e che consentono di trascorrere alcune ore senza un particolare impegno.  
 
Fulvio Tomizza (Giurizzani di Materada, Umago, 26 gennaio 1935 – Trieste, 21 maggio 1999). Figlio di piccoli proprietari agricoli, dopo la maturità classica, si trasferì a Belgrado e a Lubiana, dove iniziò a lavorare occupandosi di teatro e di cinema. Ma nel 1955, quando l’Istria passò sotto la Jugoslavia, Tomizza, benché legato visceralmente alla sua terra, si trasferì a Trieste, dove rimase fino alla morte. Scrittore di frontiera, riscosse ampi consensi di pubblico e di critica (basti pensare ai numerosi premi vinti: nel 1965 Selezione Campiello per La quinta stagione, nel 1969 il Viareggio per L’albero dei sogni, nel 1974, nel 1986 e nel 1992 ancora Selezione Campiello rispettivamente per Dove tornare, per Gli sposi di via Rossetti e per I rapporti colpevoli, nel 1977 e nel 1979 lo Strega e quello del Governo Austriaco per la letteratura Europea per La miglior vita. Ha pubblicato: Materada (1960), La ragazza di Petrovia (1963), La quinta stagione (1965),Il bosco di acacie (1966), L’albero dei sogni (1969), La torre capovolta (1971), La città di Miriam (1972), Dove tornare (1974), Trick, storia di un cane (1975), La miglior vita(1977), L’amicizia (1980), La finzione di Maria (1981), Il male viene dal Nord (1984), Ieri, un secolo fa (1985), Gli sposi di via Rossetti (1986), Quando Dio uscì di chiesa (1987), Poi venne Cernobyl (1989), L’ereditiera veneziana (1989), Fughe incrociate (1990), I rapporti colpevoli (1993), L’abate Roys e il fatto innominabile (1994), Alle spalle di Trieste(1995), Dal luogo del sequestro (1996), Franziska (1997), Nel chiaro della notte (1999).

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