Romanzo
Autore: Lev Tolstoj; 1ª ed. originale: 1877; sottogenere: realista; lingua originale: russo; ambientazione: Russia, 1875-1877 circa.
Film
Regia: Joe Wright; soggetto: Lev Tolstoj; sceneggiatura: Tom Stoppard; casa di produzione: Studio Canal, Working Title Films; fotografia: Seamus McGarvey; montaggio: Melanie Oliver; musiche: Dario Marianelli; scenografia: Sarah Greenwood; costumi: Jacqueline Durran; interpreti principali: Keira Knightley, Aaron Johnson, Jude Law, Domhnall Gleeson.
Quella di Anna Karenina è senza dubbio una storia affascinante, coinvolgente e appassionante, che fa del grande romanzo di Tolstoj uno dei capolavori della letteratura, non solo russa, ma mondiale. La trama del romanzo è nota: Anna, moglie di un ufficiale governativo, Aleksjej Karenin, durante un viaggio a Mosca conosce il conte Vronskij, e tra i due subito nasce un amore travolgente, che li porterà ad avere una relazione, presto malvista in società, e ad un finale tragico. Speculare per molti aspetti alla storia di Anna, è quella di Konstantin Levin, giovane aristocratico che ha rifiutato i privilegi della sua classe e la vita nell’alta società, e ha deciso di condurre una vita semplice nella sua azienda in campagna. Egli è innamorato della principessa Kitty Scerbatskaja, alla quale si unirà in felice matrimonio. Intorno a questi protagonisti ruotano molti altri personaggi, ognuno con la sua storia particolare, che va ad intrecciarsi ora con le vicende dell’uno, ora dell’altro protagonista, in una grande impalcatura romanzesca che si eleva nel cielo della Russia di fine ‘800.
Considerando la fama del romanzo e il senso di ammirazione che suscita ancora oggi dopo più di un secolo, è naturale che un regista come Joe Wright, che già si era cimentato nella trasposizione cinematografica di un grande classico, Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen (2005), abbia voluto provare a rendere in immagini le memorabili pagine tolstoiane.
Affascinante, nel lavoro di Wright, la scelta sperimentale di ambientare l’intera vicenda in un teatro ottocentesco di posa, con attori che si muovono tra quinte, palcoscenico e comparse. Per far rivivere un capolavoro romanzesco i tentativi di copiarlo fedelmente spesso finiscono per appiattirne la forza espressiva, e rischiano di renderlo una copia, magari nemmeno tanto riuscita, dell’originale. Dare al film un tocco di particolarità, inserire la storia, abbastanza fedele salvo alcuni tagli, ovvi vista la mole dell’opera, in una ambientazione inusuale, ma che bene si sposa con il periodo storico e la situazione sociale dell’epoca, è stata una scelta forse azzardata, ma intelligente. Vinto lo spaesamento iniziale per questo onnipresente teatro sul quale si muovono gli immortali Anna, Vronskij, Levin, lo spettatore è catturato dalla girandola di emozioni dei protagonisti, dai loro concitati movimenti in quel teatro che è la vita, così appassionata, contrastata, caotica, tesa tra la volontà di essere liberi, volontà che è incarnata della protagonista che porta avanti con coraggio e amore la sua relazione adultera, e le convenzioni sociali, alle quali è assoggettato il marito di lei, Aleksjej Karenin. E l’ambientazione teatrale rende perfettamente l’idea dell’influsso della società ottocentesca, che blocca uomini e donne in ruoli definiti, impostati, e li porta agire secondo un copione conosciuto, proprio come attori su un palcoscenico. Tuttavia nel film pare che questa scelta tolga naturalezza alla storia: gli attori sembrano effettivamente recitare una parte, si perde il senso di realismo che solitamente il cinema conferisce, e si ha l’impressione di guardare una messa in scena, effetto che, se da un lato si sposa bene appunto con l’inquadramento dei ruoli derivante dalle regole dell’alta società dell’epoca, dall’altro sottrae forza alla viva componente emozionale così forte nel romanzo, che sarebbe stata forse meglio resa da un maggiore naturalezza.
Anna Karenina è un grande romanzo nel quale domina costantemente il sentimento dell’amore in tutte le sue accezioni, e che muove i vari personaggi. Può rendere immensamente felici o far cadere negli abissi più profondi, e l’anima dei protagonisti ne è sempre toccata. Anche se nell’opera non si trova quel rovello interiore, quella complessità psicologica che è la cifra distintiva dell’altro grande romanziere russo, Fedor Dostoevskij, tuttavia la componente emotiva e introspettiva è presente anche in Tolstoj, e questo è un aspetto che è stato forse troppo trascurato nella sceneggiatura cinematografica di Stoppard. In particolare il travagliato Levin, così titubante, dall’anima sempre combattuta, viene molto poco sviluppato, sebbene la sua vicenda nel romanzo viaggi parallela e a tratti si intrecci a quella di Anna, ed egli diventi una sorta di coprotagonista.
Il film è certamente piacevole da vedere, ma se siete fan appassionati del romanzo forse sareste più piacevolmente soddisfatti nel riprenderlo dalla mensola e sistemarvi sul vostro divano con quelle pagine memorabili a tenervi compagnia.