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Il vangelo secondo Gesù Cristo – José Saramago

7 min read
Traduzione di Rita Desti
Feltrinelli Editore
Narrativa romanzo
Collana Universale Economica Feltrinelli
Pagg. 352
ISBN 9788807721694
Prezzo € 9,50

 

Un uomo di nome Gesù

 
È stata questa una lettura sofferta, trascinata nel tempo, con il libro chiuso e più volte riaperto, nell’ipotesi che nel romanzo di questo autore ateo potesse celarsi una spiritualità addirittura superiore a quella di un credente.
E ora che l’ho terminato, che mi si sono schiarite le idee e che le parole mi sovvengono a tratti, sia la sera prima di addormentarmi, che il mattino al risveglio, mi chiedo continuamente se può esistere un mondo in cui la grandezza di Gesù Cristo possa essere quella di tutti gli uomini, se il suo regno un giorno riesca a diventare quello dell’umanità e non una pomposa istituzione, privilegio di pochi, costruita sul sangue di tanti martiri e accresciuta fra violenze, stragi e torbidi affari.
L’unica cosa di cui ero certo prima di accingermi alla lettura era che non avrei assistito a una conversione di Saramago, e allora la domanda, inevitabile, mi frullava nella mente : non sono bastati quattro vangeli canonici, oltre a quelli apocrifi, e adesso vogliamo aggiungerne un altro; perché? Per riaffermare l’ateismo dell’autore? Per dissacrare la vita di Gesù? Per imporre la razionalità materialistica sulla trascendenza?.
Devo anche confessare che io, credente, avevo una sorta di timore cupo nello scorrere le pagine, quasi come se quella lettura potesse essere un peccato, ben superiore a quello originale, perché qui derivante dalla mia esclusiva volontà.
E con il peccato a tratti appariva la punizione, non tanto in un oltre tomba di castighi, quanto nel mondo dei vivi, tipo malattie, disgrazie, infortuni, retaggio di secoli in cui la Chiesa Apostolica Romana ci ha sempre mostrato un Dio vendicativo, irascibile, che non conosce il perdono, che punisce sia nella vita terrena che in quella successiva, una sorta di Moloch spaventoso più simile al diavolo che a un essere supremo che dovrebbe essere solo bontà.
Un Dio con la barba, quindi, e anche nel libro di Saramago non è glabro e appare in tutto e per tutto come quella divinità su cui una certa Chiesa ha fatto conto per asservire, per accrescere il suo potere.
Sin dalle prime pagine, già con il viaggio di Giuseppe e di Maria a Betlemme, mi sono tuttavia reso conto che in effetti Saramago ha teso a porre, come centralità del romanzo, l’essere umano, nel suo rapporto quasi indispensabile con un ente supremo che possa giustificare il perché nasce, il perché vive e soprattutto perché muore.
La quotidianità di un mondo arretrato in cui le donne sono essere inferiori  (non per niente sono nate da una costola di Adamo…), l’asprezza e la dolcezza del paesaggio, la ribellione latente per essere una colonia romana rivivono, come per incanto, davanti ai miei occhi; le descrizioni del Tempio di Gerusalemme, dei sacrifici della Pasqua scorrono come in una pellicola cinematografica, rendendo per certi  aspetti agevole la lettura, e senz’altro lo sarebbe ancor di più se si riuscisse subito a dare una risposta a quelle domande poste prima di aprire il libro.
È indubbio che la mia era una fretta di sapere, concorrendo fra di loro sia la naturale curiosità, sia quel senso di peccato che ora non ho più.
Dalla sua nascita fino alla sua morte in croce il Gesù saramaghiano è un uomo che, come tutti gli altri, combatte contro il destino, sia che questi sia una della volontà di Dio, sia che risulti scritto in un libro cosmico che traccia il nostro percorso.
Il  Dio dello scrittore portoghese è un Dio che appare sempre più feroce, un dio che vuole ampliare il suo regno a tutta la terra, insoddisfatto della poca popolazione ebraica che lo venera e che, per raggiungere il suo scopo, si avvale di Gesù, un intermediario della sua volontà e che cercherà di ribellarsi, per quanto inutilmente.
Nel corso di quaranta giorni e quaranta notti in cui, immersi nella nebbia, Gesù, Dio e il Diavolo s’incontreranno su una barca al centro del lago di Tiberiade, emergono i motivi per i quali un umile uomo dovrà sacrificarsi al suo dio. Una sete di potere, immensa, assolutistica intende ritrarre dalla morte con il supplizio della croce il primo martire, la novità che sconvolga i credenti ebrei, ormai assuefatti alla loro religione, e che possa trascendere i confini di quello stato, espandendosi a macchia d’olio per ogni dove, un nuovo immenso regno edificato sul sangue di innumerevoli vittime eroiche, eliminate nel modo più atroce, e ingrandito, fortificato, reso potente con altro sangue, con altre uccisioni, tutte nel nome di Dio.
E se guardiamo la storia della Chiesa apostolica romana, purtroppo, c’è da ammettere che è così, pur fatte salve non poche figure di religiosi autenticamente buoni e giusti.
Il potere e la gloria promessi a Gesù e che si avvereranno grazie alla sua morte finiscono quindi con l’essere l’inizio di un mondo di orrori e la passione del Cristo diventerà quella di tutti gli uomini mansueti, di quelli che si ribelleranno all’imposizione di una spiritualità disumana e che cercheranno di trovare un Dio senza più la barba.
Non so se questa chiave di lettura, cioè una critica alla Chiesa cattolica che ci ha sempre dipinto un Dio tiranno, sia giusta, ma comunque non ne esclude altre, fra cui ricomprenderei anche quella di un’indipendenza interiore nella ricerca del senso della vita.
Ogni tanto, nel romanzo, ci sono delle discontinuità, o comunque degli eccessi, come per esempio quello del rapporto sessuale fra Gesù e Maria di Magdala, ma la reciproca conoscenza che lo precede è di rara bellezza, l’incontro di due esseri predestinati, con il riscatto dell’una e il completamento come uomo dell’altro.
E poi ci sono pagine veramente indimenticabili, come la morte sulla croce di Giuseppe, il padre di Gesù, e di Gesù stesso, che pronuncia la famosa frase, qui modificata e rivolta non tanto a Dio, ma agli uomini “Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto.”.
Fra tutte le figure e i personaggi un discorso a parte merita Pastore, cioè il Diavolo, che dovrebbe essere l’opposto di Dio, e che in effetti lo è. Di fronte a una divinità sanguinaria, Lucifero, ex angelo degradato e cacciato, sembra l’unico ad avere pietà per gli uomini ed é sempre l’unico che aiuta Gesù nell’affrontare il difficile percorso della vita, disposto perfino a sacrificarsi, rinunciando al male che porta dentro, affinché di quello stesso male non si cibi più Dio, salvando così il Cristo e impedendo la nascita e l’ampliamento di un Regno basato solo sul sangue versato da centinaia di migliaia di vittime.
Leggetelo con calma, perché, se non è forse il capolavoro di Saramago, tuttavia non potrà che affascinarvi e restarvi dentro.
 
José Saramago è nato nel 1922 ad Azinhaga, in Portogallo. Due anni dopo la sua nascita, la famiglia dello scrittore si trasferisce a Lisbona dove il padre lavora come poliziotto. Le difficoltà economiche in cui la famiglia versa, lo costringono ad abbandonare gli studi e a intraprendere diversi lavori. Fa così il fabbro, il disegnatore, il correttore di bozze, il traduttore, il giornalista, e il direttore letterario e di produzione in una Casa editrice.
Nel 1947 pubblica il suo primo romanzo, Terra del peccato che riceve una tiepida accoglienza. Sono gli anni bui della dittatura di Salazar: Saramago subisce costantemente la censura del regime sui suoi scritti giornalistici ed è tenuto sotto controllo dalla Pide, la polizia politica salazariana, a cui riesce sempre a sfuggire, anche quando – nel 1959 – si iscrive al Partito Comunista Portoghese, allora clandestino.
Negli anni sessanta l’attività pubblicistica di Saramago è indirizzata verso la critica letteraria, e nel 1966 dà alle stampe la sua prima raccolta di poesie, I poemi possibili". Seguono, nel 1970 la raccolta Probabilmente allegria e le cronache Di questo e d'altro mondo del 1971, Il bagaglio del viaggiatore del 1973 e Le opinioni che DL ebbe del 1974.
Nel 1974, l’anno della “Rivoluzione dei Garofani” – il colpo di Stato militare che sancisce la fine del regime fascista in Portogallo – si apre una nuova fase nell’attività letteraria di Saramago che si concretizza nel romanzo del 1977 Manuale di pittura e calligrafia, mentre l’anno successivo pubblica Una terra chiamata Alentejo. Sempre in questo periodo scrive per il teatro (La notte, 1979 e Cosa ne farò di questo libro?) un attività che continuerà anche negli anni successivi (La seconda vita di Francesco d'Assisi, 1987; In Nomine Dei, 1993 e Don Giovanni, o Il dissoluto assolto del 2005).
Nel 1982 pubblica Memoriale del convento (edito in Italia da Feltrinelli nel 1984), il romanzo che gli dà notorietà a livello internazionale. Seguono L'anno della morte di Ricardo Reis (1984, Feltrinelli 1985), La zattera di pietra (1986), Storia dell'assedio di Lisbona (1989).
Negli anni novanta escono Il Vangelo secondo Gesù Cristo (1991),
Cecità (1995) e Tutti i nomi (1997). Il primo decennio del 2000 è il più prolifico dell’attività di scrittore di Saramago, che dà alle stampe ben sette romanzi: La caverna (2001),L'uomo duplicato (2002),Saggio sulla lucidità (2004),Le intermittenze della morte (2005),Le piccole memorie (2006),Il viaggio dell'elefante (2008) e Caino (2009, ed. it. Feltrinelli 2010).
Nel 1998 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, riconoscimento che suscitò molte polemiche nel mondo cattolico per le sue ben note posizioni antireligiose. Polemiche che lo hanno fatto decidere di trasferirsi a Lanzarote, nelle Isole Canarie.
E' morto nel giugno 2010.

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