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Gianluca percorreva quella strada

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"Gianluca percorreva quella strada
tutti i giorni."



Gianluca percorreva quella strada tutti i giorni.
Tutti i giorni lui arrivava a quella curva, rallentava in prossimità di quella casa così fastidiosamente in mezzo alla strada, dava la precedenza alle auto provenienti dal senso opposto e ripartiva superando quel punto. Era una di quelle routine di cui uno si chiede se ne sarà schiavo tutta la vita, soprattutto guidando, quando la testa viaggia parallelamente su un’altra strada, quella dei pensieri fluttuanti… Forse non l’aveva deciso prima quando quella domenica di ottobre, dopo la curva, ha accellerato verso la casa ed è saltato oltre la vita, dove noi ipoteticamente riponiamo la fine di ogni nostro problema. Semplicemente perché è la fine di tutto. O forse l’aveva deciso prima, chi lo sa… semplicemente non ha frenato. Non voleva. Voleva che il muro di quella casa, che la vita stessa decidessero per lui, se lo volevano o meno. E l’hanno respinto.
Gianluca aveva la mia età. Mi ricordo che andavamo tutti a ballare al Charly a 16 anni. Mi viene da chiedermi se sto sbagliando io o se ha sbagliato lui a decidere di testa sua, contro la volontà di chi ha deciso che tu dovessi vivere e contro quel meccanismo che sembra regolare così bene la vita di tutto il sistema. tranne che di se stessi… Allora ci si chiede: "Forse c’è qualcosa nel sistema che con me non ha funzionato, perché io lo scopo non riesco a vederlo"..(Sarà colpa della nebbia che c’è qui in Val Padana ?!?) Forse sarà come diceva quel filosofo, Osho, che non essendo macchine uno scopo non dobbiamo averlo. Dobbiamo esistere in quanto tali, un’esistenza fine a se stessa.
Eppure Osho deve avere sbagliato qualcosa, o devono avere sbagliato qualcosa i giovani oggi nell’interpretazione, perché quest’assenza di scopo, che lui definisce un’ assaporare pienamente il presente per non rifuggirlo celandosi dietro altre dimensioni temporali viene interpretata nel modo più distruttivo possibile, fumando hashish e marijuana, calandosi pasticche varie, bevendo dei 40 gradi secchi di alcol puro alla goccia, cercando cioè tutto ciò che stordisce la coscienza del reale.
La differenza tra ciò che diceva Osho e la realtà tangibile dei giovani adesso, è nella pienezza; purtroppo l’esistenza in quanto tale è un baricentro sottilissimo. Al centro si raggiunge la vera pienezza, quella così appagante da essere totalizzante, fuori da quello però, ogni oscillazione fa cadere nel vuoto, nell’ abisso di frustranti desideri di quei sognatori che saranno perennemente incapaci di concretizzarli… E soprattutto, tutt’ intorno a quel baricentro la noia, che come il Nulla che avanza della Storia Infinita, risucchia l’anima di tutti coloro che si arrabattano per inventare qualcosa di nuovo, in un momento della storia in cui tutto sembra essere stato inventato, creato… facendoci sentire ancora più materia, corpi di passaggio, per questo da punire, martoriare con l’aiuto delle pulsioni autodistruttive, il nemico interiore con cui l’uomo ha da sempre dovuto combattere.
Ma chi sono le più grandi vittime di tutto questo? I carnefici di se stessi ? I giovani, che smarriti si aggrappano spaventati alla "coperta di Linus", ultimo appiglio disperato d’infanzia, trascinandosi in una post-adolescenza che sembra non voler avere più fine…
Noi, popolo di Peter Pan disorientati, viviamo inoltre nel paradosso di chi contesta le proprie origini e nel contempo rimpiange la contingenza a cui erano obbligati i nostri "vecchi" e la sicurezza di alcune loro scelte obbligate; contemporaneamente proclamiamo lo stato d’indipendenza come una sfida in cui si vorrebbe uscire entrambi vincitori, crescere e fermarsi , in questo gioco perenne di contrasti che è l’adolescenza e di caos che è la libertà attuale.
Esisterà un adolescente felice? Abbandonato lo stato di stupore creativo dell’infanzia, ci si divincola, come tante creature "indemoniate", alla ricerca della propria identità, angeli racchiusi in corpi spesso abbruttiti dall’acne, da aumenti e diminuzioni ingrate di peso…
Siamo creature che si agitano confuse in questi corpi, in una specie di lotta di sopravvivenza, ognuno alla ricerca del proprio metaforico vestito, fatto su misura, la propria identità, che calza a pennello, ma che spesso si perde nella più rassicurante quanto talvolta frustrante identificazione di massa, "salvezza assassina" dello smarrimento adolescenziale.
Quello che è veramente difficile quando si è giovani, è smorzare qualche colore troppo vivo che dà fastidio alla vista, o abbassare qualche suono sordo e stridente che penetra sparato nelle orecchie…Tutto viene amplificato all’eccesso, tutto rimbalza dentro, penetra le membra con una violenza che l’età adulta sa attutire con più forza, come con più strati di pelle a disposizione…
La vittoria di questa lotta è solo su se stessi; da questa massa gelatinosa pressoché informe ne dovrà fuoriuscire l’opera completa, il capolavoro della personalità compiuta, che gli adulti che già si sentono addosso danno tanto per scontata.
Ed è soprattutto quando non si ha o non si cerca niente più per cui lottare all’esterno (Religione? Patria? Politica? Famiglia? Sono tutti concetti oggi fortemente sentiti come estranei, che stanno al di fuori, in alto, o lontano, sfumati nella storia…), che comincia una lotta sfrenata interna, come Don Chiscotte con i mulini a vento, forse chimere, fantasmi interiori, ma che fanno parte dell’istinto umano di sviscerare dei problemi e poi superarli…. Ma questo non lo fa un bambino, che non ne ha ancora preso coscienza e forse lo fa di meno un adulto, per cui la contingenza prende spesso il sopravvento.
Questo lo fa il giovane, creatura ipersensibile che si scontra per la prima volta con se stesso e con gli altri e perché no, con dei mulini a vento che gli altri non possono vedere ma che per questo non è detto che non esistano. Altrimenti io contro cosa sto lottando?

Giorgia Mantovani

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