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La ”sfiducia” del governo

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La "sfiducia" del governo

"L’ulivo non è morto!" Questa la frase pronunciata da Prodi e da Veltroni nel loro discorso a Bologna successivamente alla caduta del governo. Già il centro sinistra ha subito un grave colpo ma tornerà presto a far parlare di sé, almeno a quanto dicono i suoi esponenti. Tuttavia, nonostante tali dichiarazioni, la situazione politica attuale è molto grave: la storia dei cinquant’anni trascorsi dal 18 aprile 1948 è una storia di crisi giudicate quasi sempre "ingiustificabili", "imprevedibili", "piene di incognite per il paese", eppure questa volta ci sono molti elementi ad aggravare la situazione. E’ infatti senza precedenti che l’Italia affronti una crisi di governo mentre la situazione internazionale chiama la sua classe dirigente a responsabilità imponenti e che vanno al di là della dimensione nazionale: l’unione europea da consolidare, l’Euro che deve entrare in circolazione ormai a breve, la crisi del Kosovo, la finanziaria da approvare, e il nostro Paese rischia di dover affrontare tali difficoltà in piena instabilità politica, con un governo in qualche modo a sovranità limitata. "Il nostro governo è destinato a durare per 5 anni", "finalmente un po’ di stabilità, addio ai governi ballerini", queste le affermazioni e le scommesse del centro sinistra diviso in se stesso ma compatto nell’aprile di due anni fa quando salì al potere dopo mezzo secolo. Poi tutto si è dissolto come neve al sole: speranze, conquiste fatte e quasi tutti i guadagni accumulati dalla borsa in questo periodo, valeva veramente la pena di giocarsi tutto in questo modo e soprattutto in un momento, si deve ripetere, così delicato per l’Italia? Qualcuno ha insinuato che il segretario di rifondazione, Bertinotti, abbia accelerato la corsa al distacco dalla maggioranza suggestionato dalla vittoria dei socialdemocratici in Germania.
Potrebbe infatti aver pensato che nell’Europa dei quindici sono ormai ben sette i paesi governati dalla sinistra mentre sei dal centro sinistra e solo due, Spagna e Irlanda, lo sono dal centro destra. L’ondata sembra quindi favorevole alla sinistra: perché non tentare il "colpaccio" anche in Italia? In realtà l’onorevole Bertinotti non ha calcolato che Schroeder non ha vinto in Germania con un programma "classico" di sinistra, ha promesso "stabilità economica, il rifiuto di esperimenti in materia di sicurezza interna e continuità nella politica estera". Ma ha vinto soprattutto perché i tedeschi dell’ovest volevano disfarsi di un uomo, pur grande come Kohl, che li aveva trascinati riluttanti all’unità con quelli dell’est parificando il valore del marco occidentale con quello orientale e alla moneta unica europea e perché i tedeschi dell’est hanno punito l’ex cancelliere per non aver saputo realizzare un’economia disastrata da decenni di collettivismo in una florida economia di mercato. Non so se veramente Bertinotti si sia distaccato dalla maggioranza per questi motivi ma qualunque sia stato il fattore scatenante è necessario chiedersi, soppesando vantaggi e conseguenze negative, se ne valeva la pena: era davvero da preferire la possibilità di creare un dominio assoluto della sinistra o quantomeno un’asse di governo spostato più a sinistra alla scissione di rifondazione che è seguita al suo comportamento, alla grave incertezza in cui è piombato il paese e al dissesto economico che tutto ciò ha causato? Le colpe non sono certo da attribuire tutte al segretario di rifondazione, nei giorni precedenti allo "scivolone" dell’ulivo quasi tutti i leader dell’opposizione hanno affermato che votare la sfiducia al governo era "un gesto di lealtà verso gli elettori", e naturalmente fin qui nulla da dire, ma hanno quasi sempre aggiunto che era anche "un dovere per il bene del paese e per l’economia nazionale": strano come i politici riescano a nascondere sempre i loro giochini di potere, i calcoli e i loro interessi dietro grandi e altruistiche parole. Per motivi d’imparzialità c’è anche però da rilevare come effettivamente se i generali dell’ulivo fossero più uniti tra loro il voltafaccia di Bertinotti non sarebbe stato sufficiente a far cadere il governo. Purtroppo non c’era concordia, anzi covava da mesi una lotta intestina sempre più accesa tra Prodi e Veltroni da un lato e D’Alema e Marini dall’altro. Il contrasto è diventato evidente a partire dall’ingresso dell’Italia nell’Euro. Le motivazioni sono state le più varie e spesso si sono verificati improvvisi cambiamenti di fronte, con un crescendo che nelle ultime settimane ha toccato il culmine. Tuttavia una scena davvero poco edificante è stata l’esultanza dell’opposizione alla Camera al momento dell’annuncio da parte di Violante della caduta del governo, sicuramente questo ha fatto loro intravedere lo spiraglio delle elezioni e la possibilità di conquistare il potere, ma davvero questi uomini politici, rappresentanti del popolo, hanno anteposto le sorti dell’Italia ai loro interessi come devono fare gli onesti e retti uomini di stato come ci ricordano i greci antichi, maestri in fatto di democrazia? Non ci resta che sperare che le parti in campo e gli uomini che le guidano valutino con molta attenzione le decisioni che prenderà Scalfaro e le conseguenze che un loro fallimento potrebbe comportare.

Francesca Sessa

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