KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Visioni dall’interno

3 min read

VISIONI DALL’INTERNO

Annoiati come mosche di alta montagna decidemmo di recarci al cinema se non altro per sfuggire alla pioggia che ci aveva colto all’improvviso e come diversivo ai problemi che pendevano sulle nostre teste come spade di Damocle.
La locandina del cinema diceva Poeti dall’Inferno.
Benissimo, pensai silenziosamente. Amavo Rimbaud non potevo desiderare di meglio, ma per il mio compagno che oltre a non aver mai sentito parlare di poeti maledetti odiava tutta la letteratura, non era certo una serata di festa.
"Non vorrai entrare!?"
"L’alternativa e’ rimanere sotto la pioggia e proprio non mi va."
Risposi mentendo, velocemente, ed entrando nell’arena con uno scatto per non dargli il tempo di riflettere.
L’interno era molto piccolo e accogliente, dava l’idea di un salotto, anche in sala si respirava la stessa atmosfera, c’erano pochi posti a sedere sembrava non essere molto frequentata, forse a causa dei soli film d’essai in proiezione.
Trovammo un posto non troppo vicino allo schermo e senza dirci una parola attendemmo lo scorrere dei titoli di testa.
Dieci minuti dopo, ipnotizzata dalle forti luci e dal veloce susseguirsi di parole su l’immenso televisore che mi stava di fronte, quasi non mi accorsi di essermi trasportata a bordo di un treno che attraversava la campagna e di vedere per la prima volta me stessa.
Tutto inizio’ molto dolcemente. Salutai la mia famiglia e mi diressi a Parigi dove avrei incontrato Verlaine che ora mi sedeva accanto.
"Non credi che i poeti possano imparare uno dall’altro?"
"Soltanto i pessimi poeti."
Sono un’adolescente ma tu mi guardi con passione, cingi il tuo braccio destro attorno alle mie spalle e sorridendo avvicini le tue labbra al mio orecchio "Hai visto che bella fotografia?" "E’ il terzo occhio del poeta."
Vorresti amarmi, ma l’amore va reinventato.
Decido di evadere sotto la pioggia, la stessa pioggia che avevamo rifuggito, ma tu non hai intenzione di lasciarmi andare, mi rincorri, mi raggiungi, mi stringi le spalle per scaldarmi e mi porti a bere assenzio.
"Non sembra il Cabaret Voltaire? Vedrai che adesso qualcuno legge"
"Non credo che mi piacerà molto"
Mi alzai tronfia con un sorriso diabolico, mi arrampicai sui braccioli delle poltroncine dando le spalle al visore e urinai col mio virile attributo su una giovane donna dall’aspetto borghese, il suo accompagnatore dagl’occhi strabiliati ed un barbuto anziano solitario che sembro’ apprezzare alquanto.
"Smettetela di muovervi la’ davanti, non si vede niente"
Ci nascondiamo per la seconda volta sotto la pioggia, mi dai un bacio dalle labbra umide, solleticandomi coi baffi, lentamente mi sfili la camicia e mentre la candela si consuma e l’acqua tiene il ritmo, i nostri corpi si ritrovano danzanti petto contro schiena…"Basta! Fate silenzio. Se dovete parlare degli affari vostri uscite."
Mi sorridi con gli occhi e alzando le spalle torni all’attacco "Ti amo. E tu mi ami?" "Ti sono molto affezionata."
"Forse non posso venire a Londra con te."
"No! Noi dobbiamo partire. I giorni più belli li ho passati quando sono scappata da casa."
Ritraesti il braccio che sino ad allora aveva ornato il mio busto e dopo un lungo ed attento osservare Mathilde, la tua ex fidanzata che sedeva in fondo alla sala, decidi di seguirla mentre si allontana, con un una scusa:"Ho sete, vado al bar. Vuoi qualcosa?" "Assenzio" "Cosa?" "Ehm…No, nulla. Grazie".
Le luci si fanno sempre più colorate, le parole si sovrappongono, il sole mi acceca e col succedersi di alcuni suoi mattini vedo la tua ombra baciarsi di nuovo con la mia.
"Come mai ci hai messo tanto?"
"Sono andato in bagno." e dopo avermi brevemente stretto con le tremanti mani di chi ha appena commesso un delitto, sprofondi taciturno nel tuo sedile.
I tuoi ricatti, le tue continue sbronze, le tue patetiche scuse dopo ogni percossa, non vedo altro guardandoti, non c’e’ più niente da vedere.
Ho deciso di lasciarti.
Rabbioso carichi la pistola, la punti nella mia direzione facendo coincidere il secondo colpo col mio ritorno sul treno, in aperta campagna dove Paul concluse "Non credi che noi due assomigliamo a Rimbaud e Verlaine?"
"No. No, non credo."

Barbara Burgio

Commenta