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La Ballata di John

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La Ballata di John

John aveva 42 di febbre, l’angelo caduto nel piatto, il padre afflitto, ricurvo sul tavolo, la madre, impazzita, urlava, l’angelo danzava, danzava la morte, sul piatto di John, vuoto, le patate rotolate sul pavimento, macchiato di sangue, il sangue di John, che danzava, danzava la morte, con l’Angelo del Signore, venuto a riprendersi il respiro, il respiro di D-o, donato la notte, la prima delle notti, la notte che John pianse le prime lacrime, la madre urlò la gioia della primogenitura, il padre pregò, l’arrivo di John, che danzava la morte la notte di Rosh Hashanah, con l’Angelo del signore, venuto a benedire le patate, il piatto vuoto, i vestiti a righe, celesti e bianche, come i manti delle preghiere, avvolti sul cadavere di John, che aveva 42 di febbre, i denti dei cani nella carne, tenere delle cosce di un bambino di 4 anni, che non aveva mai visto l’Angelo del signore, che aveva mangiato solo patate, riso l’orrore, sognato il sole, accarezzato l’incubo, che non tremava i 42 di febbre, che levava le braccia all’aquilone, che cadeva dal cielo, come fosse l’Angelo del Signore, che non aveva mai visto , se non nelle preghiere del padre , nel sabato della madre, nelle due patate e nel poco brodo che poteva mangiare, prima di finire nel cielo delle colline, grigie, alberi come scheletri, delle campagne di Praga, la notte di Terezin, a volare come l’Angelo del Signore che danzava la morte, la morte dei vivi, la morte dei figli, la morte degli occhi e dei sorrisi, la notte che faceva freddo, a Praga, sul ponte desolato, vuoto, solo le statue dei santi, tradite, stuprate, il sangue nel fiume, l’odio dei carnefici, innocenti dagli occhi azzurri, i capelli biondi, neri come la morte che si venne a prendere John, che aveva 42 di febbre, dormiva nel fango, pisciava nei pantaloni, e che rideva quando vide l’Angelo di D-o, che gli portava via il respiro, rosa come l’alba, l’alba di Rosh Hashanah sulle colline di Praga.

Matteo Ranzi

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