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Diritto d’autore: le regole europee

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Diritto d’autore: le regole europee1

Nel dicembre 1997 fu approvata dalla Commissione delle Comunità europee2 la prima bozza di una proposta di direttiva "sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione".
Dopo anni di discussioni, il 14 febbraio 2001, il
Parlamento Europeo3 ha apportato una serie di emendamenti al testo i quali sono stati ritenuti accettabili dalla Commissione; di conseguenza il testo é stato approvato in via definitiva dal Consiglio il 9 aprile scorso.
Ora, per l’emanazione formale dell’atto si dovrà attendere che il Presidente del Consiglio UE di turno (svedese) e il Presidente del PE sottoscrivano la direttiva, che una volta pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee entrerà in
vigore4.
La proposta mira a garantire che vi sia un mercato interno dei diritti d’autore e dei diritti connessi, in particolare per quanto riguarda prodotti e servizi (sia in linea sia forniti da vettori) nella società dell’informazione. Essa rivede ed integra l’esistente disciplina comunitaria dei diritti d’autore per consentirle di far fronte alle sfide poste dalle nuove tecnologie.
La proposta recepisce parimenti le principali disposizioni dei due trattati internazionali conclusi il 20 dicembre 1996 sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO): il trattato WIPO sui diritti d’autore (WCT) ed il trattato WIPO sulle esecuzioni e sui fonogrammi (WPPT); in particolare per la Commissione la proposta risulta dunque necessaria (alla pari della ratifica da parte degli Stati membri) affinché la Comunità possa aderire a questi nuovi trattati WIPO.
Nell’articolo 1, rubricato "Campo di applicazione" è presente una lista di materie, già regolate da precedenti direttive, e non modificate dall’applicazione di questo provvedimento. Esse sono: la tutela giuridica dei programmi per elaboratore, il diritto di noleggio, il diritto di prestito, le trasmissioni via satellite e via cavo. Il considerando 19 esclude esplicitamente che le norme in questione incidano sui diritti morali che rimangono regolati dal diritto dei singoli Paesi nel rispetto delle disposizioni della Convenzione di Berna e dei trattati OMPI. Inoltre, di fatto, i diritti di utilizzazione economica di cui la direttiva si occupa sono esclusivamente il diritto di riproduzione, il diritto di comunicazione al pubblico ed il diritto di distribuzione.
Le motivazioni che spingono le istituzioni europee a tracciare le linee di una nuova disciplina nelle materie predette sono ampiamente spiegate in alcuni dei 60 considerando che precedono l’articolato
vero e proprio. Innanzitutto si afferma che "un quadro giuridico armonizzato…promuoverà notevoli investimenti in creatività ed innovazione" (considerando 4). La mancanza di armonia fra le legislazioni dei vari Stati introdotte per "rispondere alle sfide tecnologiche", genera "differenze significative in materia di protezione e, di conseguenza, restrizioni alla libera circolazione dei servizi e dei prodotti che contengono proprietà intellettuale, e dunque determina "una nuova frammentazione del mercato interno nonché un’incoerenza normativa". Ciò è tanto più vero in presenza di un sempre più marcato "sfruttamento transfrontaliero della proprietà intellettuale" (considerando 6).
Si afferma che: "per continuare la loro attività creativa ed artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere, come pure i produttori per poter finanziare tale creazione." (considerando 10).In termini più espliciti, la preoccupazione evidente, alla base della direttiva è quella di riuscire a far rientrare le operazioni tipiche della navigazione Internet e del prelievo di file all’interno delle categorie previste dalle legislazioni del diritto d’autore; in particolare sotto il profilo dello sfruttamento economico delle opere. E ciò per l’appunto, viene fatto non definendo un "diritto d’autore di Internet" (nome, quest’ultimo, mai citato in tutta la direttiva), ma "allargando", "riconfigurando" le categorie esistenti per far sì che la Rete sia certamente coinvolta dalle norme a tutela della proprietà intellettuale. Questo metodo peraltro è anche esplicitato nel considerando 5.
Per meglio comprendere, in altre parole, quale sia uno dei cardini giuridici attorno a cui ruota la direttiva è necessario sottolineare le difficoltà nelle quali ci si è imbattuti nel descrivere, alla luce delle nostre norme sul diritto d’autore, le operazioni che normalmente si svolgono in Internet. I diritti di utilizzazione economica che la direttiva prende in considerazione sono il diritto di riproduzione, di comunicazione al pubblico e di distribuzione. Il problema che si è posto per inquadrare giuridicamente la navigazione in Internet è stato quello relativo all’attività di offerta di contenuti sul web e dunque della trasmissione a soggetti che al sito accedono. Tutto ciò potrebbe costituire un esercizio del diritto di diffusione, cosi’come previsto dall’art.16 della
legge italiana sul diritto d’autore5? Oppure quale altro diritto di utilizzazione economica verrebbe interessato?
Tale problema è rilevante in quanto, come è noto, in base al disposto dell’art.107 LDA, ogni diritto di sfruttamento economico è autonomo rispetto agli altri. L’eventuale cessione di ciascun diritto non implica mai la cessione di un altro dei diritti che gli
artt.126 e SS. prevedono. È dunque importante, di volta in volta, chiarire quali, fra i molti diritti che i suddetti articoli individuano, vadano a meglio definire il tipo di sfruttamento economico che intendiamo esercitare. Il diritto di diffusione è quel diritto esclusivo preso in considerazione laddove si impieghi "uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata con condizioni di accesso particolari" (art.16 LDA). Da più parti si è ritenuto che l’ampiezza della formula usata, il carattere esemplificativo (segnalato dall’uso del termine ‘quale’), e la locuzione "mezzi analoghi" consentisse di ritenere il web-siting assimilabile ai mezzi di comunicazione suddetti: le "trasmissioni" web come le trasmissioni televisive.
Diversamente si è invece ritenuto che il tutto fosse meglio inquadrabile nella categoria del diritto di distribuzione ex.art.17 LDA, il quale ha per oggetto "il diritto di mettere in commercio, di porre in circolazione o comunque a disposizione del pubblico, con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo, l’opera o gli esemplari di essa…".
L’ipotesi è stata ritenuta plausibile in quanto ogni volta che un singolo utente accede ad un sito la visualizzazione del suo contenuto è offerta a questi in maniera individualizzata (diversamente che nelle trasmissioni televisive), dunque vi è una vera e propria traditio dei contenuti.
In senso contrario, si è, invece, obiettato che la distribuzione sovente prevede una preventiva moltiplicazione in copie e poi una cessione, cosa che non avviene in Rete e, che, comunque, l’in sé del web-siting non è cedere qualcosa a qualcuno ma consentirgli il godimento dei contenuti del sito.
È rilevante comprendere quali dei due diritti inquadri meglio la pubblicazione di siti in Internet anche perché mentre il diritto di distribuzione è soggetto all’esaurimento (cioè si considera che alla prima cessione si esaurisce il potere, per colui che detiene inizialmente quel diritto, di controllare ogni successiva rivendita o distribuzione di quell’opera), nel caso del diritto di diffusione ogni singola utilizzazione continua a considerarsi una forma di sfruttamento economica dell’opera.
Su questo aspetto, la direttiva europea afferma, nell’art. 3, che è riconosciuto agli autori "il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente".
In questo modo, utilizzando la categoria della "comunicazione al pubblico", già presente nella Convenzione di Berna (art. 11 bis) e nel Trattato WIPO (art. 8), e da considerarsi assimilabile nella nostra legislazione al diritto di diffusione, la direttiva ha decretato che sussiste la suddetta comunicazione anche laddove il godimento dell’opera scaturisca da una scelta di luogo e di tempo dell’utente stesso. Ciò che esattamente avviene nella navigazione in Internet e che differenzia questo strumento, ad esempio, dalla televisione.
Il considerando 23 del resto sottolinea che "La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine."
La direttiva si occupa anche di ridefinire il diritto di riproduzione. L’intenzione è quella di potere meglio controllare, mediante una migliore definizione normativa, tutto quell’ampio sistema di condivisione di opere, in particolare musicali (MP3), ma presto anche video e cinematografiche che, a giudizio delle case discografiche, sta arrecando grave danno al mercato.
Il dubbio che, in passato, anche qui, era sorto era se potesse essere considerata riproduzione (ai sensi dell’art.
13 LDA7) la copia conseguita con download. Infatti la riproduzione si è sempre considerata fissazione su supporto materiale. Prima su carta e poi su dischi, nastri, videocassette, CD.
Ora ci stiamo invece occupando di opere immateriali che rimangono immateriali e non trovano una fissazione di tipo ‘fisico’: esse semplicemente, sotto forma di byte, viaggiano dal server di provenienza per i mille fili della Rete e convergono su un hard disk di un utente qualsiasi, ove riappaiono sotto forma di file. Su questo punto la direttiva ha, nell’art. 2, voluto fornire un’ampia definizione di riproduzione affermando che: "Gli Stati membri riconoscono" agli autori, agli interpreti, agli esecutori, ai produttori discografici, ai produttori cinematografici e ai produttori televisivi, "il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte".
Le espressioni "riproduzione diretta ed indiretta" e "in qualunque modo", nonché i numerosi riferimenti presenti nei considerando (ad esempio in materia di riproduzione temporanea – considerando 33), rendono manifesta la volontà di allargare il concetto di riproduzione, sottesa ad esempio allo specifico diritto ex art. 13 LDA, anche alle ‘copie’ immateriali e digitali che si effettuano mediante download.
Allo stesso tempo si è voluto ribadire il diritto in capo agli autori di autorizzare o meno forme di distribuzione al pubblico delle loro opere o di copie mediante la vendita o in altro modo. È previsto anche l’esaurimento del diritto sempre che la prima vendita sia stata effettuata, nella Comunità, dal titolare del diritto o col suo consenso (art. 4).
Il concetto di distribuzione ed il relativo diritto era stato già rivisto, nella nostra legislazione, con il recepimento di una direttiva della Comunità del 1992 che ha provocato la modifica dell’art.17 LDA (e l’introduzione dell’art.
18bis8). Le modifiche dell’articolo già allora riflettevano la volontà di consentire delle modalità di commercializzazione e messa a disposizione anche su supporti digitali ed immateriali. La direttiva dunque sancisce definitivamente, anche per quanto riguarda le modalità tipiche della "Società dell’Informazione" il diritto degli autori sulle loro opere distribuite mediante i nuovi strumenti tecnologici.
Di grande importanza è la trattazione che la direttiva fa in merito alle limitazioni dei diritti di utilizzazione economica degli autori (e degli esecutori, interpreti, produttori etc.). L’art. 5 delinea nel paragrafo 1, un’esenzione riguardante tutte quelle riproduzioni a carattere temporaneo finalizzate alla trasmissione in rete o comunque ad un utilizzo legittimo dell’opera. È il caso del caching, cioè la necessaria memorizzazione preventiva e temporanea che permette ad ogni singolo computer di visualizzare le pagine web. Come è noto, infatti, i singoli file relativi alla pagina HTML, alle immagini, alle musiche, alle animazioni etc. vengono preventivamente memorizzati all’interno della memoria cache la quale, temporaneamente, contiene i file destinati poi a comporre la pagina mostrata a video.
Molte di queste limitazioni si avvicinano a quelle già presenti nella nostra legge sul diritto d’autore negli artt.65 e ss. sotto il nome di "Utilizzazioni libere".
Particolare attenzione merita proprio la possibilità prevista dal paragrafo 2, lett. b), dove si prescrive che gli Stati membri possono prevedere limitazioni al diritto di riproduzione per ciò che riguarda "le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini non commerciali diretti o indiretti a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all’articolo 6 all’opera o agli altri materiali interessati."
Il problema della copia privata si era posto in passato a proposito delle copie effettuate artigianalmente da chiunque su cassette audio e video di brani musicali e film. In Italia, come negli altri Paesi, constatata l’impossibilità pratica di impedire siffatte operazioni di riproduzione, si sono adottate delle norme (l. 5 febbraio 1992, n.93) che prevedono che una parte del prezzo di vendita delle cassette vergini audio e video e degli apparecchi di riproduzione finisca alla SIAE (www.siae.it), che li ripartisce poi agli autori ed ai loro aventi causa.
Si comprende facilmente come finora nessun artista ha ricevuto dei soldi, ad esempio, per le copie di file musicali circolate in formato Mp3 in Rete. La direttiva ribadisce dunque che anche per le riproduzioni in copie private in formato digitale vada corrisposto un equo compenso agli aventi diritto. Ovviamente non vi deve essere fine di lucro ed il tutto deve rimanere nell’ambito privato altrimenti ci troveremmo di fronte ad una forma vera e propria di sfruttamento economico per la quale è necessaria una cessione del relativo diritto a tutti gli effetti.
La misura del compenso viene inoltre legata all’aver o meno apposto una forma di protezione tecnologica.
Gli effetti sulla normativa italiana
L’applicazione della direttiva potrebbe portare, al momento della sua traduzione in un provvedimento legislativo nazionale, ad alcuni conflitti con le norme in vigore nella legge sul diritto d’autore, ed in particolare rispetto alle più severe prescrizioni introdotte da ultimo con la legge 18 agosto 2000, n.248. Difatti, come è noto, dopo la riforma dell’art.171bis della LDA, viene penalmente sanzionato chiunque "per trarne profitto", abusivamente duplichi (ma anche venda, detenga a scopo commerciale o imprenditoriale, o conceda in locazione) programmi contenuti in supporti senza il necessario bollino SIAE. Fra le principali novità vi è stato proprio l’aver mutato le modalità del dolo della precedente fattispecie di reato, che erano invece incentrate sul "fine di lucro", determinando così (al di là di quelle che erano state le alterne letture interpretative della nozione di "lucro") un sicuro ampliamento delle condotte passibili di sanzioni.
La nozione di profitto adottata tende, infatti, a ricomprendere al suo interno ogni tipologia di vantaggio patrimoniale che può derivare da una certa azione. Non solo, pertanto, un vantaggio patrimoniale diretto che veniva (nella generalità dei casi) attribuito al "lucro" ma anche, ad esempio, il profitto ritraibile dal risparmio dei costi.
Come in precedenza sottolineato, la direttiva, fra le "eccezioni e le limitazioni" ai diritti degli autori, all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b prevede la possibilità di una copia effettuata "da una persona fisica ad uso privato" e per fini non commerciali diretti o indiretti (salvo corresponsione di equo compenso). Considerando che con la locuzione "fini commerciali" ci si avvicina molto al fine di lucro (anzi è un nozione addirittura più specifica e particolare) e si rimane certamente distanti da quello di profitto, si delinea una palese diversità di trattamento fra la direttiva e l’attuale articolo 171-bis LDA. Difatti viene a crearsi un’area (tra il fine di profitto e quello di lucro o di commercio) che la legge italiana vede come reato e quella europea come una forma di libera utilizzazione (salvo compenso).
Inoltre le varie versioni di questo articolo hanno portato alla progressiva eliminazione dell’espressione "uso strettamente personale", inizialmente adoperata, in favore della locuzione "uso privato". Si ricorda che nella nostra LDA per uso personale si intende un uso strettamente legato alla persona e si differenzia dall’uso privato che è invece indicativo di un utilizzo in un ambito anche di più persone ma comunque chiuso, non pubblico e, pertanto, non fruibile da chiunque.
A questo punto è legittimo domandarsi, alla luce delle espressioni attualmente utilizzate dalla legge, se sia comunque consentita la copia finalizzata ad un uso personale senza neanche la necessità dell’equo compenso, richiesto invece per la copia privata.
Sarà, a questo proposito interessante vedere come il legislatore risolverà la questione.
Anche per quanto riguarda le opere dell’ingegno destinate "al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento", l’art.171ter della Legge italiana sul Diritto d’Autore prevede che sia sanzionata penalmente la duplicazione delle stesse, (oltre che la riproduzione, la trasmissione, la diffusione in pubblico etc.), per fini di lucro, purché non sia effettuata per uso personale.
Ora, nel momento in cui l’art. 171-ter limita la soglia di punibilità "all’uso non personale" individua una soglia assai più avanzata rispetto a quello della direttiva che fa invece riferimento all’uso privato (pur dietro pagamento del suddetto compenso) e comunque si considera, anche qui, reato ciò che la direttiva vede come eccezione o limitazione al diritto dell’autore.
Anche in questo caso il legislatore dovrà tenere conto delle norme europee, dal tenore certamente meno rigido di quelle attualmente in vigore nel nostro ordinamento. Potrebbe essere forse questa l’occasione per provvedere a quella riforma, già da più parti auspicata, delle pur recenti norme introdotte dalla legge 248 del 2000.

Alberto Monari

"Quello che ha inventato la ruota era un idiota.
E’ quello che ha inventato le altre tre che era un genio".
Sid Caesar

1
Confronta "L’Europa verso l’armonizzazione – 1 e 2 di G.M. Rinaldi (Docente nel corso di Diritto dell’information technology, presso la Luiss Management), articoli pubblicati su Interlex (www.interlex.it) il 28/3/2001 e il 12/4/2001.

2
Si ricorda che nel sistema comunitario, la Commissione (che molti semplificando, definiscono "il govero dell’Europa") é una istituzione dalle svariate funzioni; ha innanzitutto, la funzione "esecutiva" (in effetti come un governo) dei provvedimenti adottati dal Consiglio dell’UE (dove sono riuniti i rappresentanti dei Governi dei paesi membri) e dal Parlamento europeo (dove siedono i rappresentanti dei popoli delle nazioni europee), una limitata funzione "legislativa" (attribuitale dai Regolamenti delle altre sopracitate istituzioni) ma soprattutto il potere di "iniziativa" che esercita (con poche, secondarie, eccezioni) in via esclusiva. In altre parole i parlamentari europei, ad esempio, non hanno l’iniziativa per proporre direttive e regolamenti, ma tutto deve partire da una proposta della Commissione (formata attualmente da 20 commissari) che, seppure nominati in accordo tra i Governi degli stati membri "esercitano le loro funzioni in piena indipendenza e nell’interesse generale della comunità" (art.213 2° comma Trattato CE).

3
Poiché la materia oggetto di questa proposta attiene alla instaurazione del mercato interno (unico) fra i 15 paesi membri attraverso il riavvicinamento delle disposizioni legislative, l’iter per la sua adozione, é quello della "CODECISIONE" (art.251 TCE) che prevede che sia il PE che il Consiglio raggiungano un accordo sul medesimo testo normativo.

4
Vi é da tenere conto che nel caso ci troviamo di fronte ad una "Direttiva", cioé ad un atto che é vincolante "nel risultato". I paesi membri disporranno di un termine (18 mesi) entro il quale adeguare il proprio ordinamento giuridico, in modo che possano essere raggiunti i risultati previsti dalla Direttiva.

5
Legge 22 aprile 1941 n. 633 Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio:
Art. 16
Il diritto esclusivo di diffondere ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata con condizioni di accesso particolari.

6
Diritto di pubblicazione, di utilizzazione economica dell’opera, di moltiplicazione della stessa, ecc. ecc.

7
Art. 13
Il diritto esclusivo di riprodurre ha per oggetto la moltiplicazione in copie dell’opera con qualsiasi mezzo, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, la incisione, la fotografia, la fonografia la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione.

8
Art. 17
1. Il diritto esclusivo di distribuzione ha per oggetto il diritto di mettere in commercio, di porre in circolazione o comunque a disposizione del pubblico, con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo, l’opera o gli esemplari di essa e comprende, altresì, il diritto esclusivo di introdurre, ai fini di distribuzione, nel territorio degli stati dell’Unione Europea le riproduzioni fatte negli stati extracomunitari.
2. Non costituisce esercizio del diritto esclusivo di distribuzione la consegna gratuita, effettuata o consentita dal titolare di esemplari delle opere a fini promozionali ovvero a fini di insegnamento o di ricerca scientifica.
Art. 18-bis
1. Il diritto esclusivo di noleggiare ha per oggetto la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti di opere, tutelate dal diritto d’autore, fatta per un periodo limitato di tempo ed ai fini del conseguimento di un beneficio economico o commerciale diretto o indiretto.
2. Il diritto esclusivo di dare in prestito ha per oggetto la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti di opere, tutelate dal diritto d’autore, fatta da istituzioni aperte al pubblico, per un periodo di tempo limitato, a fini diversi da quelli di cui al comma 1.
3. L’autore ha il potere esclusivo di autorizzare il noleggio o il prestito da parte di terzi.
4. I suddetti diritti e poteri non si esauriscono con la vendita o con la distribuzione in qualsiasi forma degli originali, di copie o di supporti delle opere.
5. L’autore, anche in caso di cessione del diritto di noleggio ad un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, conserva il diritto di ottenere un’equa remunerazione per il noleggio da questi a sua volta concluso con terzi. Ogni patto contrario è nullo. In difetto di accordo da concludersi tra le categorie interessate quali individuate dall’articolo 16, primo comma, del regolamento, detto compenso è stabilito con la procedura di cui all’articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale 20 luglio 1945, n. 440.
6. I commi da 1 a 4 non si applicano in relazione a progetti o disegni di edifici e ad opere di arte applicata.

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