Giuseppe Tomasi di Lampedusa
(Il Gattopardo)
Ben pochi cittadini si sono accorti che lo scorso 8 novembre il nostro sistema Costituzionale ha subito una profonda "rivoluzione". Quel giorno, infatti, probabilmente nemmeno i (pochi) elettori che parteciparono al referendum confermativo del 7 ottobre scorso (che ha concluso il procedimento di revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione2) sapevano che è entrata in vigore la Legge Costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001, la quale è andata a modificare (arrivando anche ad abrogarne qualcuno) ben 20 articoli della nostra Carta Fondamentale3.
Cominciamo a commentare4 questa riforma partendo dai grandi principi che si sono voluti riaffermare con tale intervento, per finire col prendere in considerazione qualche aspetto "problematico" della riforma, che già nei giorni immediatamente successivi all’entrata in vigore, ha provocato molti dubbi interpretativi ed incertezze nella prassi applicativa agli amministratori locali, di fronte alla venuta meno di una serie di norme costituzionali ben consolidate e di tutta una serie di norme ordinarie che si poggiavano sulle Regole abrogate5.
Gli effetti della riforma potrebbero incidere profondamente sul ruolo e sulle competenze delle Regioni e degli Enti locali, delineando uno scenario in cui le autonomie locali dovrebbero svolgere un ruolo di primo piano nello sviluppo del loro territorio.
Innanzi tutto, la maggior parte degli esperti giuristi di Diritto Costituzionale qualifica questa riforma nel senso di una piena realizzazione di un "Regionalismo in uno Stato unitario sociale" a differenza, quindi, delle fonti giornalistiche che preferiscono semplificare grossolanamente, affermando che con questa riforma si è realizzato nel nostro Paese il "federalismo".
Lo Stato è "sociale" in quanto il nuovo articolo 117 della Costituzione elenca fra le materie in cui il Parlamento nazionale legifera in via esclusiva anche (lettera m) la "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale", per cui le Autorità Centrali sono in grado di garantire, con propria legge, l’uniformità dei livelli minimi delle prestazioni sociali da assicurare ai cittadini di tutte le Regioni; inoltre questa tendenza all’unità e solidarismo viene riaffermata attraverso il nuovo articolo 119, che prevede al 3 comma che "La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante…".
Procedendo in ordine, qualche dubbio sulla corretta formulazione del nuovo articolo 1146 sorge in chi scrive, quando ci si rende conto che omettendo i primi elementi dell’elenco del 1 comma, si ritrova l’assunto "La Repubblica è costituita…dallo Stato", curiosa tautologia, se non fosse che l’uso del termine Stato (quando non accompagnato dalla specificazione "centrale" o "federale") può in teoria porre dei problemi interpretativi rispetto ad altri articoli della Costituzione. É chiaro che qui il legislatore ha inteso usare il termine per indicare la componente più grande rispetto a tutti gli altri enti locali minori, ma a rigore come potrebbe essere interpretato l’articolo 7 della Costituzione che dice "Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi…", forse che i rapporti dello Stato con la Chiesa debbano passare prima dai Comuni e dalle Province? L’interrogativo appare lezioso eppure la dottrina se l’è posto.
Anche l’inclusione delle "Città metropolitane" appare più come una buona speranza che come un’effettiva necessità, dato che, di fatto, queste entità intermedie non esistono ancora7; tuttavia è da apprezzare l’indicazione di Roma come capitale, assunta a livello costituzionale.
Il 2°comma dell’articolo 114 riprende poi, allargando il concetto all’autonomia statutaria, lo stesso principio contenuto nell’art.1158, che è stato inopinatamente abrogato rompendo l’ordine consecutivo della Costituzione, per la prima volta dal 1948 ad oggi.
L’articolo 116 sancisce l’ingresso in Costituzione del "bilinguismo9", le Regioni in cui sono presenti minoranze che parlano lingue diverse dall’Italiano vengono indicate nelle 2 lingue.
La "rivoluzione" riguarda però l’art.117, che ribalta il testo previgente (fondato sulle elencazione precisa delle materie nelle quali alla regione era concesso legiferare10), indicando ora al primo comma11, che le Regioni legiferano in pratica su tutte le materie non espressamente riservate allo Stato, salvo poi elencare al secondo comma12 una lunga sequela di materie (non tutte condivisibili: un solo esempio, che senso ha impedire ad ogni singola regione di legiferare nel campo della "previdenza sociale" -lett.o- se vi è la già ricordata clausola della lettera m) che affida allo Stato la determinazione dei livelli minimi di prestazioni sociali?), materie riservate alla legislazione (e successiva Regolamentazione attuativa, 6°comma) esclusiva dello Stato, elenco, per altro a mio parere troppo dettagliato nella forma, per trovare posto in una Costituzione (atto che dovrebbe contenere solo affermazioni di principio generalissime, per arrivare ai particolari solo attraverso leggi ordinarie attuative, o deduzioni interpretative ed analogia).
Vi è poi, il 3° comma del medesimo articolo13 che elenca le (numerose) materie di legislazione concorrente, per le quali cioè lo Stato stabilisce i principi generali con proprie norme e le Regioni legiferano nel rispetto di quei principi per poi, soprattutto, attuare tutte le norme con proprio regolamento (non sarà più possibile, in altri termini, avere in materia sanitaria, ovvero "tutela della salute", regolamenti di origine statale, per es. Decreti del Ministro della Salute in casi di emergenza sanitaria!).
L’articolo 11814 sancisce il passaggio di tutte le funzioni amministrative ai Comuni (espressione questa del principio di sussidiarietà nella sua accezione "verticale", per il quale cioè, le funzioni pubbliche devono essere esercitate al livello più vicino ai cittadini, fatto salvo l’intervento sussidiario del livello di governo più alto -Regione o Stato- in caso di inerzia o insufficienze del Comune). Tale passaggio potrebbe, in teoria e secondo un interpretazione rigorosa del testo, rendere illegittima anche l’attività amministrativa dei Ministeri romani15!
Il 4° comma dell’art.11816 afferma (in modo apprezzabile) in Costituzione, l’accezione "orizzontale" della sussidiarietà, quella per cui i cittadini organizzati in associazioni (o singolarmente) esercitano in via principale funzioni di "interesse generale" (es. l’assistenza agli anziani o il soccorso degli infermi) salvo l’intervento dei pubblici poteri in caso di insufficienza dell’iniziativa privata.
Ciò nonostante, la fonte principale di difficoltà per i poteri locali consiste nello sconvolgimento del sistema dei controlli Statali (sugli atti delle Regioni) e Regionali (sugli atti di Provincie e Comuni), verificatosi in seguito all’abrogazione del 1°comma dell’art.12517 e dell’art.13018.
Infatti, secondo la dottrina dominante19 l’abrogazione dell’art.130 determina la cessazione della norma attuativa. La stessa regola si applica sia ai controlli statali sulle Regioni che a quelli regionali sugli enti locali. Lo stesso vale per la figura del Commissario di Governo prevista dall’art.124 della Costituzione20, ora abrogato. Come noto, il previgente art.127 prevedeva una complessa procedura alla quale ogni legge regionale, approvata dal Consiglio, doveva essere sottoposta per poter essere promulgata; in sintesi la legge doveva passare un controllo da parte del Governo centrale, il quale, in presenza di vizi21 poteva rinviarla allo stesso Consiglio. A questo punto poteva aprirsi una fase "contrattuale" tra Governo e Regione la quale poteva sfociare davanti alla Corte Costituzionale per dirimere il conflitto tra poteri dello Stato. Col nuovo art.12722, la sola possibilità rimane quest’ultima, con un prevedibile aggravio della mole di lavoro della Consulta.
Interessante la soluzione raggiunta in tema di "poteri sostitutivi del Governo" dal nuovo art.12023, anche se rimane invariato il primo comma che aveva un senso nella precedente formulazione (in tema di divieto di frapporre ostacoli alla libera circolazione delle merci, dei cittadini e dei lavoratori), ma che ora appare completamente slegato dal resto della norma.
Indubbiamente, alle Regioni sono state fatte importanti concessioni in quanto a materie di competenza esclusiva (es. Industria, Commercio, Agricoltura ecc.), ed altrettanto in materia di legislazione concorrente (Commercio Estero. Ordinamento della Comunicazione, produzione e distribuzione dell’energia, ecc.) ma i limiti nell’esercizio di queste competenze sono abbastanza indefiniti (l’art.117 al 1° comma parla di "rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali"), tanto che alcuni studiosi nutrono già dei dubbi sulla Costituzionalità della stessa legge finanziaria, in discussione in questi giorni in Parlamento, in quanto per la sua vastità andrebbe a toccare alcuni campi già passati nelle competenze esclusive delle Regioni.
In particolare, con riferimento alla ripartizione delle Competenze tra stato e Regioni sussiste una certa confusione sul "chi deve fare cosa"… un esempio su tutti: l’Agricoltura è materia di competenza esclusiva della Regione (in quanto non è indicata né fra le materie esclusive dello Stato né fra le materie concorrenti con la Regione), cionondimeno la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art.117 lett. s), attività strettamente connessa all’Agricoltura, è di competenza esclusiva dello Stato. Ci si chiede: chi deve agire di fronte ad un problema agricolo con forti implicazioni ambientali?
Ma ci si chiede ancora, come queste norme potranno essere attuate? La preoccupazione maggiore di operatori e giuristi riguarda la totale assenza di norme di transizione che stabiliscano con chiarezza come attuare queste norme e principi costituzionali, che stabiliscano che fine fanno le leggi ordinarie non più giustificate o coperte da norme costituzionali abrogate, che attribuiscano agli enti locali (Comuni e Province) quelle funzioni amministrative che la Costituzione loro attribuisce.
Qualche commentatore24 ha parlato di autonomie nel caos dopo la riforma della Costituzione, in quanto sono numerosi i dubbi ancora da sciogliere, dalla competenza a verificare il rispetto delle scadenze sui bilanci degli enti, al controllo prefettizio sugli appalti a rischio di infiltrazione mafiosa, per finire con la mancanza di un referente istituzionale per i consiglieri provinciali e comunali che intendono impugnare le delibere delle giunte. Ed è paradossale come tutto ciò sia dovuto alla mancanza di "copertura costituzionale" di numerose norme del citato Decreto Legislativo 267 del 2000, approvato solo l’anno scorso dal Governo Amato.
Il rischio è che col passare del tempo, questo sistema incompiuto se non adeguatamente supportato da leggi chiare, di provenienza statale, ma concordate con Comuni, Provincie e Regioni, divenga una prassi consueta di azione degli enti locali, come se la riforma ed i suoi principi non fossero mai stati scritti.
Per concludere questo commento, che ha toccato solo alcuni aspetti problematici delle nuove norme, sembra che al di là delle buone idee, che indubbiamente si possono ritrovare in questa profonda rivisitazione del Titolo V della Costituzione, la riforma sia andata in porto25 quasi solo per adempiere all’impegno formale, preso con l’opinione pubblica, di realizzare quelle riforme istituzionali che da anni il Paese aspettava, ma che avrebbero richiesto una modifica ben più vasta, organica e impegnativa, la quale combinasse interventi sull’assetto istituzionale della forma di stato (grande è stata la delusione sulla mancata trasformazione del Senato in Camera rappresentativa dei poteri locali), e revisioni della forma di governo, e che soprattutto avesse previsto, in modo organico e sistematico, le modalità di attuazione e transizione al nuovo sistema. La materia è in continuo divenire, in quanto l’attuale Governo (pur espressione di una maggioranza politica diversa da quella che ha approvato la riforma), ha il dovere di superare le difficoltà e applicare per quanto possibile il testo riformato26, anche se sul tema le idee della Casa delle libertà paiono diverse essendo già in dirittura d’arrivo un progetto di ulteriore revisione della Costituzione, per realizzare la c.d. "devolution", progetto approntato dalla Lega Nord.
Nell’attesa, il Governo ha proposto la costituzione27 di una "Cabina Nazionale di Regia", vale a dire di un organo di coordinamento e di confronto permanente, composto da Rappresentanti delle Regioni, delle Autonomie locali e del Governo stesso, che discuta ogni aspetto dell’applicazione della riforma al fine di prevenire i potenziali conflitti, tra poteri locali e amministrazione centrale dello Stato.
La passata 13° legislatura era iniziata il 9 maggio 1996; la riforma del Titolo V è stata approvata in via definitiva28 dal Parlamento l’8 marzo 2001, vale a dire a due o tre giorni prima della fine del mandato e dell’inizio della Campagna elettorale per le elezioni del 13 maggio…
Non rimane che auspicare che ogni successivo intervento sul testo della Carta sia effettuato con più attenzione (soprattutto alle conseguenze attuative), con più rispetto (senza arrivare ad abrogare articoli come se la Costituzione fosse una qualsiasi legge ordinaria) e che le scelte siano tali da essere il più ampiamente condivise, sia dalla rappresentanza parlamentare, sia dal corpo elettorale (si è calcolato che fra astenuti e voti contrari, al referendum 2 elettori su 10 si sono espressi a favore della riforma), in modo tale che le riforme possano vincere la prova del tempo, e non dover essere riviste (o completate) dopo pochi anni o mesi.
(seguirà una circolare esplicativa)"
(scritta apparsa a Parigi durante il maggio 1968)
Nell’immagine ritratto di Vincenzo Gioberti (1801-1852)
(teorico del federalismo in Italia in epoca Risorgimentale)
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"La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
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1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche’ alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali…
Articolo 23 Citta’ metropolitane
1. Nelle aree metropolitane di cui all’articolo 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguita’ territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all’attivita’ economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in citta’ metropolitane ad ordinamento differenziato…
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Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione
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1°c.: Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale…
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La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni:
ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;
circoscrizioni comunali;
polizia locale urbana e rurale;
fiere e mercati;
beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera;
istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;
musei e biblioteche di enti locali;
urbanistica;
turismo ed industria alberghiera;
tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale;
viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;
navigazione e porti lacuali;
acque minerali e termali;
cave e torbiere;
caccia;
pesca nelle acque interne;
agricoltura e foreste;
artigianato.
Altre materie indicate da leggi costituzionali.
Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.
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La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
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Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
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Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
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Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali… Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà…
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Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
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Un organo della Regione (CO.RE.CO, Comitato Regionale di Controllo, n.d.a.), costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti locali.
In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.
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Un commissario del Governo (solitamente il Prefetto del capoluogo di regione, n.d.a), residente nel capoluogo della Regione, soprintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione.
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Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della Regione o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre Regioni, la rinvia al Consiglio regionale…
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Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente valore di legge.
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La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
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Parte II-Titolo VI-Garanzie Costituzionali-Sezione II
Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali.
Art.138.
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
"…Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi…"
Alberto Monari
"E’ LA RIVOLUZIONE
Le principali linee argomentative di questo articolo si basano sulle tesi esposte durante il Convegno: "Riforma della Costituzione, ruolo e competenze della Regione e degli Enti Locali dopo il Referendum Confermativo", organizzato dalla Provincia di Modena e tenutosi il 14/11/2001.
TITOLO V – LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI (Artt.114/133)
E’ senza dubbio la più imponente modifica del testo costituzionale dal 1948 (anno di entrata in vigore) ad oggi.
I relatori del citato convegno sono stati: il Prof.Ugo De Siervo (Ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Firenze), il Prof.Massimo Carli (Associato di Diritto Regionale presso la medesima Università) e il Prof.Luciano Vandelli (Assessore della Regione Emilia-Romagna all’Innovazione Amministrativa e Istituzionale e Autonomie Locali).
Ricordiamo che nella gerarchia delle fonti del diritto italiano, al vertice si trovano la Costituzione e le Leggi Costituzionali (le norme fondamentali dell’ordinamento, inderogabili dalle fonti sottostanti, che possono essere modificate o adottate con un procedimento lungo e complesso previsto dall’articolo 138 della Costituzione stessa), al di sotto si pongono le leggi Ordinarie (approvate con semplice votazione a maggioranza dai due rami del Parlamento), che spesso intervengono ad attuare nel dettaglio i principi generali contenuti nella Costituzione.
Art.114 (Nuova formulazione)
La "Città Metropolitana" è un Ente locale istituito dalla Legge142/1990 (di riforma delle autonomie locali), dotato di autonomia statutaria. Il Decreto Legislativo n. 267/2000 (Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 "Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali"-Gazzetta Ufficiale n. 227 del 28 settembre 2000) che recentemente ha sostituito la 142, al Capo III ridisciplina le Aree Metropolitane: Articolo 22 Aree metropolitane
Art.115 (Abrogato)
Art.116 (nuova formulazione)
Art.117. (vecchia formulazione)
Art.117 (nuova formulazione 1°comma)
Art.117 (nuova formulazione 2°comma)
Art.117, 3°comma (nuova formulazione)
Art.118 (nuova formulazione)
L’opinione è di De Siervo cit.
Art.118, 4°comma (nuova formulazione)
Art.125, 1°comma (abrogato)
Art.130 (abrogato)
Oltre ai relatori del convegno citato, si ricorda l’autorevole costituzionalista Augusto Barbera nell’articolo "Sui segretari l’ombra delle Regioni", Il Sole 24 Ore del 22/10/2001, pag.25.
Art.124 (abrogato)
Art.127, 3°comma (vecchia formulazione)
Art.127 (nuova formulazione)
Art.120 (nuova formulazione)
Cfr. Achille Maccapani e Gianni Macheda "Enti nel caos dopo la fine dei controlli", "Italia Oggi" del 16/11/2001, pag.17.
Per altro senza quel consenso parlamentare auspicato dalla Costituzione (i 2/3 dei voti dei componenti di ciascun ramo, nella 2° votazione), mancanza che ha permesso di attivare il meccanismo referendario.
A tal riguardo è da segnalare una nota stampa in seguito della riunione della Commissione Affari Costituzionali della Camera del 8/11/2001, che afferma la necessità di realizzare un "complesso ed elaborato sistema normativo per attuare il nuovo Titolo V".
Il presente articolo è stato chiuso dall’Autore il 27 novembre 2001, non potendosi dunque escludere ulteriori sviluppi nei giorni seguenti.
Si riporta ancora l’articolo 138, penultimo della Costituzione che stabilisce la procedura di revisione:
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