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Contro lo sfruttamento sessuale dei minori

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Contro lo sfruttamento sessuale dei minori
nuovi strumenti e rinnovato impegno


"Sonta è entrata nella stanza.
Senza dire una parola si dirige verso il bagno, fa una rapida doccia
ed esce, seminuda, con un asciugamano intorno alla vita.
Non dice nulla, sembra non vedere nulla,
lascia cadere l’asciugamano e si sdraia sul letto,
gli occhi fissi al soffitto, con gli stessi gesti stanchi di una vecchia prostituta.
È pronta. […] Sonta ha appena otto anni, è una bambina
"
(da "Bambini di vita", di M.-F. Botte e J.-P. Mari)


Il 12 dicembre scorso a Yokohama, in Giappone, durante il Congresso mondiale sullo sfruttamento sessuale dei bambini, è stato lanciato un Rapporto dell’
UNICEF1 su questo delicato, attualissimo e terribile argomento che, proprio per queste caratteristiche, deve essere conosciuto.
In questa sede, dunque, cercherò, come da mia abitudine, di proporre una disamina tecnica, ma non tecnicistica, di quegli aspetti del diritto che regolano la fattispecie, avendo un particolare riguardo al diritto internazionale e svolgendo poi un veloce e sicuramente incompleto volo comparativistico su alcune legislazioni nazionali che già hanno adottato misure in merito.

Alcune definizioni
Cerchiamo, innanzitutto, di chiarire cosa si intenda con termini quali abuso sessuale e sfruttamento sessuale di minori prendendo come riferimento il Rapporto di Yokohama.
Gli abusi sessuali sono quegli atti in cui i minori diventano oggetto della gratificazione sessuale di un individuo più grande (un ragazzo più grande o un adulto, conosciuto o meno). Tali atti avvengono spesso con l’impiego della forza o dell’inganno, con l’offerta di regali o con pressioni psicologiche. Gli abusi sessuali possono essere di natura fisica, verbale o anche soltanto emotiva.
Il concetto di sfruttamento sessuale, invece, fa riferimento al carattere economico del rapporto in cui è coinvolto il minore e viene definito come l’impiego di un minore per scopi sessuali in cambio di un particolare vantaggio (denaro o favori) tra il cliente, l’intermediario o agente, e altri soggetti che traggono profitto dall’utilizzo di bambini. L’ONU distingue tre forme di sfruttamento sessuale commerciale di bambini: prostituzione minorile, tratta e vendita di minori, sia nazionale che internazionale, a fini sessuali, e pornografia infantile.
Ma chi è il minore, il soggetto in questione?

La definizione di minore che, a mio giudizio, più risponde alle esigenze dei tecnici si trova all’art.1 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia del 1989, ove si enuncia che è considerato bambino, e quindi soggetto destinatario delle disposizioni della stessa Convenzione, ogni essere umano di età inferiore ai
diciotto anni2. Lo stesso articolo contiene diverse limitazioni: nella prima parte si dice che tale definizione è valida ai fini dell’applicazione della stessa e, si potrebbe aggiungere sola, Convenzione internazionale escludendo quindi una validità generale, mentre nella seconda parte si riconosce agli Stati contraenti la possibilità di derogare a tale disposizione se il proprio ordinamento nazionale pone un differente limite per il raggiungimento della maggiore età. Tale nozione non è universalmente accettata dagli studiosi3 di diritto internazionale e dagli operatori pedagogici, ma a mio giudizio offre un ottimo punto di riferimento.

Le dimensioni del fenomeno
Se chiari risultano i precedenti termini della questione, meno definite sono le sue dimensioni dal momento che lo sfruttamento sessuale dei bambini a fini economici è un fenomeno nascosto e che, nonostante in certe realtà sia conosciuto da tutti e svolto apertamente, prospera nel sommerso, spesso con complicità e connivenze delle pubbliche autorità che dovrebbero operare per combattere tale dramma, altre volte con coperture culturali o religiose.
Comunque, alcuni dati, seppur indicativi, possono essere utili: quasi 3.000 sono i bambini che ogni giorno, secondo stime dell’UNICEF, vengono introdotti nel mercato mondiale del sesso, cifra che porta a circa un milione all’anno le nuove reclute dello sfruttamento, un milione di vite spezzate, distrutte, interrotte e difficilmente recuperabili da un trauma continuato che, spesso, conduce rapidamente alla morte.
Tale fenomeno, tradizionalmente radicato nel Sudest asiatico (Thailandia, Bangladesh, India, Singapore) e nell’Africa subsahariana (Nigeria, Kenya), risulta ora in crescita anche in America latina e nei paesi dell’Europa orientale dando vita ad un mercato del valore di svariati miliardi di dollari.
Uno studio sull’economia sommersa in Thailandia, per esempio, ha rivelato che nel periodo 1993-1995 la prostituzione ha rappresentato dal 10 al 14% del prodotto interno lordo del Paese, e si stima che le rimesse delle ragazze che si prostituiscono ammontino a circa 300 milioni di dollari all’anno; se si considera che circa un terzo delle prostitute thailandesi sono minorenni, si inizia a capire l’entità del fenomeno e gli interessi che soggiacciono all’impiego dei bambini in questo settore.
Non differente è la situazione in altri Paesi: in Lituania, dove le prostitute minorenni si aggirano tra il 20 ed il 50% del totale della "forza lavoro" presente nel Paese; in Cambogia, circa il 30%; negli Stati Uniti, dove più di 100.000 minori all’anno sono vittime di abusi sessuali da parte di adulti; nello Sri Lanka, con un 12% di ragazze (ed un 20% di ragazzi) che confessa di aver subito abusi durante l’infanzia. Nella Repubblica Dominicana, si calcola che siano circa 25.000 i bambini sfruttati a scopi sessuali; 35.000 nell’Africa occidentale; 100.000 nelle Filippine; 100.000 a Taiwan; 200.000 in Thailandia; 100.000 in Brasile; 175.000 nell’Europa orientale; 2-300.000 negli Stati Uniti; 400.000 in India, dove 50.000 sono le ragazze nepalesi vendute per lavorare nei bordelli di Mumbay (ex-Bombay).
E, purtroppo, si potrebbe continuare a lungo.

Lo stato del diritto internazionale
Il diritto internazionale si è a più riprese interessato della tutela dei soggetti minori dalle violenze e dagli abusi di diversa natura, ma è stato nel 1996, con il primo Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale commerciale dei bambini tenutosi a Stoccolma, che si è avuto un vero impulso alla lotta senza quartiere ad ogni forma di abuso e violenza perpetrata verso i bambini e, nei cinque anni trascorsi tra Stoccolma e Yokohama, si sono avuti interessanti progressi.
Nel novembre 2000 è entrata in vigore la Convenzione 182 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (
OIL4) sull’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile; in questa si richiamano espressamente gli Stati contraenti affinché prendano urgentemente misure immediate ed efficaci per garantire la proibizione e l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, aspetto importante se si considera che la tratta di bambini a scopo sessuale viene inserita tra le definizioni delle peggiori forme di lavoro minorile.
Nel maggio dello stesso anno, in ambito di Organizzazione delle Nazioni Unite, si è avuta l’approvazione del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989, riguardante la vendita, la prostituzione e la pornografia infantile, mentre a novembre ha visto la luce il Protocollo sulla prevenzione, la soppressione e la punizione della tratta di esseri umani, in particolare donne e bambini, che integra la Convenzione internazionale contro il crimine transnazionale organizzato: strumenti ricchi di buoni propositi e di indicazioni programmatiche che, però, necessitano della reale volontà degli Stati, ricchi e poveri che siano, per divenire
efficaci5 e forieri di interventi concreti nelle realtà più bisognose.

Un panorama di diritto comparato
Anche se Paesi tanto diversi tra loro quali l’Albania, il Bangladesh, il Costa Rica, la Germania e gli Stati Uniti hanno adottato leggi per punire la tratta di esseri umani, con particolare riferimento ai minori, dopo quasi sei anni dalla Conferenza di Stoccolma la maggior parte degli ordinamenti giuridici nazionali rimane inadeguata a fronteggiare in maniera efficace il fenomeno.
Secondo una ricerca della Johns Hopkins University, per esempio, nel febbraio del 2001 solo 48 sui 192 Paesi che compongono la comunità internazionale avevano leggi che perseguivano penalmente la tratta a fini sessuali.
Spesso, però, i problemi aumentano con strumenti legislativi inadatti allo scopo che si intende perseguire (come, per esempio, quando la legge prevede sanzioni più pesanti per il soggetto della tratta, dell’abuso o della violenza, quindi nel caso di specie per il minore, piuttosto che verso l’autore degli stessi atti).
In Malesia la legge prevede la condanna a morte per i trafficanti di droga riconosciuti colpevoli, mentre ogni persona rea di tratta o di crimini ad essa collegati è soggetta ad un massimo di cinque anni di reclusione, al pari del minore oggetto della tratta.
Altri Paesi hanno scelto, come strategia per fermare il traffico di bambini, di legalizzare la prostituzione. Finora però, anche se questa strategia risulta discutibile dal punto di vista etico e giuridico, sembra che l’unico effetto sia stato quello di incrementare anziché frenare il flusso illegale di piccoli da destinare ai mercati del sesso.
Nel Bangladesh, la legge sulla prevenzione dell’oppressione di donne e bambini prevede l’ergastolo o la pena capitale per i responsabili di traffico di bambini e, nonostante questo, si calcola che ogni anno siano tra i 10.000 ed i 15.000 i minori che vengono tradotti forzatamente ed illegalmente da questo Paese alla vicina India per essere sfruttati in diverse attività.
Un tentativo di introdurre uno strumento efficace è dato, invece, dalla Svezia ove si penalizzano esplicitamente i clienti e non le prostitute.
Altro caso esemplare, quello degli Stati Uniti che, nell’ottobre del 2000, hanno approvato la legge federale sulla protezione delle vittime del commercio di esseri umani che prevede pene assai severe (fino all’ergastolo) per i trafficanti, assicura una protezione particolare alle vittime e autorizza deroghe alla normativa sull’immigrazione per consentire alle vittime stesse di rimanere negli Stati Uniti durante lo svolgimento dei procedimenti penali a carico dei responsabili per collaborare con gli inquirenti e giungere più agevolmente alla loro condanna.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la legislazione
italiana in materia6 è fortunatamente molto restrittiva. La legge n.66/1996, Norme contro la violenza sessuale, ha cancellato il precedente approccio moralistico al fenomeno considerando la violenza sessuale come un crimine contro la persona (e non più contro la morale pubblica come nel passato); inoltre, le violenze perpetrate ai danni di minori divengono perseguibili d’ufficio, responsabilizzando quindi maggiormente le pubbliche autorità (magistratura e organi di pubblica sicurezza) che, al contempo, sono tenute a garantire un servizio di assistenza e protezione alle vittime anche durante lo svolgimento di tutto il procedimento penale.
La successiva legge n.269/1998, Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù, è la trasposizione nel nostro ordinamento delle indicazioni di Stoccolma. Grazie a questo strumento è stato istituito un fondo per assistere, proteggere e riabilitare le vittime di simili reati; inoltre, la produzione, la pubblicazione e il possesso di materiale pornografico pedofilo sono considerati come atti di violenza e, pertanto, perseguibili come irrispettosi della dignità umana di un bambino. Ulteriore e rilevante previsione è il riconoscimento della punibilità del cosiddetto turismo sessuale qualora coinvolga soggetti minori anche fuori dal
territorio nazionale7.
Da ultimo, è da indicare la legge n.154/2001, Misure contro la violenza nelle relazioni familiari, con la quale si cerca di intervenire nel delicato problema degli abusi e delle violenze che avvengono tra le mura domestiche e che, sempre più sovente, vedono coinvolti i minori.

Conclusioni
Nonostante i progressi che la comunità internazionale ed i singoli Paesi hanno compiuto negli ultimi anni, bisogna riconoscere che ancora pochi cercano di affrontare e sradicare all’origine ciò che causa lo sfruttamento sessuale dei minori, la tratta di esseri che alimenta questo mercato e le violenze che quotidianamente si consumano ai loro danni: questioni sociali, legate all’estrema povertà di intere fasce di popolazioni, di sottosviluppo storico ed economico, di cultura (ma, mi verrebbe da chiedere, quale cultura potrebbe permettere certe atrocità nei confronti di esseri che rappresentano il futuro della specie e, dunque, la sopravvivenza della stessa?).
Forse, l’approccio più corretto al quale cercare di dare efficacia con concreti interventi operativi è quello del dare priorità al principio base della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia del 1989, il superiore interesse del bambino, che sempre e comunque dovrebbe guidare l’azione degli adulti (speriamo) responsabili.

Davide Caocci

"Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me,
sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino,
e fosse gettato negli abissi del mare
"
(Dal Vangelo secondo Matteo 18, 6)

1
L’UNICEF è l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia; per maggiori informazioni, cfr. www.unicef.it, sito del Comitato italiano per l’UNICEF, oppure www.unicef.org, sito dell’UNICEF internazionale.

2
Cfr. UNICEF-Italia, Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, Roma, 1990.

3
Cfr. anche, dello stesso Autore, Nuova interpretazione della figura di fanciullo in diritto internazionale, Milano, 1996, p. 28, e Guerra ai bambini in guerra – KU n.69 – 2000, Offresi lavoro pesante e malpagato, … solo a bambini sotto i 15 anni – KU n.68 – 2000

4
Anche ILO, International Labour Organization, o OIT, Organisation Intérnational du Travail.

5
Non mi dilungo sulla questione, prettamente giuridica, della distinzione tra l’approvazione di uno strumento convenzionale di diritto internazionale, la sua entrata in vigore nella comunità internazionale, la sua ratifica da parte dei singoli Stati e l’entrata in vigore nei singoli ordinamenti nazionali; basti, però, sapere che tra l’approvazione o adozione di un testo in sede ONU e la sua efficacia in un determinato Paese, possono intercorrere parecchi anni nei quali le previsioni del documento rimangono lettera morta.

6
Cfr. testi: legge 15 febbraio 1996, n.66 "Norme contro la violenza sessuale"; legge 3 agosto 1998, n.269, "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù"; legge 5 Aprile 2001, n.154, "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari".

7
E di poche settimane or sono la prima sentenza di condanna di un cittadino italiano accusato di turismo sessuale ai danni di minori all’estero.

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