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La nuova facoltà di Giurisprudenza: seconda riforma in 5 anni

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La nuova facoltà di Giurisprudenza1:
seconda riforma in 5 anni

«L’1+4 che partirà fin dal prossimo anno accademico
rappresenta un cambiamento radicale per le facoltà giuridiche.
Un cambiamento che […] porta alla ribalta materie
che contribuiranno a creare una nuova figura di professionista
con un livello di formazione più elevato»
Maria Grazia Siliquini, sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca



Sembra proprio che prima di iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza oggi sia meglio trascorrere qualche giorno a Coverciano2: tra moduli 3+2 che si trasformano in 1+4 con passerelle di struttura ad "Y" che consentono comunque il mantenimento di un 1+2+2, mal celando un 5-2 o un inevitabile 5+2, i commissari tecnici potrebbero capirci sicuramente qualcosa di più delle matricole universitarie.
Proviamo allora noi a dare qualche indicazione a chi avesse l’ardire di intraprendere questa avventura (o a chi l’avesse intrapresa negli ultimi anni).
Lo schema attualmente in vigore per tutti i corsi di laurea, disegnato dal Decreto MIUR 509/99, prevede una percorso triennale di primo livello (3) e un proseguimento specialistico di secondo livello, di durata biennale (2). Con il nuovo assetto a "Y", invece, dopo un primo anno comune, pari a 60 crediti formativi, gli studenti potranno scegliere tra due opzioni: un percorso biennale "professionalizzante" (120 crediti) che conduce alla laurea triennale (cioè 1+2), o un percorso chiamato "metodologico" (120 crediti) di preparazione a un ulteriore biennio (ulteriori 120 crediti), che porterebbe al conseguimento della laurea "magistrale" (1+2+2). Per la facoltà di Giurisprudenza, invece, verrebbe istituito un modello a ciclo unico (1+4) per le tradizionali professioni forensi di magistrato, avvocato e notaio, accanto ad un modello minor abilitante a non meglio definite "
altre figure3" «nei vari campi di attività sociale, socio-economica e politica in cui le capacità di analisi, di valutazione e di decisione del giurista si rivelano feconde anche al di fuori delle conoscenze contenutistiche settoriali».
Può risultare interessante a questo punto analizzare quali siano gli obiettivi formativi stilati dalla commissione mista insediata dal
Ministero4 per il riordino del corso di studi per i futuri giurisperiti e quali gli strumenti da essa individuati per il raggiungimento di questi, vale a dire i piani di studio da applicare concretamente nelle università italiane.
Secondo il testo presentato dal sottosegretario all’Istruzione Siliquini, i laureati in Giurisprudenza dovranno:
aver conseguito elementi di approfondimento della cultura giuridica di base nazionale ed europea, anche con tecniche e metodologie casistiche, in rapporto a tematiche utili alla comprensione e alla valutazione di principi o istituti del diritto positivo;
aver conseguito approfondimenti di conoscenze storiche che consentano di valutare gli istituti del diritto positivo anche nella prospettiva dell’evoluzione storica degli stessi;
possedere capacità di produrre testi giuridici (normativi e/o negoziali e/o processuali) chiari, pertinenti ed efficaci in rapporto ai contesti di impiego, ben argomentati;
possedere in modo approfondito le capacità interpretative, di analisi casisitica, di qualificazione giuridica (rapportando fatti a fattispecie), di comprensione, di rappresentazione, di valutazione e di consapevolezza per affrontare problemi interpretativi ed applicativi del diritto;
possedere in modo approfondito gli strumenti di base per l’aggiornamento delle proprie competenze.
Per fare tutto ciò (e ci si domanda: ma prima, i vecchi Dottori in Giurisprudenza, cosa facevano?), si è voluto anche dare un riordino ai curricula, ridistribuendo insegnamenti sui vari anni di studio e crediti formativi (i famosi o famigerati Cfu, Crediti formativi universitari) sui diversi insegnamenti impartiti. Quello che ne è risultato è un insieme di materie (le stesse da circa otto secoli!) ove si è cercato di dare più spazio a quegli ambiti ove signoreggiano indiscussi grandi baroni (le storie, le procedure), di offrire una parvenza di nuovo inserendo l’obbligatorietà di insegnamenti già importanti (quelli di ambito economico-finanziario per cui Parmalat docet), di fingere di aprirsi al global system richiedendo competenze nel «linguaggio giuridico di almeno una lingua straniera» (quando c’è
qualcuno5 che dal 1998 teneva corsi seminariali universitari di francese tecnico-giuridico).
Inoltre, nell’iter formativo così ridefinito l’autonomia delle singole università si è ridotta notevolmente dal momento che i corsi ritenuti obbligatori e, dunque, comuni a tutte le sedi diventano ben il 77% dei Cfu totali necessari per il conseguimento del titolo magistrale, lasciando alla libertà individuale (dello studente e dell’ateneo) un margine del 23% per "inventarsi" percorsi personalizzati o performanti che possano esercitare una forza d’attrazione maggiore nel mercato dell’alta formazione.
A questo punto, bisogna comunque dire che aver affermato l’obbligatorietà di insegnamenti quali diritto dell’Unione Europea e diritto internazionale è di certo un gran passo avanti per completare degnamente la formazione dei futuri seguaci di
Giustiniano6; lo stesso si dica per corsi quali politica economica, diritto tributario e scienze della finanza.
Ma aumentare il peso delle materie storico-giuridiche e nazional-pubblicistiche mi sembra veramente esagerato ed inutile.
Per quanto riguarda, infine, la dichiarazione di intenti per la quale si desidera creare un adeguato spazio alla deontologia professionale già tra i banchi dell’università (forse, per prevenire criminali devianze tra i giovani giurisperiti cui le recenti cronache ci hanno resi avvezzi), non si può dire altro che non saranno alcune ore d’aula a instillare valori etici che o si possiedono nel proprio bagaglio culturale e formativo o non si acquisiscono di certo dal nulla.
In conclusione, il Ministero afferma che dal prossimo anno accademico le facoltà di Giurisprudenza dovranno offrire il pacchetto che è stato qui
descritto7; le Università, che pur hanno partecipato al tavolo di lavoro istruito per valutare i termini della riforma, dicono di non essere pronte ad avviare il nuovo modulo e di non aver nemmeno le risorse per farlo; gli ordini professionali, anch’essi presenti in fase di elaborazione, si dicono dubbiosi circa l’effettiva possibilità dell’1+4 di raccordare la formazione universitaria con il proprio e privilegiato mondo giuridico; gli studenti, finora non interpellati, fanno semplicemente notare che a settembre si potrebbe creare la caotica situazione in cui studenti del vecchissimo ordinamento (cinque anni fa) di 4 anni, studenti vecchi del 3+2 e nuove matricole dell’1+4 e dell’1+2 convivranno gli uni accanto agli altri. Programmi, lezioni, esami e quant’altro moltiplicato alla X, o alla "Y".
In bocca al lupo alle neo-matricole di Giurisprudenza e grazie di cuore alle menti illuminate del ministero!

Davide Caocci
«La formula è certamente equivoca:
[…] manca del tutto un adeguato raccordo con l’ulteriore fase
delle scuole per la preparazione ai concorsi delle professioni legali
»
Vincenzo Militello, Università di Palermo


1
Nell’immagine: il Sigillo dell’Università di Bologna

2
Centro tecnico federale del CONI di Coverciano (Firenze), sede dei corsi di formazione per dirigenti e tecnici delle prime serie del campionato di calcio.

3
Per i maligni, tra queste "altre figure" rientrerebbero sicuramente le segretarie di magistrati, avvocati e notai!

4
In tale Commissione hanno trovato posto, oltre ai funzionari dello stesso Ministero, i rappresentanti del mondo accademico (con esclusione degli studenti) e delle professioni.

5
L’Autore stesso, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano per l’A.A. 1997/98, 1998/99 e 1999/2000.

6
Interesse privatissimo di questa affermazione da parte dell’Autore.

7
Anche se ad oggi – 15 luglio – manca ancora il testo definitivo del decreto.

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