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Costruiamo un ampli…

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Costruiamo un ampli…

Inizia questo mese una serie di articoli riguardo la costruzione di un amplificatore per chitarra. La trattazione avrà volutamente un carattere tecnico-pratico, poichè lo scopo è quello di introdurre tutti i concetti necessari per poter progettare e costruire un amplificatore. Sarà quindi necessario da parte del lettore una minima conoscenza di elettronica e di acustica.
L’articolo di questo mese è un’introduzione per descrivere le singole parti del progetto che verranno poi analizzate in dettaglio una per volta nei prossimi mesi.

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Malgrado le apparenze, un’amplificatore per chitarra è una macchina molto complessa sotto vari aspetti; innanzitutto deve essere in grado di trattare sia segnali di bassa potenza, cioè i pochi millivolt che escono dai pick-up della chitarra, che segnali di potenza, cioè le decine o anche le centinaia di Watt che muovono l’altoparlante; inoltre un ampli deve avere circuiti privi di rumore ed immuni ai disturbi esterni; infine (e forse questa è la cosa più importante) deve produrre un buon suono. Per quanto riguarda i primi due problemi,
è sufficiente progettare e montare il curcuito rispettando precise regole e utilizzando componenti elettrici di buona qualità. L’ultimo problema è molto più complicato; a differenza dei primi due, non c’è un parametro numerico che ci dice se l’amplificatore produce un buon suono; soltanto il nostro orecchio e il nostro gusto personale possono dirci quando anche questo obbiettivo è stato raggiunto.

Possiamo dividere un amplificatore in tre grossi blocchi:
Preamplificatore (detto anche pre), finale e cassa. Questa non è solo una divisione logica; gli amplificatori di fascia più bassa vengono in genere venduti come un blocco unico, mentre quelli più prestigiosi sono commercialmente disponibili in unità separate. Ad esempio è possibile avere una pre Brunetti, un finale Mesa Boogie collegato ad una cassa Marshall.
Ma vediamo ogni parte in dettaglio:
* Preamplificatore: è il primo stadio in un amplificatore ed ha il

delicato compito di raccogliere il debolissimo segnale elettrico

proveniente dai pick-up della chitarra e di amplificarne

l’ampiezza; in questo modo può essere trasmesso alle altre parti

dell’amplificatore senza raccogliere i disturbi provenienti

dall’esterno. Il preamplificatore è responsabile di creare una

buona pasta sonora: un buon progetto per il pre è ciò che

distingue un ampli con un bel suono da un ampli senza

personalità. E’ sicuramente la parte più interessante

dell’intero progetto.

* Testata: riceve il suono del preamplificatore e ne amplifica la

potenza fino anche a centinaia di watt per fare muovere il cono

(o i coni) della cassa.

* Cassa: è formata da uno o più coni (cioè altoparlanti) ed ha il

compito di trasformare il segnale elettrico del finale in onde

sonore. Attenzione: una buona cassa da stereo è una pessima

cassa da chitarra; infatti le casse da stereo hanno il requisito

primario di riprodurre con la massima fedeltà il suono generato

dall’impianto, mentre una cassa da chitarra deve modellare il

suono generato dal pre. Più in particolare deve togliere tutte

le frequenze al di sopra dei 5-6KHz, deve leggermente

amplificare i toni medi (1-3KHz), deve creare una piccola

risonanza sui bassi verso i 90Hz ed infine deve tagliare tutte

le frequenze sotto ai 50-60Hz.

Per completare, si chiama testata il blocco che comprende preamplificatore e finale.
Il preamplificatore può essere suddiviso a sua volta in canali. Un canale è una sezione del pre che plasma con una certa pasta sonora il suono proveniente dalla chitarra. In ogni ampli ci sono almeno due canali: pulito e distorto. Il primo corregge il suono dei pick-up attraverso una semplice equalizzazione ed eventualmente con la compressione; il distorto invece modifica completamente il suono naturale dello strumento aggiungendo una serie di sovrarmoniche al segnale originale.

Infine devo affrontare un’ultimo argomento preliminare, molto scottante: la differenza fra transistor e valvole. Per la loro realizzazione gli amplificatori si differenziano fra valvolari e transistorizzati; nei primi (amplificatori molto più costosi) l’amplificazione e la distorsione viene realizzata esclusivamente con delle valvole, nei secondi con componenti a semiconduttore
(transistor, operazionali, diodi, ecc…). E’ a questo punto che nascono due opinioni contrastanti: c’è chi sostiene che le valvole abbiano un suono molto più caldo, morbido e musicale; c’è invece chi sostiene che gli ampli a transistor creino un suono molto più pulito e fedele all’originale e che gli ampli a valvole siano soltanto una moda per spillare più soldi ai musicisti.
Io sono un profondo sostenitore delle valvole e per dimostrare che le mie non sono soltanto fisime di un musicista mai contento del suono che riesce ad ottenere, dedicherò tutto il prossimo articolo per spiegare scientificamente perchè il suono valvolare è molto migliore di quello dei transistor. Spesso a criticare le valvole non sono i musicisti, ma gli elettronici, gente che non ascolta il suono con l’orecchio, ma che ne guarda soltanto la sua forma d’onda con l’oscilloscopio e dice che ha un bel suono perchè rispetta certe leggi matematiche. Per me un suono distorto e non fedele all’originale è lo stesso bello se il mio orecchi lo trova gradevole.

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Come già preanninciato, nel prossimo articolo parlerò dei principi di funzionamento degli amplificatori valvolari; questi hanno il grosso vantaggio di avere un suono caldo e potente, ma hanno l’enorme problema che sono difficilissimi da costruire, per via delle elevatissime tensioni in gioco (oltre 300V). Lo scopo di questi articoli sarà quindi il progetto di un ampli a transistor che nel suo funzionamento tenta di simulare quelle caratteristiche delle valvole capaci di migliorare il suono prodotto.

Thomas Serafini

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