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Go now

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Go now

di Michel Winterbottom

Dal regista di “Butterfly kiss” ci si aspettava qualcosa con un impatto maggiore. Qui, nonostante l’ormai consacrato Robert Carlyle
(il baffino rissoso di “Trainspotting”), non va oltre il pain-movie, una mia definizione per quei film sulle malattie più pietose che mi lasciano sempre un misto di noia ed un’impressione di scontata solidarietà con chi ne è afflitto. Un promettente calciatore comincia a perdere colpi e scopre di avere la distrofia muscolare (più o meno).
Il suo mondo fatto di birra, biliardo e calcio di colpo si spegne per lasciare il posto a carrozzine, medicinali e tanta pietà, sentimento che, come da copione, lo irrita prima e lo salva poi. Litiga con la ragazza per mantenere l’autosufficienza, prende poi coscienza del suo stato, ha una forte ricaduta ed il gran finale lo vede finalmente cambiato e responsabile.
Temo che Winterbottom abbia una copia di “100 sceneggiature pronte” e che ne abbia attinto rapidamente per completare un filmetto senza pretese. Carlyle è veramente molto bravo nel ruolo dell’inglese tipo; probabilmente è veramente un inglese tipo! Date le 12.000 lire a qualche associazione che combatte queste malattie piuttosto che al cinema che proietta questo film. Volete versare qualche lacrimuccia fra i misteri della medicina? Rivedetevi “L’olio di Lorenzo” o il pur orribile “Scelta d’amore” con Julia Roberts alle prese con un malato di leucemia.

Michele Benatti

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