Il mese scorso abbiamo visto come l’analisi di Fourier serva per studiare una funzione in due domìni diversi: quello naturale della funzione e quello della frequenza. E’ cioè possibile, attraverso l’analisi di Fourier, rappresentare una funzione come una serie di seni o coseni di frequenze diverse e per ciascuno determinarne l’ampiezza e la fase. Ovviamente un qualsiasi segnale (ad esempio un suono) può essere considerato una funzione e in quanto tale possono essere messe in luce le sue armoniche (cioè le funzioni sinusoidali che lo compongono). Si chiama spettro del segnale l’insieme delle armoniche che lo compongono.
Ora vediamo un paio di semplici esempi per capire in concreto in che cosa consiste lavorare nel dominio della frequenza.
Consideriamo l’amplificatore dello stereo: i più fortunati avranno addirittura un equalizzatore ma sicuramente su tutti gli amplificatori ci saranno le regolazioni degli alti e dei bassi. Ora immaginiamo di aumentare gli alti; quello che sentiamo è un suono più brillante e cristallino; ma in realtà cos’è avvenuto? E’ successo che sono state amplificate maggiormente le frequenze alte del suono. Parlando coi termini di Fourier si può semplicemente dire che è aumentata l’ampiezza delle armoniche di frequenza più alta.
Anche madre natura si diverte a calcolare la trasformata di Fourier: un esempio l’abbiamo osservando un raggio di luce che entra in un prisma (che equivale a dire “guardare l’arcobaleno”). E’ noto che la luce è composta da radiazioni elettromagnetiche la cui frequenza si estende fra due precisi valori. Anche i raggi infrarossi o le onde radio sono della stessa natura della luce, solo che i nostri occhi non le riescono a percepire. E’anche noto che ad una particolare frequenza nello spettro del visibile corrisponde un colore. La luce solare (o comunque la luce detta “bianca”), invece è quella luce composta da tutte le frequenze comprese nello spettro del visibile. Ora, facendo passare un raggio di luce bianca in un prisma, le componenti di frequenza più alta vengono rifratte maggiormente, mentre quelle di frequenza meno elevata vengono rifratte in maniera minore. Come risultato si ha che la luce è stata scomposta in tutte le sue frequenze così che noi possiamo vedere il colore di ogni componente
(cioè i colori dell’arcobaleno). E’ successo un fatto strano: madre natura ha fatto l’analisi di fourier della luce; ha scomposto cioè il segnale luminoso (che può essere considerato come una funzione) nelle sue componenti armoniche semplici.
Un altro fondamentale utilizzo dell’analisi di Fourier è nello studio delle trasmissioni via radio. Consideriamo ad esempio le stazioni FM; ciascun canale trasmette un segnale audiofonico il cui spettro si estende da 20Hz a 15KHz. Ma allora come mai noi non sentiamo Radio
Bruno sovrapposta a Modena Radio City a sua volta sovrapposta a Radio
Stella, dato che trasmettono tutte un segnale che si estende nello stesso spettro? Cioè, com’è possibile che più canali non si sovrappongano? Succede che il segnale da trasmettere viene modulato, cioè viene spostata la posizione delle armoniche su frequenze più elevate, in una posizione diversa per ciascun canale della radio.
Naturalmente in un trasmettitore radio non c’è un unità dedicata al calcolo numerico della trasformata, ma chi ha studiato la modulazione si è servito quasi esclusivamente degli strumenti matematici di
Fourier.
Potrei citare altre migliaia di impieghi dell’analisi di Fourier, come in medicina nella TAC o nella Risonanza Magnetica, oppure nello studio di segnali ottenuti dalle osservazioni spaziali, o ancora nella trattazione di segnali audiofonici negli strumenti musicali elettronici, nella trattazione delle immagini dei programmi di grafica…
Insomma, si può sicuramente affermare che la tecnologia è arrivata ai livelli attuali grazie al fondamentale contributo di Fourier.