KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Universo Star Trek (I)

10 min read

Universo Star Trek

Nei mesi scorsi, alle 22,30 del giovedì sera, forse qualcuno, zappando tra i vari canali televisivi alla disperata ricerca di uno spettacolo interessante, si è soffermato su RAI 2 incuriosito da una nuova, almeno per l’Italia, serie di telefilm intitolata STAR TREK DEEP SPACE
NINE. E forse quel qualcuno si sarà posto la domanda: questi telefilm cosa c’entrano con i più famosi episodi che vedono protagonisti Kirk,
Spock, Data e Picard? Domanda comprensibilissima, la cui risposta è nota solo ai fan, o meglio trekkers, della più famosa e amata saga televisiva made in USA. E’ quindi opportuno dare qualche chiarimento per coloro che hanno ancora, e sono molti, un’idea alquanto vaga del vastissimo universo creato da Gene Roddenberry ormai trent’anni fa.
Il viaggio televisivo dell’astronave Enterprise e del suo equipaggio iniziò nel lontano 1966 sulla rete americana NBC. L’esordio era stato non poco difficoltoso per il suo creatore, Gene Roddenberry ex pilota militare e civile entrato poi nel mondo della televisione come sceneggiatore di telefilm. Il segmento pilota della serie Star Trek, intitolato “The Cage” con Jeffrey Hunter nel ruolo di capitano e
Leonard Nimoy in quello del vulcaniano Spock, fu presentato nel ’65 alla rete NBC che lo bocciò immediatamente perchè giudicato “too cerebral”. Nonostante il fiasco iniziale, Roddenberry riuscì, grazie alla sua pervicacia, ad ottenere una prova d’appello. Liquidato Hunter per problemi di carattere, la scelta cadde su William Shatner per la parte del capitano Kirk e l’8/9/1966 venne trasmesso il primo telefilm di Star Trek intitolato “Where No Man Has Gone Before”. Una curiosità, delle tante che popolano il mondo di Star Trek: il materiale girato per il pilota “The Cage” venne poi utilizzato nell’episodio lungo “The Managerie” (L’Ammutinamento) trasmesso durante la prima stagione della Classica.
Non si può dire però che la serie con Kirk e Spock ai tempi della sua prima programmazione avesse avuto i massimi indici di gradimento da parte del audience televisiva americana: la mannaia dell’odiato/amato auditel che oggi anche da noi si abbatte troppo spesso su alcuni dei nostri programmi preferiti, fece fare alla saga una fine ingloriosa sugli schermi televisivi americani dopo appena 78 episodi e solo tre stagioni televisive (dal 1966 al 1969).
Quando la serie terminò, il 3 giugno del 1969, neppure lo stesso
Roddenberry avrebbe potuto immaginare ciò che sarebbe accaduto in seguito: si potè presto dire che il topolino aveva partorito la montagna e non il contrario. Durante il breve periodo in cui l’Enterprise NCC 1701 aveva gravitato nel cosmo dell’NBC, tra i telespettatori si era andato formando man mano uno “zoccolo duro” di appassionati, ai quali non era “andato giù” il fatto che Star Trek fosse stato interrotto. Lettere, manifestazioni, telefonate di protesta cominciarono ad inondare le sedi televisive e ad attirare l’attenzione sul fenomeno Star Trek. Tale e tanta fu la reazione dei fans che negli anni settanta la serie entrò nel circuito del consorzio delle emittenti locali dove vennero replicati i vecchi episodi. Fu infatti in quegli anni che divenne sempre più tangibile il successo di pubblico, per quanto si trattasse di repliche di telefilm girati diversi anni prima: si moltiplicò il fenomeno del fandom, si organizzarono le prime conventions su tutto il territorio degli Stati
Uniti e tanto famosi divennero i personaggi della saga da essere oggetto anche di famose parodie (celeberrimo fu lo sketch del compianto John Belushi nel mitico programma “Saturday’s Night Live”).
Un esempio su tutti del successo di Star Trek: quando nel 1976 la NASA indisse una sorta di votazione pubblica per assegnare il nome al primo
Shuttle, ben 400.000 lettere di trekkers fecero optare per
“Enterprise”. Altra curiosità, più recente: James Doohan, che nella serie Classica interpreta il personaggio di Scotty, capo ingegnere dell’Enterprise, nel 1993 ricevette una menzione d’onore dalla
Milwaukee School of Engineering perchè il 50% degli iscritti, alla domanda “Cosa o chi ti ha spinto a diventare ingegnere” aveva risposto
“Scotty di Star Trek”….
Indipendentemente da questi aneddoti divertenti il fenomeno Star Trek nasconde aspetti che risultano in effetti alquanto interessanti.
Perchè piace la saga creata da Gene Roddenberry? Tanto si è scritto e si sta scrivendo su questo fenomeno. Mi preme nell’occasione segnalare una interessantissima pubblicazione appena uscita in libreria e scritta da un illustre uomo di cultura italiano, Franco La Polla, professore ordinario di Letteratura Angloamericana all’Università di
Bologna e apprezzato critico cinematografico: il libro si chiama “Star
Trek – Foto di Gruppo con Astronave” edito dalla Editrice PuntoZero di
Bologna. In questo notevole saggio, e per la prima volta in Italia, La
Polla esamina da un punto di vista intellettuale e strutturale le ragioni del successo di Star Trek Classico e The Next Generation. Io non sono in grado di esprimere compiutamente come ha fatto La Polla nel suo bel libro l’importanza culturale del prodotto Star Trek, ma cercherò di evidenziare in poche parole quelli che sono per me i punti importanti del fenomeno. (Per un’analisi completa vi consiglio di leggervi il succitato testo….).
Per prima cosa Star Trek affronta dei temi che superano l’aspetto avventuroso puro e semplice. Oltre al fatto che molti dei soggetti della serie classica sono firmati da grandi autori come Ellison,
Matheson, Bloch, solo per citarne alcuni, gli argomenti ricorrenti rispecchiano sia i problemi sociali presenti negli anni sessanta, come le lotte razziali, la guerra nel Vietnam, la paura della bomba atomica, i movimenti giovanili, sia concetti più generali o, chiamiamoli pure, filosofici. La frase che viene sempre ripetuta nella sigla dei telefilm rispecchia a mio parere tutta la “filosofia” della saga. L’uomo alla ricerca di ciò che è sconosciuto, novello Ulisse perso tra gli oceani della galassia. Un viaggio che non è solo fisico, ma interiore. Ogni nuova conoscenza è un arricchimento di esperienze ed anche un confronto continuo con se stessi. Non si tratta della solita avventura dei buoni contro i cattivi, anzi. Alcune volte sono proprio Kirk & C. a dover imparare la lezione (vedi l’episodio Arena).
E poi ci sono le regole da rispettare: la famosa Prima Direttiva, per la quale mai l’equipaggio dell’Enterprise può interferire con lo sviluppo naturale di un popolo e di una civiltà con la quale esso viene a contatto. Ora, pensando alle mire più o meno dichiarate di controllo della politica e dell’economia mondiale da parte degli USA dal dopoguerra ad oggi, immaginate quanto rivoluzionaria risultasse allora e risulti anche oggi all’americano medio (e non solo all’ americano…) l’idea di autodeterminazione dei popoli !
Altro elemento fondamentale è dato dai personaggi. Roddenberry volle un equipaggio misto e ben assortito: Kirk, il capitano, generoso e coraggioso, deciso e leale; Spock, il vulcaniano (anche se per metà, un alieno! A voi una possibile interpretazione…), collaboratore prezioso per la sua logica e la sua conoscenza non-umane; McCoy, il medico, passionale e irascibile quanto Spock è freddo e razionale. A questa triade di personalità ben definite fanno ala alcuni personaggi che per quei tempi erano anch’essi insoliti a conferma del compatto e non razziale universo ideato da Roddenberry: Sulu, asiatico; Chekov, sovietico (introdotto, in tempi di guerra fredda, per le proteste della Pravda che giudicò imperialista il solito modo americano di escludere russi dalle vicende futuribili dell’umanità…): Scotty, puro scozzese nel corpo e nello spirito e, last but not least, Uhura, una donna nera. E’ forse la figura di Uhura a mio parere, una delle più rivoluzionarie di tutto il cast di Star Trek: era la prima volta che una donna di colore partecipava da protagonista ad una serie televisiva così come fu proprio tra Uhura e Kirk il primo bacio interrazziale nella storia del telefilm americano (“Plato’s
Stepchildren” – Umiliati per Forza maggiore ). Tutto l’equipaggio quindi era composto da individualità diverse a tal punto da coinvolgere in prima persona i telespettatori che in uno o più dei caratteri potevano immedesimarsi. Anche questo fu uno degli elementi vincenti di Star Trek: nessun supereroe, ma persone normali, con pregi e difetti umani (eccetto Spock, che però possiede una personalità complessa e tormentata tale da renderlo estremamente affascinante), proiettati tuttavia all’interno di un cosmo sconosciuto e abitato da insidie. Ed è in questa diversità e allo stesso tempo normalità che lo spettatore si identifica, nella conoscenza esatta dei comportamenti e della reazioni, dei tic e delle manie dei suoi personaggi più amati
(dal sopracciglio inarcato di Spock alla smorfia di dolore di Kirk), atteggiamenti reiterati episodio dopo episodio fino a renderli familiari, ma non caricaturali, perchè inseriti in un contesto mitico e, oserei dire, epico.
Proseguendo nella nostra storia della saga di Star Trek, arriviamo alla fine degli anni settanta e tanta e tale era la fama acquisita che si pensò di produrre una nuova serie televisiva. Roddenberry si mise al lavoro per ideare il seguito, ma per motivi organizzativi e di produzione si passò direttamente dal piccolo al grande schermo. E così, con molti più mezzi finanziari e tecnologici nel 1979 uscì il primo film Star Trek- The Movie. Gli interpreti erano gli stessi, giustamente invecchiati, della serie televisiva. Alcuni appassionati storsero il naso pensando con nostalgia ai ritmi stringati e ai set di poco costo dei vecchi telefilm, ma il successo in definitiva fu enorme. Tanto da mettere subito in cantiere un secondo film, Star Trek
II – L’ira di Khan. Dal 1979 ben sette (se comprendiamo l’ultimo
Generazioni) sono state le storie di Star Trek narrate sullo schermo cinematografico. Naturalmente il trionfo di pubblico di queste produzioni contribuì non poco al diffondersi del fenomeno Star Trek nel mondo.
Senza alcun dubbio però l’avvenimento più importante per gli appassionati non fu l’arrivo sul grande schermo dell’astronave
Enterprise (anche se di questo ne potremmo discutere per anni ed anni…), ma l’inizio di una nuova era televisiva: The Next
Generation. Quello che era stato nella mente di Roddenberry alla fine degli anni settanta prese corpo una decina di anni dopo: sulla scia dei consensi raccolti in quegli anni finalmente si materializzava il sogno di ogni trekker. Nel 1987, nel circuito delle emittenti private
(syndication), apparve l’episodio pilota “Encounter at Fairpoint”
(Incontro a Fairpoint) di Star Trek The Next Generation. L’attesa era tanta e il risultato andò oltre ogni aspettativa. Roddenberry aveva ancora una volta rivoluzionato il suo universo. Via Kirk & C. (ma solo perchè The Next Generation si svolge 80 anni avanti rispetto alle avventure della saga Classica), a guidare l’Enterprise NCC 1701D fu scelto un equipaggio che non aveva nessun tipo di legame con la vecchia serie. Il cast si arricchisce di personaggi, sempre diversi sì, ma con molte più interdipendenze. Mentre nella saga Classica ogni membro possedeva una personalità ben definita e a sè stante, in TNG è l’equipaggio nel suo insieme a costituire un corpo unico, ben amalgamato e compatto. Dal Capitano Picard, molto più sfumato e dubbioso rispetto a Kirk, a Data, lo straordinario androide che apparentemente sembra Spock, ma che non ha nulla di Spock, da Riker, il Numero Uno, che assomiglia un po’ a Kirk, ma non è Kirk, a Worf, il
Klingon, a Troi, la betazoide (anche lei sangue misto), a Crusher, la dottoressa, i personaggi di TNG hanno delle cose in comune con quelli della serie classica e allo stesso tempo non hanno nulla sia perchè fanno parte di un nuovo mondo, sia perchè gli anni ottanta non sono gli anni sessanta. Anche l’equipaggio dell’Enterprise NCC 1701D viaggia nello spazio ubbidendo alle stesse direttive che guidavano i protagonisti della Serie Classica, ma la realtà esterna, quella dello spettatore, è cambiata. E i caratteri e le storie di TNG rispecchiano quella realtà. Così come i problemi degli anni ottanta sono più sfumati ed inquietanti (le droghe, il terrorismo, la manipolazione della scienza e della tecnologia, la caduta delle ideologie ed il vacuum lasciato…) anche i personaggi di TNG sono allo stesso modo più incerti e dubbiosi, hanno bisogno di essere legati tra loro per trovare quella sicurezza interiore che necessita nella risoluzione dei grandi enigmi e dei pericoli che si trovano a dover affrontare in ogni episodio. I nemici/amici stessi sono cambiati e contribuiscono ad aumentare il senso di precarietà del nuovo universo: i Borg, perfetta macchina-uomo fagocitatrice di civiltà e totale negazione dell’individualità, o Q entità del Continuum che sconvolge i piani e le vite dell’equipaggio, apparizione fatale pronta a rimescolare le carte a suo piacimento, e infine Guinan,l’ascoltatrice, la voce interiore della saggezza testimone del tempo che non ha tempo. Fin dal suo apparire sugli schermi televisivi TNG innescò una miriade di discussioni tra i fan dell’una o dell’altra serie di telefilm. Io trovo che queste polemiche siano sì utili a vivacizzare gli incontri tra trekker, ma inutili ai fini di un esame dell’intera Saga. Il mondo
Star Trek è un’unica entità che ha saputo cambiare solo in apparenza la sua forma per esprimere sempre dei valori di interesse culturale ispirati a problematiche concrete e comunque stimolanti per l’intelligenza dello spettatore. Anche TNG ha una grande originalità: rispetto alla serie Classica, dinamica e solare, TNG rappresenta molto bene le ombre del nostro tempo. A ben guardare, il futuro ottimistico di Roddenberry non mi sembra proprio così ottimistico in TNG: nonostante il successo delle imprese dei suoi protagonisti, come è possibile dimenticare lo sguardo velato di inquietudine negli occhi del capitano Picard, mentre osserva lo spazio dalla sua stanza alla fine dell’episodio “The Best of Both Worlds”, nel quale egli viene trasformato per poco tempo in Borg?

(Premete F5 per leggere

il resto dell’articolo)

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti