Intervista con Guido Di Leone e Dario Deidda
19 min readL’etichetta Abeat records pubblica a marzo del 2023 il cd “In Duo” di Guido Di Leone e Dario Deidda. Registrato al Duke Jazz Club di Bari il 12 e 13 febbraio 2022 da Massimo Stano e Claudio Ferrara.
Sono molto felice di aver ascoltato in anteprima questo bellissimo album registrato live in uno dei miei club preferiti da due carissimi amici e straordinari musicisti. In ogni brano ho avvertito un’intensità profonda e un interplay perfetto che accade solo quando “In Duo” si trovano a suonare artisti di questo livello. Ho trovato per niente banale la scelta dei brani, una scaletta che ha entusiasmato anche il pubblico presente. Complimenti di cuore Guido e Dario, vi auiguro tanti concerti con questo fantastico “In Duo”!
Fabrizio Bosso
Guido Di Leone. Musicista jazz, chitarrista, didatta, è nato a Bari nel 1964, dove attualmente vive.
Molto prolifico come compositore, bandleader e arrangiatore, dal 1990 ha inciso un centinaio di CD di cui circa la metà come leader, lavori pubblicati prevalentemente per le etichette “YVPMusic”, “Philology”, “Fo(u)r Records”e dal 2016 per la “Abeat Records”.
Stilisticamente identificato nell’area del Modern Mainstream, Di Leone incide per la collana “Standards on Guitar” e, con un particolare interesse per le sonorità e composizioni del chitarrista Jim Hall, “All for Hall”, “Alonely flower for you ” e il Live “Tribute To Jim Hall” al fianco di Peter Bernstein.
L’ ultima pubblicazione lo vede ancora protagonista in un live ” In duo” con Dario Deidda.
Non mancano le composizioni originali incise su” Isole”, ” Sax Line”, “Duets”, “Parents” e una certa attenzione verso il Latin Jazz: ” Abrasileirado”, “Jazz’n mambo”, ” Tudo Bem”. In duo con la cantante Francesca Leone incide “Tudo em bossanova”, “Coracao Vagabundo” e ” Historia do samba”.
Il suo apprezzato comping e la buona conoscenza degli standards jazz, lo portano a suonare e a incidere frequentemente con noti artisti internazionali: Mark Murphy, Jerry Bergonzi, Peter Bernstein, Paolo Fresu, Fabrizio Bosso, Jim Rotondi, Renato Chicco, Jim Snidero, Andy Watson, Michele Hendricks,Tiziana Ghiglioni, Gianluigi Trovesi, Franco Cerri, Gianni Basso, Dado Moroni, Mal Waldron, Trio Corrente…
Nonostante l’intensa attività concertistica in Italia e nei 5 Continenti, Guido Di Leone è spesso impegnato nell’organizzazione di rassegne, Festival Jazz e nella direzione artistica del “Duke Jazz Club Bari”.
Nel 1985 ha fondato la scuola di musica “Il Pentagramma di Bari”.
Attualmente insegna chitarra jazz presso il Conservatorio “Duni” di Matera.
Ha scritto il testo “Metodo facile e completo di Teoria Jazz” edito da “Sinfonica Jazz – Carish” e nel 2012 la “Fo(u)r edition ha pubblicato il “Guido Di Leone Real Book”.
https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Di_Leone
Dario Deidda è considerato uno dei migliori bassisti italiani nel mondo. Vince per otto volte consecutive il riconoscimento come miglior bassista italiano al Jazzit Award. È docente al Conservatorio “G. Martucci” di Salerno.
Proveniente da una famiglia di musicisti, Dario Deidda proviene da una famiglia di musicisti; entrambi i genitori suonavano il pianoforte; anche suo fratello Sandro è un musicista jazz. Ha iniziato a suonare la batteria all’età di sei anni, ma presto si è innamorato del contrabbasso. Si è diplomato al conservatorio e ha studiato anche basso elettrico e pianoforte. Deidda è stato membro nei gruppi di Ettore Fioravanti e Roberto Gatto. Ha inoltre lavorato con Danilo Rea, Paolo Fresu, Maria Pia De Vito, Antonello Salis, Stefano Di Battista, Enrico Pieranunzi, Flavio Boltro, Franco D’Andrea e Tullio De Piscopo, Marcus Miller, Ben Sidran, Michel Petrucciani, Benny Golson, Randy Brecker e tanti altri. Si è anche esibito con James Moody, George Coleman, Kirk Lightsey, Mulgrew Miller, Kurt Rosenwinkel, Dave Liebman, Bob Mintzer, Benny Golson e Vinnie Colaiuta. Ha accompagnato più volte in tournée Carl Anderson e Pino Daniele.
Ha suonato con Fiorella Mannoia, Marina Rei, Elisa, Max Gazzè, Alex Britti, Niccolò Fabi, Carmen Consoli e tanti altri ancora. Suona nel Kurt Rosenwinkel Standards Trio e Quintet, insieme al chitarrista Mark Turner e al batterista Marcus Gilmore.
Deidda è stato coinvolto come sideman in più di 60 album, tra cui con Salvatore Bonafede, Jean-Pierre Como, Rosario Giuliani, Nicola Conte, Enrico Rava e Fiorella Mannoia. Nel 2003 ha registrato l’album 3 from the Ghetto a proprio nome con Julian O. Mazzariello e Stéphane Huchard. Ha registrato The Auditorium Session con Tom Harrell, Maurizio Giammarco, Fabio Zeppetella e Fabrizio Sferra. Segue nel 2017 il suo album My Favorite Strings vol.1 (in duo con il percussionista Gegè Telesforo). Nel 2019 esce 11 piccole cose con Roberto Tarenzi e Roberto Pistolesi.
Dal 2004 Deidda insegna jazz al Conservatorio di Salerno. Tra il 2010 e il 2017, ha vinto otto volte di fila i Jazz It Awards come miglior bassista elettrico jazz.
Intervista
Davide
Ciao Guido, ciao Dario. Come nasce questa vostra collaborazione sfociata nel live al Duke Jazz Club di Bari, la cui registrazione è stata proposta in questo cd? A parte un brano di Guido (Scherzi), avete scelto brani di Jim Hall, Ted Grouya, Oscar Pettiford, Baden Powell, Victor Shertzinger, Duke Ellington, Sonny Stitt e Guy Wood. Come avete scelto questi brani e questi autori, legandoli a quale percorso ideale?
Guido
La scelta del repertorio è stata casuale, decisa quasi sul palco, qualche minuto prima. Il nostro intento era proprio quello di suonare nella maniera più estemporanea possibile un repertorio di brani senza barriere, senza preconcetti.
Alle volte il musicista di jazz ha un preconcetto soprattutto nei confronti di uno standard considerato scontato.
Noi invece abbiamo voluto scegliere fra brani come “Careful”, un primo brano che forse abbiamo inciso insieme in un disco io e Dario, un tributo a Jim Hall, per poi suonare per esempio un brano come “Flamingo”, un brano che entrambi suonavamo con i nostri genitori, quando la nostra attività era agli inizi e suonavamo nei night club e nelle sale da ballo di un tempo, ultimi luoghi in cui si faceva un certo tipo di intrattenimento legato allo standard americano. Quindi la scelta è stata di cuore.
Dario
La collaborazione con Guido è iniziata circa una decina di anni fa e abbiamo trovato subito una bella intesa, sia sui gusti musicali, sia sul modo in cui si doveva suonare cercando l’interplay, il dialogo tra gli strumenti. Probabilmente molto ha influito anche la nostra storia familiare abbastanza simile, in cui i nostri genitori erano entrambi musicisti di un certo tipo, non proprio jazzisti, ma comunque appassionati e cultori di questa musica, entrambi pianisti. Abbiamo iniziato in effetti con loro la nostra attività musicale. E quindi abbiamo trovato molte affinità, anche nella scelta dei brani, nell’amore per alcuni brani e per un genere musicale che si rifà molto al jazz degli anni ’50 e ’60, gli standard, le canzoni americane suonate con un gusto innanzi tutto melodico; e poi anche per la ricerca armonica non particolarmente esagerata. Quindi è nata un’empatia, un’amicizia, Ci siamo sentiti in qualche modo anche un po’ fratelli in questa cosa che ci accomunava, questo rapporto cioè con i propri genitori, i padri in particolare, che amavano la musica e anche il rispetto per il pubblico, per lo show… ovviamente non lo show inteso come esibizione pura, ma come ricerca sincera e spontanea del rapporto con il pubblico. La scelta del repertorio è stata condivisa ed è principalmente legata alle nostre passioni, cioè a quello che ci accomunava, anche rispetto alla nostra vicenda familiare in comune. Per cui la scelta di alcuni brani come “Flamingo” è stata un po’ dettata dal nostro passato, da ciò che abbiamo vissuto nelle nostre esperienze musicali anche familiari.
Davide
Ascoltare un duo di chitarra e basso è abbastanza insolito. Come avete lavorato al riarragiamento di questi brani ottimizzando la chitarra e il basso in assenza di ogni altro strumento musicale?
Guido
Non abbiamo arrrangiato i brani. L’idea di avere due strumenti completi come la chitarra e il basso rappresenta una delle piccole formazioni più tipiche. Poi con un bassista come Dario, che utilizza il basso a quattro corde, un basso che ha un suono particolarmente acustico, con una concezione più legata al contrappunto, che ha un accompagnamento armonico che spesso oggi utilizzano molti bassisti, simulando quasi la tipologia di accompagnamento di una chitarra.
Ciò che mi piace di Dario è che conserva la tipicità del basso o del contrabbasso, in questo caso il basso, giocando appunto più sull’idea del contrappunto.
La chitarra invece tradizionalmente ha questo ruolo di accompagnatore e solista
Poi Dario è un solista straordinario e quindi ecco l’idea del duo. Ma spesso le formazioni nel jazz, almeno nel nostro caso, nascono più da una comunione di gusti, di intenti, di pulsazione swing che è legata proprio a una formazione.
Se Dario fosse stato un pianista, e lo è anche, io avrei avuto comunque il piacere di duettare con lui.
Dario
È stato tutto molto naturale. Non abbiamo pensato in particolare di arrangiare. L’importante era fare in modo che sia le armonie, sia le melodie fossero ben chiare, che ci fosse un reciproco ascolto, un interplay inteso non come imitazione di ciò che sta facendo l’altro, ma come un’interazione che rendesse molto facile capire le intenzioni dell’altro e quindi l’andare a cercare un reciproco supporto. Diciamo che in questo duo siamo entrambi sia solisti, sia accompagnatori; quindi questo scambio avviene molto naturalmente tra musicisti che parlano la stessa lingua. E in qualche modo io e Guido parliamo la stessa lingua.
Davide
Vi è anche una certa quantità di improvvisazioni? Se così, come vi siete approcciati a questo materiale dal punto di vista appunto improvvisativo? In che modo equilibrate d’intesa queste due diverse modalità di creazione ed esecuzione della musica?
Guido
Ovviamente tutto quello che abbiamo fatto è improvvisato. Entrambi però abbiamo un grande rispetto delle melodie. Le melodie originali, per quanto possano essere giustamente reinterpretate, variate, nel nostro approccio, in questo approccio in particolar modo, sono sempre presenti, e sono sempre lì. Sicuramente nel momento in cui il tema viene esposto, viene esposta anche una grande percentuale di rispetto della melodia originale e nel contempo, durante i soli, c’è sempre una citazione. Però tutto il resto è tutto improvvisato, anche finali, introduzioni e via di seguito.
Dario
Ovviamente sì, c’è molta improvvisazione, ma non è una cosa che viene così dal nulla. È ovvio che ognuno di noi ha cercato di studiare le proprie parti perché fossero chiare e utili alla creazione della musica, all’esecuzione. Non c’è stata una grande ricerca, ma piuttosto molta naturalezza nel suonare i brani. Quando c’è una certa empatia tra due musicisti, non bisogna andare a cercare chissà quali altri elementi. Basta quello: cercare di seguire quella e non andare a forzare con eccessive ricerche su chissà quali sonorità. In effetti poi vengono da sole. Alcune sicuramente possono sembrare anche ricercate ma assolutamente non è così, è un discorso di intesa, di empatia.
Davide
Perché la scelta di editare un live, per altro eccellente, invece che portare le tracce in studio? La calda atmosfera dal vivo di un jazz club è un valore aggiunto?
Guido
Perché una musica fatta così necessitava assolutamente dell’energia e delle vibrazioni del pubblico di un jazz club. Proprio il fatto di non avere arrangiato i brani, di non avere alla base un progetto ma un’idea musicale soltanto, ha fatto sì che la scelta fosse necessaria. Forse non saremo mai andati in studio di registrazione per affrontare un repertorio in maniera così libera e fresca.
Dario
Amiamo molto suonare dal vivo. Lo stesso Bill Evans accennava a questo discorso, che bisognava essere cioè molto fortunati nel trovare la giornata in studio in cui si è ispirati, in cui la musica scorre come fosse dal vivo. Perché la musica nasce come arte che deve comunicare qualcosa al pubblico, quindi suonare e creare in studio non è sempre facile.
In alcuni casi può sicuramente aiutare, quando la musica è particolarmente arrangiata, complessa, Ma quando la musica deve scorrere, come succede nel nostro disco, l’apporto del pubblico, il calore, gli applausi, il sentirne la presenza e la sua voglia di ricevere è una componente molto importante, molto sentita dai jazzisti in generale e, in questo caso, particolarmente da me e da Guido. Essendo molto facile amplificare strumenti come la chitarra e il basso acustico, la scelta di fare un concerto contemporaneamente e registrare è più facile. Un po’ come va va, anche un po’ rischiando, perché qualche errore può sempre capitare. Ma ben venga magari quel rischio pur di avere invece un pubblico presente che ti trasmette, anche inconsapevolmente, la propria presenza, il proprio apprezzamento. Non la ricerca dell’applauso, ma della comunicatività.
Davide
Dario, tra i tuoi ultimi lavori, dopo quelli a tuo nome con Gegè Telesforo (My favourite strings voll. 1 e 2, 2017 e 2018), ci sono stati un singolo e un album con Gabriele Mirabassi e Fabio Zeppetella (Stones, 2021). Ci sono state altre uscite tue recenti da indicarci, collaborazioni, metodi didattici o altro? Inoltre volevo chiederti perché la scelta di un basso classico a 4 corde e non per esempio le varianti a 5 o 6 corde, sempre più diffuse nel jazz per la maggiore gamma armonica e una più ampia possibilità solista?
Dario
Sì, contemporaneamente all’album con Mirabassi è uscito un album in trio con Kurt Rosenwinkel e Greg Hutchinson; io faccio parte di un trio che si chiama Standards. Il disco si intitola “Angels around”, che è anche il titolo di un mio brano contenuto nel disco. Poi ho fatto altre collaborazioni con musicisti americani, con Seamus Blake, Peter Berntsein (e Guido), Jeff Ballard… molti musicisti americani, che negli ultimi tempi si sono trasferiti in Europa e quindi a volte ci inseriscono nei loro progetti. Questa estate sarò in tour in Spagna con Jerry Bergonzi, un sassofonista straordinario di origini italiane, ma assolutamente americano. Con Renato Chicco e Andrea Michelutti alla batteria faremo una diecina di giorni in Spagna. È uscito un mio video didattico, il primo, per YouJazz, una sorta di etichetta e associazione di musicisti che sta producendo questi video didattici quasi tutti dedicati al jazz, comunque agli strumenti. Questo video si intitola “My way”. Sarà in due parti. È uscita per ora solo la prima parte che descrive principalmente l’approccio tecnico allo strumento, particolarmente utile per chi si dedicherà al jazz ma non solo.
Per quanto riguarda invece la scelta del basso… Intanto il mio non è un basso elettrico vero e proprio, ma un basso acustico che ha molta affinità con il contrabbasso. Negli ultimi anni sto provando a suonare questo strumento per avere una sorta di mia voce e che mi permetta anche di avere un approccio tecnicamente più ampio. È un po’ più semplice da suonare rispetto a un contrabbasso. Semplice tra virgolette perché poi comunque ogni strumento ha le proprie difficoltà, soprattutto nel creare un proprio suono. E poi personalmente amo il basso a 4 corde. L’aggiunta di una quinta corda può essere utile in alcune situazioni, forse per una musica più latineggiante, come nel repertorio brasiliano, anche se il grande Jobim o altri grandi della musica brasiliana hanno sempre utilizzato il contrabbasso, o qualche basso semiacustico o bassi elettrici normali, a 4 corde. Sì, c’è l’estensione e ne apprezzo anche l’uso di alcuni, ma ognuno deve fare quello che sente. Per me il basso è quello a 4 corde. A me piace molto improvvisare, anche in un linguaggio jazzistico non da bassista, quindi da sassofonista o da pianista. Sono un amante di Bill Evans, di John Coltrane, di Clifford Brown, quindi cerco di inserire materiale che arriva da questi e altri strumenti, ma lo inserisco in un range appunto che è quello di un basso o di un contrabasso o di un basso elettrico a 4 corde, che va anche sulla parte alta eventualmente, ma quasi come punto di arrivo, non come un punto di partenza. Io non amo poi soprattutto i 6 corde: la quinta corda grave mi piace, ma la corda acuta la trovo un po’ come di una chitarra limitata, perché comunque la chitarra è un’altra cosa: siamo sempre un’ottava sotto. Il suono diventa qualcosa che non mi rappresenta. Io non sono molto attratto dai bassisti che usano la corda acuta che va a sforare nel range basso della chitarra.
Davide
Come didatti quali cose, al di là delle tecniche, vi preme innanzi tutto di infondere e insegnare?
Guido
Sia io che Dario siamo molto impegnati didatticamente. Entrambi insegniamo in conservatorio. Io poi dirigo “Il Pentagramma”, una scuola di musica che ha ormai più di 35 anni, una scuola dedita al jazz. Per me è ovviamente importante insegnare il linguaggio, è importante insegnare gli aspetti ritmici, gli aspetti armonici, ma soprattutto anche i valori del jazz, la cosiddetta musica d’insieme, cioè come stare insieme, come suonare con gli altri. Oggi la didattica si è un po’ trasformata, perché in un certo qual modo deve anche sopperire a certe esperienze di cui io e Dario abbiamo goduto, come quella del live, il live tutti i giorni, il live dell’intrattenimento di un certo tipo che ti consentiva di fare esperienza, di suonare tanti brani, tanti standard, affrontarli a orecchio, affrontarli leggendoli, affrontandoli cambiando la tonalità all’istante, perché magari c’era un ospite di passaggio. Questi sono aspetti che oggi si tende più che altro a insegnare nelle scuole. E soprattutto l’amore per la musica che si vuole studiare. Ahimè, purtroppo rispetto ai tempi che furono, ci ritroviamo anche a dover convincere gli studenti dell’utilità dell’ascolto, soprattutto con i giovani. È un po’ buffa questa cosa, perché ci si aspetta che chi si approccia allo studio del jazz lo faccia venendo già da una grande base di ascolti. Invece chi si approccia già in un’età più avanzata, solitamente sono appassionati. Le cose vanno così e quindi bisogna stimolarli all’ascolto. Addirittura io lo utilizzo come compito, cosa che non mi sarei mai immaginato di fare. Cioè portami l’ascolto per la prossima volta di almeno cinque versioni di un brano. E questi sono i tempi che cambiano.
Dario
Per ciò che riguarda la didattica, entrambi insegniamo al Conservatorio. Guido ha anche la sua storica scuola di musica a Bari, che ha sfornato davvero ottimi musicisti, anche molto giovani, e con cui ho anche collaborato. Mi viene da nominare come primo esempio Aldo Di Caterino, ma anche il giovane nipote di Guido alla tromba, Alberto Di Leone, la cantante Donatella Montinaro e molti altri… Guido ha una bellissima scuola.
Io nell’insegnamento cerco di formare, non tanto di infondere la mia personalità, per cui lavoro moltissimo sulla tecnica, e per tecnica si intende ricercare un bel suono, il proprio suono che però sia anche bello. Perché a volte è molto facile dire “è il mio suono” e poi magari… Perché insomma, ci sono dei canoni molto precisi la musica è anche scienza, fisica.
Per il resto lavoro molto sul repertorio e sulla ricerca dell’empatia, che è ciò che mi caratterizza. Vado a quel punto a trasmettere la mia esperienza, che è quella che mi ha permesso di lavorare molto, di essere apprezzato e di avere molte collaborazioni.
Questo non vuol dire non andare a ricercare una propria personalità, ma la personalità dev’essere comunque qualcosa che deve sposarsi con quella degli altri. È un po’ come trovarsi in un discorso in cui uno parla una lingua diversa da quella degli altri: anche se uno ha personalità, l’altro non lo capirà. L’importante è puntare sempre a una personalità che possa essere comunicativa e possa fondersi con le altre personalità presenti nella band. Io provo sempre a trasmettere questo discorso.
La ricerca a volte ossessiva che c’è oggi della composizione o del trovare un proprio sound, è qualcosa che non andrebbe ricercata ma al limite bisognerebbe lavorarci un po’ di più sopra dopo un po’ di esperienze, dopo un po’ di anni in cui si impara dagli altri o anche da soli attraverso i libri e le trascrizioni. È un percorso che dura tutta la vita, come molti sanno e come molti grandi hanno detto. Io mi sento ancora in una fase di cambiamenti e di crescita. Fortunatamente è così. Una cosa che mi rende molto felice è il fatto di non essere mai soddisfatto di quello che sto facendo, perché appunto cambiando, avanzando con l’età cambiamo, e quindi automaticamente la musica fa parte della nostra vita e noi dovremmo cambiare insieme ad essa. Insomma, puntare a un rapporto con la musica che sia sano, fatto di umiltà e di ricerca, per cui si lavora sempre su stessi, sia tecnicamente, sia nei rapporti con gli altri musicisti.
Davide
Il cd è uscito per la Abeat records di Mario Caccia. Quanto è importante incontrare ancora discografici ed etichette di valore, sempre più rari e rare in Italia?
Guido
A parte la gioia di poter incidere per la Abeat records, in particolar modo per Mario Caccia, è importante avere un referente che ama colloquiare con te prima della produzione di un disco, che vuol andare a fondo. Io, quando ho conosciuto Mario, sono rimasto sorpreso da questo atteggiamento. Sinceramente mi era capitato poche volte in precedenza. Racconto anche un episodio. Per il mio primo disco con Mario Caccia, dedicato agli standard, stemmo mezz’ora al telefono. Lui voleva assicurarsi che non fosse una scelta pressappochistica e io gli spiegai l’importanza degli standard nella mia preparazione, nel mio amore, nel mio modo di fare il jazz, e lo convinsi senza insistere. Si rese conto che per me non voleva essere soltanto una scelta casuale. Io ho scritto molti pezzi originali, ma ultimamente mi sto dedicando molto alla reinterpretazione degli standard. Sarà che diventiamo grandi, sarà che ho fatto dei dischi interi di composizioni originali e da un po’ di anni sento invece molto il piacere di interpretare degli standard, anche se già tanto interpretati.
Quindi con Mario Caccia è tutto più facile. Poi lui si occupa delle copertine con sua moglie, Marina Barbensi, che è bravissima e viene stimolata da quello che è stato inciso.
Viva la Abeat records e viva i produttori che ancora credono con passione a questo lavoro.
Davide
Cosa seguirà?
Dario
Non lo sapremo mai ed è bello soprattutto non saperlo. Io e Guido faremo sicuramente altre cose insieme. Potrebbe anche essere una seconda parte, quindi riproporci in Duo, oppure provare un’altra collaborazione con altri musicisti. A me piacerebbe fare anche qualcosa con Francesca (Leone), che è una cantante straordinaria, magari un omaggio brasiliano o qualcosa di questo tipo.
Diciamo che il materiale non ci manca.
L’importante è cercare di fare sempre buona musica, di trasmettere poesia, di trasmettere amore. Io personalmente, e anche nei progetti di Guido dove non ci sono io, mi sembra di captare sempre questo messaggio di amore, di voglia di fare qualcosa di bello a prescindere dalla propria bravura, dall’esibizione del proprio estro. Quindi personalmente mi trovo d’accordo con le scelte e con la mentalità di Guido, per cui sicuramente potremmo fare altre cose insieme.
Vista l’età, che comincia a essere avanzata, io amo cercare di fare le cose in cui sto bene e sono a mio agio, con musicisti con i quali io possa condividere quest’aspetto della musica.
Oltre al piacere di suonare bene, mi piace lavorare su me stesso, evolvermi dal punto di vista strumentale, però cercando un significato all’interno di una musica, di un progetto, di una idea. Per cui fare cose così, un po’ fini a se stesse attualmente non mi va… Mi è capitato anche a malincuore di rifiutare alcune proposte di giovani musicisti, a suonare con i quali, ascoltando un po’ il repertorio, mi sarei sentito un pesce fuor d’acqua. È chiaro che tecnicamente siamo tutti capaci di eseguire un certo tipo di musica, ma poi riuscire a dare quel qualcosa in più penso sia fondamentale all’età nostra, negli anni della maturità.
Davide
Grazie e à suivre…
Discografia di Guido Di Leone
- 1990 All for Hall (Splas(h)) A.Zanchi, E. Fioravanti, P. Fresu.
- 1992 Never swingin’ in the rain (Lucas records) M. Carbonara, M. Sannini, F. Puglisi.
- 1993 Scherzo (Pentaflower) A. Zanchi, E. Fioravanti, C. Fasoli, S. Tasca.
- 1995 Hearing a Rhapsody (Modern times) A. Zanchi, M. Murphy, B. Mover, P. Arnesano, T. Ghiglioni.
- 1998 Terra do sol – Abrasileirado (Cristiani pr.) P. Arnesano, M. Rosini, P. Sebastiani, E. Falco, M. Campanale.
- 2000 Con alma (Yvp) V. Di Modugno, M. Campanale.
- 2001 Body and Soul (Yvp) G. Bassi, M. Manzi.
- 2001 Ventiseifebbraioduemilauno (Philology) P. Arnesano.
- 2001 Seven come £leven (Yvp) Pentagramma guitar jazz orchestra.
- 2002 Gianni Basso in Bari (Yvp) G. Basso, G. Bassi, S. Tranchini.
- 2003 Totò jazz (Panastudio) E. Carucci, G. Bassi, E. Lanzo.
- 2004 Isole (Yvp) M. Lacirignola, M. Sannini, G. Bassi, M. Manzi, Ottonando brass ensemble.
- 2005 Flamingo – Jazz’n Mambo (Philology) E. Carucci, G. Bassi, E. Falco, C. Pastanella, P. Arnesano.
- 2006 Duets – Tribute (Fo(u)r) B. Middelhoff, M. Murphy, D. Moroni, A. Hermann, G. Smulyan, P. Arnesano, G. Bassi, E. Zirilli, F. Cerri, M. Tamburini, I. Coleman, G. Silveira, A. Adamo.
- 2006 Walkin’ Ahead (YVP) B. Middelhoff, P. Ciancaglini, A. Minetto, A. Hermann.
- 2006 Trio de Janeiro (Fo(u)r) P. Arnesano, E. Falco.
- 2008 Blue Night (Philology) B. Middelhoff, P. Benedettini, A. Minetto.
- 2008 Bossa na minha casa (Fo(u)r) F. Leone, G. De Lilla, F. Delle Foglie.
- 2009 Sax Line (Fo(u)r) B. Middelhoff, D. Scannapieco, G. Partipilo, R. Emili, P. Benedettini, A. Minetto.
- 2010 G. Di Leone Trio. Standards on guitar. R. Chicco. A. Watson . Four records.
- 2011 G. Di Leone. E. Macchia. D. Di Lecce Trio. Broadway. Four records.
- 2011 Renato Chicco Trio. This is new. R. Chicco. A. Watson. G. Di Leone . Barnette Records.
- 2012 F. Bosso. G. Di Leone. G. Bassi. M. Campanale. Four friends in Bari. Four records
- 2013 G. Di Leone 4tet. Standards on guitar vol.2 .Four records
- 2013 Vibe guitar Quartet .The Duke. S.Tasca. G. Di Leone. G.Bassi. G. Scasciamacchia Four records
- 2014 A. Adamo. G. Di Leone.F. Angiuli. The night has a thousand eyes. Four records
- 2014 Francesca Leone sings bossa nova with Guido Di Leone Pocket Orchestra .Four records
- 2016 Con Alma Trio meets Jerry Bergonzi. Di Leone. V. Di Modugno. M. Campanale .Abeat Records
- 2016 G. Di Leone trio. A lonely flower for you. To Jim Hall. Dario Deidda . G. Scasciamacchia. Abeat Records.
- 2018 G. Di Leone .Two sleepy people. R. Chicco. D. Deidda. A. Watson. Abeat Records
- 2019 F. Leone e G. Di Leone .Tudo em bossa nova. Abeat Records.
- 2019 G. Di Leone trio . Parents. J. Rotondi. P. Benedettini. Abeat Records
- 2020 Peter Bernstein e Guido Di Leone. Dario Deidda .Andy Watson. Tribute tonJim Hall. Abeat Records
- 2021 Francesca Leone e Guido Di Leone. Special guest Trio Corrente. Coracao Vagabundo . Abeat Records.
- 2021 F. Bosso. G. Di Leone. B. Montrone.M. Campanale.Bariville 4 tet. Masaboba Records.
- 2023. Guido Di Leone e Dario Deidda. In duo. Abeat Records.
- 2023. Francesca Leone e Guido Di Leone. Historia do samba. Abeat Records.
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