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Stanze nascoste – Derek Raymond

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traduzione diFederica Alba e Pamela Cologna
Meridiano Zero(Padova, 2011)
pag. 335, euro16.00.
 
Contro le costrizioni del contrattouniversale. Contro il contratto universale. Anche altre e altri hanno lasciatocomodi nidi, per intrufolarsi nelle tribolazioni della strada. Ma sfidochiunque a trovare le stesse traversie visitate da Robin Cook, tutte insieme, etutte in un’altra persona; ovviamente al di là che queste nuove citazioni chepossono sempre e comunque venire in mente, di certo, appunto, presentino altrivagabondaggi. Di Derek Raymond, che come sappiamo è il nome d’arte di questoindomabile Cook, non avevo scritto che di “Incubo di strada”: sbagliando. Nelsenso che, come può insegnare Vicentini, Raymond è un maestro dellaletteratura. Senza voler, però, fare da maestro. Sotto il titolo “Hiddes Files”fuori dall’Italia l’autobiografia di Raymond è uscita già nel 1992; dunque conritardo ma sempre in tempo il Paesottero accetta questo libro culminante delloscrittore d’origini e fine inglesi. “Stanze nascoste” non è pensato’semplicemente’ per mostrare i ferri del mestiere, per disegnare la forza deglistrumenti a disposizione, per raccontare il dolce fetore della solitudine.”Stanze nascoste” racconto l’idea del mondo di Robin Cook. Che cosa loscrittore pensa della vita. Oltre a perché e come scrive. Che dice del genereche vive: quel genere letterario sviluppato per analizzare da uno sguardodiverso dagli altri tante esistenze sfrontate e desolate: la feccia prodottadal Contratto Universale. Che Derek Raymond rifiuta. Perché l’autore questocontratto lo vorrebbe abolire. Robin Cook, che da subito aveva rifiutatofamiglia e proprio nome con cognome, nella sua esistenza ripiegata negliscatoloni del domicilio francese ha fatto diversi lavori. Dal guidatore di taxial coltivatore. Compreso il pantano, in un certo senso, che fu la scrittura delcapolavoro “Il mio nome era Dora Suarez”. Non per niente in questaautobiografia molti punti sono dedicati alla narrazione del rapporti spinto colromanzo di cui si dice. Derek Raymond ha scritto questo suo libro esemplare etestamentale a Le Puech. Prima di rifare tappa nella sua Inghilterra. Ma dopoaver toccato la Spagna durante il franchismo e l’antifranchismo. Per esempio.Solamente nei primi anni Raymond fu ricco, e solo la guerra fece capire ai suoigenitori che significasse esserlo con il tormento d’avere almeno qualcheproblema. Derek Raymond, inoltre, se così possiamo veramente dire, s’è persinoarruolato nell’esercito. Dentro quel macello che ha sputato i resti di tantiscrittori e poeti. Amante di Sartre, dedito a Sartre, quando lo scrittorescopre che il noir deve essere il fiele che produce fiele, non abbandonerà maipiù l’angolo. Ma per farci sentire quanto sia necessario che gli altri che sonofiniti nell’angolo e/o a tappeto l’han fatto per meriti nostri. Indubbiamente,come tra l’altro altri hanno segnalato, Raymond è un anarchico. Un veroanarchico. Pronto a conservare qualche ambiguità conservatrice, insomma, eppureconsapevole d’essere cantore del progresso necessario. A tutti i costi. Secondoogni passato. Il castello che aveva custodito le prime intemperanze di Cook s’èrotto. L’Italia e l’Africa si sono palesate. Parigi e la Spagna battagliera. Latestimonianza che vuole lasciarci Cook-Raymond, sicuramente condita da qualchefabula, è il migliore racconto orale che si potesse scrivere. Lucido eimpazzito. Non è dunque vera l’asserzione: “la mia autobiografia non potrà maiavere la leggibilità di un romanzo. Dopotutto descrive solo un insieme difunzioni”. Perché questo vita a forma di romanzo spiattella nelle abitudini darintananti ogni funzione degli ultimi. Purtroppo per l’autore, questo libro èpieno d’insegnamenti.

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