Furio Bordon è un affermato regista teatrale. Triestino, laureato in legge, ha scelto di non esercitare la professione forense ma di dedicarsi esclusivamente alla scrittura e alla regia teatrale. Dal 1988 al 1992 è stato il direttore del Teatro Rossetti. Nella sua brillante carriera può contare molte opere narrative e romanzi: “Giochi di mano”del 1974, “Il Canto dell’orco”del 1985, “Il favorito degli dei” del 1988, “La città scura” del 1994, oltre a numerose sceneggiature e testi teatrali. Vent’anni fa ha pubblicato il romanzo Il canto dell’orco, che viene adesso ristampato, in una versione riveduta e corretta, dalla casa editrice Sellerio. Un giallo,definizione riduttiva del libro, molto interessante, con al centro della vicenda Luca Simoni, un giovane giornalista d’assalto, la cui vita viene ad essere sconvolta dall’incontro con Martino Mozzati, il boia di Cavalta , colpevole dell’omicidio di 50 ostaggi civili nel corso di una rappresaglia antipartigiana. Un libro che merita di essere letto sia per la trama narrativa, abilmente orchestrata, che per i personaggi tratteggiati. Il suo ultimo lavoro teatrale Le ultime lune è stato tradotto ed allestito in più di venti Paesi. Ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune mie domande.
D. Luca Simoni è un affermato giornalista. Invidiato dai colleghi, ha in pugno la città, notizie di prima mano, ma inizia a bere e soffre di una latente depressione. Si è ispirato a qualcuno per tratteggiare questo personaggio?
R. A nessuno. E’ un personaggio totalmente inventato.
D. La sua vita viene ad essere sconvolta dall’incontro con il fascista Martino Mozzati, il boia di Cavalta, un uomo considerato un oro, ricercato dalla polizia per l’omicidio di Francesca, la sua donna, ma Luca è affascinato dalla personalità dell’uomo e crede nella sua innocenza. E’ un modo di associare due “perdenti”?
R. Forse due fragilità nascoste. Quella di Luca, nascosta sotto il talento, la cultura, il successo professionale, lo porterà a lasciarsi colare a picco nella considerazione sociale; quella di Martino, nascosta sotto il vitalismo esibito, il gusto per l’eccesso, la violenza lo porterà a impazzire per amore.
R. Forse due fragilità nascoste. Quella di Luca, nascosta sotto il talento, la cultura, il successo professionale, lo porterà a lasciarsi colare a picco nella considerazione sociale; quella di Martino, nascosta sotto il vitalismo esibito, il gusto per l’eccesso, la violenza lo porterà a impazzire per amore.
D. Luca si innamora di Anna, la figlia di Francesca che odia Martino. l’ex reduce di Salò ha sottratto la madre alla famiglia, ma Luca preferisce l’amicizia di Martino all’amore per Anna. Ritiene che l’amicizia sia più importante dell’amore?
R. Anna non ama Luca. Nel caso specifico il problema è anche questo. Quanto alla questione generale, ciò che vince non è la qualità del sentimento ( amore o amicizia), ma la sua intensità.
D. Lei tratteggia,in maniera egregia, i due personaggi, facce della stessa medaglia e, procedendo nella lettura, il rapporto fra i due si fa sempre più intenso, tanto che il giornalista ospita l’uomo, ricercato dalla polizia, nella sua casa e pensa di scrivere un libro sulle vicende dell’ex gerarca, facendo dire a Luca che ” non potrò mai capire chi uccide un essere umano, ma non si può autorizzare un uomo ad uccidere in guerra, insegnarlo a farlo, premiarlo se lo si fa bene, punirlo se si rifiuta e poi scandalizzarsi se non riesce più a pensare che la vita umana è sacra”. E’ un modo di giustificare i reduci di Salò e, in senso lato, chi ha combattuto la guerra?
R. E’ un modo per condannare la doppia morale dello Stato, che autorizza a uccidere in guerra e punisce l’omicidio in tempo di pace. E comunque il problema dei reduci, che tornano alla vita civile guastati dall’esercizio della violenza e della morte, è sempre esistito e non potrebbe non esistere.
D. Uno dei migliori personaggi, oltre ai due, è, secondo me, il libraio Tegolino che cova, da una vita, una vendetta contro l’ex boia. Dopo la guerra non vi era spazio per il perdono?
R. Si può perdonare una persona che, con la sua delazione, ha causato lo sterminio della tua famiglia? Io penso che solo un santo lo potrebbe fare.
D. Il libro pone al lettore una serie di inquietanti interrogativi, il più importante dei quali è se Martino è stato o no, un “boia” e quanto è labile il confine fra il bene e il male. Non vi è, secondo lei, una differenza netta in merito?
R. Concettualmente il bene e il male possono essere separati con un taglio netto. Nella realtà, però, coesistono le percentuali variabili in ogni essere umano e, in questo caso il taglio non è facile.
D. Lei ha definito, giustamente, Il canto dell’orco il libro “un noir morale”.Perché?
R. Perchè apparentemente la struttura è quella di un “noir”, ma sostanzialmente la vicenda e la scrittura sono al servizio di una ricerca sui temi morali.
D. Il finale del libro è molto amaro. Non vi è spazio per la speranza?
R. Luca alla fine della storia ha 33 anni. Ha tuta la vita davanti e probabilmente molte cose per lui cambieranno. Glielo auguro di cuore, ma al momento non ne so niente.