Tra gli strumenti più insoliti al mondo, merita segnalare l’esistenza di due chitarre impossibili. La prima, realizzata dai ricercatori della Cornell University, Ithaca, NY, è del 1977 e riproduce la Fender Stratocaster, il mito per eccellenza tra le chitarre rock. La sua particolarità è che si tratta di una chitarra creata su scala atomica ed è grande più o meno quanto un globulo rosso del sangue. Si tratta di una mera dimostrazione delle potenzialità delle nanotecnologie e, quindi, non suona. La prima nanochitarra capace di emettere suoni tuttavia esiste. La sua realizzazione è stata annunciata di recente dalla American Vacuum Society e nelle sue forme si ispira alla Gibson Flying V
Gibson Flying V
La nano-chitarra che suona contiene dei cosiddetti “nano electro mechanical systems” (NEMS), una serie di dispositivi le cui dimensioni sono nell’ordine di milionesimi di millimetro ma che, nonostante ciò, sono in grado di funzionare. La nanochitarra di ultima generazione, ben cinque volte più piccola della sua predecessora del ’77, è stata realizzata da Lidija Sekaric, Keith Aubin e Jingqing Huang allo IBM Watson Research Center. Impossibile vederla a occhio nudo (serve un microscopio), figuriamoci suonarla! Per farlo bisogna utilizzare impulsi laser che fanno vibrare le sue corde di silicio di lunghezza variabile tra i 6 e i 12 micrometri e di sezione variabile tra i 150 e i 200. Il suono è ovviamente diverso da quello di una qualunque normale chitarra. Le nano-corde suonano a una frequenza più alta di 17 ottave, cioè vibrano a una frequenza che è 130.000 volte maggiore. Impossibile, quindi, anche da udire. Per poter ascoltare il suono di questo prodigio della nanotecnologia, si deve trasformare elettronicamente in onde acustiche udibili il segnale ottico creato nello spettro di interferenza tra la vibrazione della corda prodotta dal laser e la luce riflessa. La tensione che permette di accordare le nano-corde è data dall’applicazione di una tensione continua ai due estremi. In una chitarra la lunghezza delle corde è variabile premendo le dita in vari punti o tasti; ciò determina le diverse frequenze e, quindi, le diverse note musicali. Nella nano-chitarra, considerate le già minime dimensioni delle sue corde, non è possibile ottenere che una nota soltanto per ogni corda, salvo elaborazioni elettroniche di traduzione del suono, selezionando e amplificando vari armonici di ogni singola nota fondamentale (ascolta il brano “Bugle call“, realizzato su una sola corda e suoi armonici). L’altro brano che vi invito ad ascoltare è “Cagey” (tributo a John Cage), una improvvisazione per chitarra micro-metrica le cui nano-corde sono state colpite contemporaneamente da più fasci laser.
Se volete dunque sentire come suona la nano-chitarra, questo è il link:
http://www.news.cornell.edu/releases/Nov03/NEMSguitar.ws.html
Sfida nano-tecnologica, chicca per curiosi e momento ludico-musicale a parte, la Cornell University realizza anche altri strumenti miniaturizzati in forma di arpe, vibrafoni, percussioni, tutti destinati a una qualche futura applicazione meno futile, per generare o filtrare, con le loro vibrazioni, segnali di trasmissione, specialmente nei sistemi di comunicazione che viaggiano sulle fibre ottiche.