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Magnificat Marsigliese – Francesca Mazzucato

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Tre punti tracciati su una cartografia a piacere. Tracciati nero su bianco a solleticare fughe della mente. Tre luoghi che potrebbero essere ovunque; scenari diversi a prestare colori e odori ai drammi che supportano.

Marsiglia è il centro di questa cartografia. Scelta da Francesca Mazzucato che già ne “L’anarchiste” ne aveva scritto, attestando la propria fascinazione per questa città che sa essere francese e del mondo.

Mazzucato sceglie appunto qui di magnificarla. Quasi a renderle una sacralità metafisica ed esistenziale.

Fine oppure inizio, Marsiglia è luogo d’incontro, passaggio, addii e ritrovi. Terra di profumi ed essenze che s’incrociano mescolandosi perdendo memoria acquisendo nuove vite. Nella speranza come nell’incubo. È dunque questo l’epicentro delle tre storie raccolte in “Magnificat Marsigliese” ed in particolare la scrittrice ce ne racconta nella prima di esse, facendone una protagonista velata e silenziosa.

Da Marsiglia poi cadremo volando nella polvere del New Mexico, tornando infine in Liguria. Tre racconti dunque, ognuno con una propria ambientazione profondamente diversa dall’altro. Eppure ciascuno ha Marsiglia come elemento comune, laddove essa diviene città- simbolo del passaggio e della transizione. Passaggio mentale di ripensamento, in cui assumere la propria crisi, progredendo infine verso nuove consapevolezze. Geografia interiore da attraversare per ritrovarsi infine, o perdersi magari, in un’ammissione definitiva, senza ipocrisia né riserve.

Ognuno dei punti che l’autrice segna su questa mappa di ricerca hanno fragilità e amore quali principali coordinate a localizzarli. Un tracciato irregolare ad attraversare significati a tratti ambigui ed esperienze anche dolorose – una per tutte: l’anoressia -, vissute da tre donne.

Donne per l’appunto. Uniche protagoniste di questo libro di vicende complesse. Donne viste al di là di qualsiasi luogo comune, prescindendo da ogni compromesso o moralismo. Figure fragili nel corpo e nell’anima. Labili. Senza rinunciare però a resistere nel perseguire ciò in cui credono o sperano. Esempi a loro modo di interezza e fierezza, nel loro essere guerriere nude, combattenti contro paure pregiudizi e solitudine. O contro se stesse. Nell’amore. Qualunque sia la definizione che gli si voglia attribuire. Qui non importa.

Interessa invece la forza femminile in grado di palesarsi in luoghi e condizioni impervie come l’emarginazione la malattia la follia. Un amore che comunque è certo ben lungi dal paradigma estetico e patinato di vacue speranze, inscatolato oggi in forma di sogno. Borghese e sano. Un amore che invece è oggetto multiforme per bizzarre cacce al tesoro dagli imprevisti risultati. Lo si scopre, cacciatori inconsapevoli o lo si perde, dimentichi e distratti, tra tante cose inutili e vaghe. Per caso o per azzardo. Per chiunque abbia anima e occhi attenti a notarlo nelle crepe in cui talora s’annicchia.

Questo dunque ciò che muove le tre protagoniste dei racconti. Personaggi femminili di varia estrazione sociale e vissuti anche molto differenti, in comune appunto una femminilità che non ammette bugie sentimentalismi o civetterie. Un senso d’appartenenza che si configura come assoluto, nelle eterogenee sfaccettature che pure può assumere. Non poteva che essere questa la caratteristica fondante per i tre racconti di “Magnificat Marsigliese”, libro che inaugura la collana diretta dalla stessa Francesca Mazzucato. Una nuova collana interamente dedicata alle scrittrici, e che almeno all’esordio pare bene interpretare gli spunti lasciati da Virginia Woolf in “Una stanza tutta per sè”, seguendo il percorso laterale e l’empatia necessari per raggiungere il centro dell’esperienza femminile. Quella autentica, intendo.

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