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L’ultima duna – Cesare Battisti

4 min read

postfazione di Sibyl von der Schulenburg

presidente Artisti dentro onlus

Golem Edizioni (Torino, 2022)

pag. 271

euro 18.00

Il romanzo di Cesare Battisti, “L’ultima duna”, scritto da un obbligatorio stato di fermo, è un’opera che sa di cammini. L’esperienza precedente, “Faccia al muro”, DeriveApprodi (Roma, 2012), era stato l’ultimo libro che avevo letto di Battisti. Dopo averlo omaggiato con la presenza fondamentale per la trama se pur romanzata nel mio “Farina di sole” (Senzapatria), di qualche anno prima; che veniva appena dopo la campagna di sostegno internazionale con la quale chiedevano che non gli si concedesse l’espatrio verso l’ex Belpaese, ma con la quale chiedevamo anche per lui la grazia. L’ultima duna, comunque, e sia detto subito, non è un giallo storico, né un noir puro, né un thriller che cerca d’emulare gli statunitensi. L’ultima duna è un’opera militante, un libro politico, un romanzo intransigente: perché appunto tiene insieme tutti i caratteri d’un genere che fa una linguaccia a tutti quei generi di prima. Non a caso, infatti, premesso che sappiamo essere i romanzi sempre attuali – perfino quando apparentemente dicono di cose distanti anni luce da noi – in questi giorni il libro è nuovamente attuale. Sembra scritto dopo gli ultimi fatti di cronaca. Sarà per il fatto che l’ha scritto una persona per lunghi mesi privata in cella anche d’ogni possibilità di scrivere, per ogni tema trattato, per la volontà espressa del dire tutto. Sarà che la postfazione è del presidente dell’associazione Artisti dentro, con la quale adesso per fortuna Battisti collabora. O perché – soltanto – puntualmente nel Mediterraneo si fanno morire migliaia di persone. Il romanzo comincia con questo Aurelio Bottini, accusato d’omicidio e premeditato e partecipazione a organizzazione criminale internazionale, è utile spiegare, che fa un resoconto, con alla mano i braccialetti della questura legati a un termosifone, alla vicequestore Fiore. E qui immediatamente si capisce che siamo davanti all’opera militante per definizione. Bottini, insomma, che ha fatto volontariamente la traversata che tanti sono costretti a provare rievoca scenari internazionali del passato prossimo, d’oggi e di domani. Che, appunto, grazie all’autore di “Ma cavale” torniamo a guardare di nuovo in faccia, per esempio: la Siria e le terre curde, la Grecia, la Turchia, la Palestina. Con un focus narrativo dedicato alla guerra civile siriana. Ma con gli omaggi, pure, alle donne curde che hanno combattuto, spesso morendo, contro lo Stato Islamico. La prima parte di questo libro fu scritta interamente a mano nel carcere di Rossano Calabro. E fino all’ultima pagina questo cammino nel mondo attuale è stato portato fuori da quella cella un poco alla volta. Ché solamente la sua avvocato era autorizzata a farlo. Alle presentazione Battisti è sempre assente. Da quando, dopo l’ultimo asilo politico, quello brasiliano, fu ceduto alla politica italiana come regalo della Bolivia, lo scrittore deve scontare per tutti una condanna molto simile alla pena di morte. Che come certi personaggi della sua opera, sconta per tutti e con dignità.

 

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