Una donna – Annie Ernaux
4 min readL’orma Editore
Narrativa
Pagg. 99
ISBN 9788899793470
Prezzo Euro 15,00
L’elaborazione del lutto
Mi è occorso poco tempo per leggere questo libriccino e ancor meno per rileggerlo, perché le pagine sono poche (in tutto 99) e lo stile è talmente scorrevole che scivola via, come una goccia di pioggia sul vetro di una finestra.
In breve la storia è questa: la madre dell’autrice, anziana e malata di Alzheimer, ricoverata in una struttura specializzata, muore. L’evento, per quanto certo e comune a tutti gli esseri viventi, diventa un dramma per la figlia; quella consapevolezza che chi l’ha messa al mondo e l’ha cresciuta non c’è più e che non potrà più rivedere accanto a sé necessita di un inconscio, ma indispensabile processo di elaborazione che si estrinseca nel ricordo, a partire da quello che ha appreso da altri della vita della sua genitrice quando questa era ancora una bimba. Poi, il tempo scorre e dal matrimonio della madre nasce lei, Annie, ed è allora che la memoria frutto di accadimenti che l’hanno toccata si fa più dolorosa, emergono caratteri, dolcezze, contrasti, è un film la cui pellicola si svolge senza poterla fermare. Affiorano anche punte di rimorso per quello non detto o fatto e che si sarebbe dovuto dire o fare, e anche quello che si è detto e si è fatto, e non si sarebbe dovuto né dire né fare. E’ un percorso obbligato, l’unico perché possa essere attutito il dolore e sia accettata la morte di una persona cara come un evento del tutto naturale. E’ una cesura netta con il passato, tanto che il libro si conclude con queste parole: “Non ascolterò più la sua voce. Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti, la sua maniera di ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina che sono stata. Ho perso l’ultimo legame con il mondo da cui provengo.”.
A primo colpo può sembrare un racconto banale, perché in fin dei conti tutti ci siamo passati, ma il genio dell’artista è nel rendere del tutto eccezionale ciò che è solitamente normale, è la capacità di dire e scrivere con parole semplici, ma mirate quella che è la vita, appassionando chi legge, avvincendolo, consentendogli di essere partecipe all’elaborazione di un lutto che, se non ha già sperimentato, prima o poi diventerà una fase della sua esistenza.
E’ il primo libro che leggo di questa autrice francese che ha ricevuto nel 2022 il prestigioso Premio Nobel per la letteratura e mi è piaciuto, mi ha avvinto dalla prima all’ultima pagina, ho partecipato alla elaborazione del suo dolore come se sua madre fosse stata mia madre, perché anch’io ho percorso dentro di me lo stesso doloroso itinerario dopo la scomparsa della mia genitrice. Io non ho saputo però raccontarlo, mentre lei ha vergato sul foglio le parole di un intimo tormento, fino a quando – ne era ben consapevole, avendone timore – lo stratagemma della memoria, che tanto serve a mantenere in vita un defunto, sarebbe crollato con la definitiva certezza della perdita della persona cara.
E’ un libro di grande sensibilità e di rara bellezza e quindi è senz’altro più che meritevole di lettura.
Annie Ernaux (Lillebonne, 1 settembre 1940) è una scrittrice francese vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2022. Di famiglia operaia, ha vissuto fino all’adolescenza in Normandia, mantenendo in seguito un forte legame con l’ambiente sociale d’origine e le tematiche della differenza di classe. Ha esordito con il romanzo Gli armadi vuoti (Les Armoires vides, 1974), nella tradizione del realismo sociale, cui è seguito Il posto (La place, 1984), ricostruzione del proprio ambiente familiare. Nei romanzi successivi ha continuato a indagare, in un linguaggio «vero», che si vuole oggettivo e depurato da evasioni stilistiche o di finzione romanzesca, i luoghi e le sensazioni della propria autobiografia al femminile: Passione semplice (Passion simple, 1991), La vita esteriore (La vie extérieure, 2000, nt), Perdersi (Se perdre, 2001, nt), L’uso della foto (L’usage de la photo, 2005, nt), L’altra figlia (L’autre fille, 2016). Gli anni (Les années, 2008), pubblicato da L’orma nel 2016, è vincitore del Premio Strega Europeo 2016 e finalista del Premio Sinbad 2015 – Narrativa straniera. Con L’Orma ha pubblicato Memoria di ragazza (2017), La vergogna (2018) e La donna gelata (2021).
Nel 2022 è vincitrice del Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “per il coraggio e l’acutezza clinica con cui scopre le radici, le estraneità e i vincoli collettivi della memoria personale”.