Mediagraf Edizioni
Poesie
Pagg. 111
ISBN 9788888484334
Ciò che si può cogliere
La poesia è lo specchio dell’anima, riflette quelli che sono i nostri sentimenti, è una cartina di tornasole di quel che dentro di noi definiamo l’IO, ciò che veramente siamo. E allora può capitare di leggersi, di scoprire nei versi che escono dalla nostra penna una figura che nemmeno supponevamo, ma che altri, attenti a osservare il fluire delle parole, gli accostamenti sillabici, il filo predominante del discorso, già ci avevano classificato. Nel leggere queste poesie della raccolta Ipotetico approdo si può solo pensare che l’autore possa essere, anzi sia, un attento osservatore di situazioni e di eventi, ma anche come il suo sguardo si posi soprattutto sugli ultimi, sui più deboli, sui più sfortunati, senza compassione, ma eventualmente con pietà verso un mondo che permette che esistano certe situazioni, che consenta prevaricazioni e inutili crudeltà (Li ho portati i miei / studenti al cippo di Sabbiuno di Piano / a leggere quei 34 nomi tenendoci per mano. / Arno e Vanes erano con noi a dir più volte / non eravamo eroi, / non c’erano né buoni né cattivi, / c’era la guerra / e urgeva difendere la nostra terra. . /….). Che si tratti dell’eroico sacrificio di partigiani o del mondo chiuso di un bimbo autistico per arrivare al tormento dei profughi bambini Claudia sa cogliere di ognuno la dignitosa interpretazione del ruolo di emarginati, di sconfitti dagli uomini, ma non dall’umanità. Sono versi dolenti, ma non enfatici, sono uno stato emozionale che si trasmette al lettore in un flusso continuo, quasi un pianto da tragedia greca, che lo scuote, gli induce una ribellione che non è ricorso alla forza, ma condivisione, un bel passo avanti rispetto al grande male di quest’epoca: l’indifferenza. Ma c’è posto anche per altro, per i grandi misteri come l’amore, per i contrasti assoluti fra fede e ragione, e non poteva mancare, a maggior ragione con i fatti di questi giorni, anche se la raccolta è ben antecedente, il richiamo alla pace, un termine che esiste perché è usato anche quello della guerra, perché senza guerra l’uomo non desidera la pace.
Potrei scrivere ancora e forse finirei l’inchiostro, tanto avrei da dire, ma ricordo che la poesia parla da sola, non ha bisogno di intermediari, sta lì in attesa che qualcuno la legga e, soprattutto, che sia disposto ad accoglierla; versi dopo versi, parole che si susseguono, immagini che si materializzano nella mente, sensazioni che prendono corpo, un piccolo sorriso di soddisfazione che si disegna sul viso, questa è la poesia, un’ostrica che poco a poco si schiude per rivelare il suo tesoro, una libertà che nessuno potrà mai togliere (Io nuvola, lei rondine – Libera come nuvola / nel cielo di marzo,/ cosciente della / piccolezza della rondine, / pretesi di guidarla / verso la luce / ….)
Claudia Piccinno nasce a Lecce nel 1970, ma si trasferisce giovanissima in Lombardia e poi in Emilia Romagna dove attualmente vive. Presente in oltre sessanta raccolte antologiche, già membro di giuria in vari premi letterari a carattere nazionale e internazionale.
Insegnante di ruolo nella scuola primaria, Laurea in Lingue e Letterature straniere.
Per ulteriori informazioni e per quanto concerne il corposo numero di opere pubblicate è opportuno un rimando al sito personale http://claudiapiccinno.weebly.com/