KULT Underground

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Intervista con Gianni Venturi

8 min read
MANTRA INFORMATICO
– of voice and men –
2018
MP (Micio Poldo) & Records
 
Il bolognese Gianni Venturi è musicista, ricercatore vocale, già frontman dei progetti Moloch e Assalto Thotemico, poeta e scrittore. Il suo cd “Mantra Informatico” consta di 13 titoli: Distonia, Isole, Mantra Informatico, Plastica lucente, Straniero ovunque, Assenza, Dolore antico, Nulla, Pensiero portante, Dimmi che mi ami, La visione di Leonardo!, Iside, Mother.
Gianni Venturi nasce in una casa di musicisti e inizia a scrivere molto presto. I genitori sono ballerini di tango, la madre gitana d’origine. 
“Involuzione premeditata”, la sua opera prima, è del 1986 e ha la prefazione di Roberto Roversi. A seguire, esce un altro libro di poesie: “Il sogno della palude”, che giunge fino all’università di Seattle grazie a Paolo Valesio. 
“Krystos” è invece il primo romanzo di Venturi. Segue il libro di racconti “Uomini e Topi (parafrasando Steinbeck)” stampato per la casa editrice Nuove scritture. Nel frattempo, un’antologia svizzera pubblica alcune sue poesie. Nel 2008 esce il romanzo: “Laksmi Shiva” diario di un assassina, edito da Altromondo editori.
In contemporanea alla scrittura, porta avanti le altre sue passioni cantando e allestendo performances di poesia sonora sia in Italia che in Europa. Da ragazzino la Fonoprint di Lucio Dalla produce un suo 45 giri. Il disco viene pubblicato sotto lo pseudonimo di René (Marta Collina), dal quale però si è presto distaccato. Sempre per la Fonoprint esce “bluSottile”, album ben riuscito ma che non riesce a fermare lo scioglimento del gruppo, che avverrà durante la promozione del disco.
È a questo punto che nascono gli Altare Thotemico. Conosciuti più all’estero che in Italia, è in questo gruppo Prog-Jazz-Rock che Gianni sfodera le sue doti di sperimentazione vocale alla Stratos. Questo dono lo porta inoltre in giro per tutta Italia a fare conferenze e seminari sull’uso della voce.
La sua intensa esperienza di musicista è stata arricchita da un periodo non breve in cui ha vissuto per strada, suonando l’armonica, conoscendo persone considerate “strane”, persone di mondi differenti, persone di cui solitamente si è diffidenti.
Ha anche dipinto e scolpito per un certo periodo, esponendo in Italia e all’estero grazie alla galleria Gnaccarini. 

Link: https://giannijonathanventuri.it/
https://gianniventuri.bandcamp.com/track/mantra-informatico-2

 
Intervista
 
 
Davide
Ciao Gianni. Mantra, dal verbo sanscrito man, pensare, da cui manas, pensiero, mente, intelletto… Come nasce il tuo “Mantra Informatico”, intorno a quale pensiero primario?
 
Gianni
La ripetizione, o circolarità, la mistica della vibrazione sonora il Mantra che citi, in realtà Mantra informatico potrebbe essere un ossimoro, ma credo che il web sia una sorta di contenitore mantrico, alcune forme che si ripetono, il virtuale che ha fagocitato il reale, e diviene reale a sua volta, creando avatar di noi stessi, rinnegando a volte, anzi spesso la propria capacità di pensare, assorbendo informazioni e non concetti, diventando noi stessi un informazione. Ma esiste un web occulto che sta riunendo concetti privi della forma, come  se si appartenesse al mondo iniziale di puro concetto dei Veda. Aldilà del suo significato il Mantra, viene usato come una filastrocca sonora per svuotare la mente, non solo induista, ma anche i cattolici con canti gregoriani usano la circolarità sonora per spegnere la mente, come tabula rasa di Cartesiana memoria, per riempirla poi del divino…
 
Davide
A parte il basso di Valerio Venturi e alle programmazioni ritmiche di Daniele Bagnoli, e solo in Mather la voce di Debora Longini, l’elettronica di Lucien Moreau e il sax di Emiliano Vernizzi,  molti suoni sono stati da te generati vocalmente, quindi trattati elettronicamente. Cos’è un “ricercatore vocale” o, meglio, cosa ricerchi tu nella voce e dalla voce in particolare?
 
Gianni
La ricerca vocale ha connotazioni legate alla terra, da bimbo ero pastore, dietro alle pecore, provavo ad imitare i belati, e i suoni degli uccelli, poi ho scoperto che anche in Mongolia facevano così. Poi nel tempo, la musica di mio Padre mi ha avvolto, Flamenco, Tango, canti della terra, pur non avendo grandi doti vocali, mi rendevo conto che la voce non serviva solo per comunicare parole, ma soprattutto emozioni, sensazioni. Demetrio parlava della lallazione, il linguaggio dei bambini, probabilmente il linguaggio primordiale, svincolato dalla parola. Un linguaggio emozionale. Poi, mi affascina trasportare tutte queste informazioni in musica, ed è quello che faccio. Per quanto concerne la musica, le voci spesso mi annoiano, soprattutto quelle “troppo” impostate, mi solletica l’idea di andare oltre, anche in luoghi che possono apparire sgradevoli come prima impressione. In ultimo, la voce per me, è qualcosa di mistico, viene usata con i Mantra, per liberare la mente, per alcune culture il mondo è nato con una vibrazione vocale.
L’idea di Mantra Informatico era appunto di usare la voce come strumento, a parte un basso elettrico suonato da Valerio Venturi, e poche sequenze ritmiche, sono solo voce, synth, bassi batterie, ritmiche, chitarre, suoni vari, tutto voce. 
 
Davide
Sono tue le diplofonie di reminiscenza Xöömej in “Nulla” (è il mio pezzo preferito)? Qual è stato il lascito di Demetrio Stratos dal tuo punto di vista e come tu lo hai raccolto e personalizzato?
 
Gianni
Si sono mie le diplofonie, e Nulla brano Qoeheletiano, è anche il mio preferito.  Demetrio mi ha indicato la via, che è la stessa che seguo ora, ci sono voci Mongole, Siberiane, canti sciamanici che vanno ben oltre, ma Demetrio forse è stato il primo in Italia ad andare oltre, certo aveva doti immense, e voce splendida. Posso dire che senza di lui forse non ci sarebbe una ricerca vocale in Italia. Le sue dissertazioni su suono e linguaggio sono ancora attuali e geniali.
 
Davide
Dal futurismo alle prime registrazioni sperimentali coi magnetofoni di Henri Chopin e relative deformazioni/manipolazioni della voce, dalla poesia liquida di Arrigo Lora Totino a Giuliano Zosi, Luigi Pasotelli, la polipoesia eccetera… la poesia sonora ha ormai una lunga storia. Quali sono i poeti sonori che hai seguito con più interesse?
 
Gianni
Vengono spesso ricondotte alla sperimentazione fonetico-sonora anche opere che nella tessitura testuale privilegiano il “nonsense”, la glossolalia e le tecniche di collage di tipo ritmico, così come i cosiddetti poemi fatici, dove il testo è subordinato al senso dell’intonazione e allo spessore della qualità vocale, come in “Per farla finita col giudizio di Dio” di Antonin Artaud. In Italia Enzo Minarelli, teorico della polipoesia, la grande Patrizia Vicinelli con Eros e Thanatos, Gian Ruggero Manzoni, ho conosciuto personalmente Adriano Spatola fondatore di Baobab la prima rivista sonora. Organizzai insieme ad amici il primo e unico festival di poesia sonora a Bologna nel 90.
Per quanto mi concerne per poesia sonora s’intende la poesia declamata, dove la sonorità supporta in qualche modo il testo. Si cominciò già con i Dadaisti con Hugo Ball, Raul Hausmann e altri. Il tentativo di vestire i versi con la “declamazione dinamica” concetto futurista, mi ha sempre affascinato, questo non per dare più forza al verso, ma per fare qualcosa che possa fondere suono e verso, da qui la ricerca vocale.
 
Davide
Spogliata da altre forme d’espressione interdisciplinari, cos’è invece per te prima di tutto la poesia? Quali poeti hai amato sopra tutti?
 
Gianni
Spesso mi pongo questa domanda: Cos’è per me la poesia? Considero la Poesia l’argilla con la quale si formano tutte le arti. La poesia non fa nulla per avvicinarsi a te, resta in attesa dell’esplorazione, a volte può apparire snob, difficile, ermetica, ma posso assicurare che quando il verso entra ed esplode nell’anima, tutto un mondo si mostra. Quando versi come “il naufragar mi è dolce…” M’illumino d’immenso…” e mille altri, nascono un raggio di luce perfora la tenebra della disumanizzazione. Poeti? Leopardi, Apollinaire, Ungaretti, Marina Cvetaeva, Dylan Thomas, Yeats, Roberto Roversi, ma sono tanti altri, ogni giorno scopro chicchi di poesia ovunque, anche tra i cantautori e band musicali. 
 
Davide
Quali i punti di contatto o le unità di fondo per te tra poesia e suono, vocalità, gestualità e performance o forme d’espressione visiva? Cosa c’è per te al centro di tutto o cosa vi cerchi? Qual è la tua più personale definizione o ridefinizione di poesia sonora?
 
Gianni
A volte osservando la danza, la pittura, un film, si dice che c’è poesia, questo significa che la poesia è uno stato dell’essere, alcuni sono bravi ad esprimerla a parole, altri in immagini o in musica, altri nella danza, ma senza poesia nessuna forma artistica per me ha senso. Quindi cerco nelle mie performance di poetare ogni gesto, ogni visione, questa per me è l’arte. Per poesia sonora intendo far si che il verso e il suono giungano allo stesso punto emozionale, il suono veste il verso che a sua volta veste il suono. Tornando a Demetrio, parlava spesso del linguaggio primordiale, dove la parola non era codificata, ma l’emozione si esprimeva con il suono. I Magma gruppo francese hanno inventato una lingua, anche i Sigur Ros… Roberto Roversi diceva che c’è una poesia che necessita solo la lettura solitaria, intima, che ti parla personalmente, e un’altra poesia che viene rafforzata dalla declamazione e dal suono… Per i circoli ristretti della poesia colta quello che sto per dire è una bestemmia, ma sono certo che alcuni musicisti abbiano prodotto in musica poesia splendida ed evoluta, anzi oserei dire che il ritmo poetico necessario alla poesia, sia quasi perfetto in musica. La poesia sonora è ovunque c’è suono. 
 
Davide
Chiude “Mother”… Che lingua usi oltre all’inglese? Una lingua hindi? Perché questa chiusura più orientata al canto e alla musica tradizionale induista o comunque d’oriente, conciliandovi (o riconciliandovi) però anche l’occidente per eccellenza rappresentato dalla lingua inglese, oltre che dall’elettronica?
 
Gianni
La lingua che canto in Mother è Koreano antico, un canto spirituale, che viene dal Buddismo, mantrico, la lingua inglese perché il concetto che esprimo è internazionale, L’elettronica è comunque parte dell’ossimoro da me usato già nel titolo: Spiritualità informatica? Può essere il web mistico? 
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Gianni
Mantra Informatico è diventato uno spettacolo con Debora Longini voce, Chiara Mogavero danza, Visual e voce narrante. Il secondo disco è già pronto, e sto incidendo il terzo degli Altare Thotemico. Tante voci ma un unico fuoco che arde. 
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
Gianni
Grazie a te, apprezzo sempre le tue domande stimolanti.

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