Passigli Poesia,pp.90, euro 12,50
Si avverte nella raccolta un sensodi libertà.
A girare e rigirare le pagine èinutile cercare un unico parametro unificante, un indizio di scritturaconvenzionale, la fedeltà a uno qualsiasi dei canoni che pregiudizialmentedovrebbero sorreggere i testi poetici.
Serena Maffia se ne va per la suapoesia, con un linguaggio del quotidiano che non ha alcuna reticenza a esibiretermini dalla sfera digestiva e genitale, ben lontano, dunque, da quello di un poetalaureato, attraverso traslati, ironie, metafore mai toccate, quindisorprendenti per la freschezza, con una padronanza ormai collaudata dalla sua precocee costante fedeltà all’arte.
Dico arte in senso lato,perché Serena, come si sa, oltre alla scrittura in versi e prosa, se purgiovanissima ha perseverato negli anni anche nella pittura e in particolarenella ritrattistica.
Sembra quasi che lei nella silloge silimiti a seguire lo scorrere del pensiero, il quale quasi mai procede, pur inun ragionamento logico, con matematico rigore, ma per frasi e immagini per unistante ferme e subito elise o appannate, che svoltano di continuo in altreconfigurazioni.
È solo impressione. Il ritmosuadente e controllato, le allitterazioni, le rime di tanto in tanto, l’anaforadanno conto di un testo curato e non improvvisato.
Nella raccolta sono innegabilialcuni punti.
Innanzi tutto sul piano formalenotiamo la preferenza accordata alla composizione lunga e soventeall’ipermetro, la reiterazione di alcuni concetti chiave madre-pane-lievito,la consapevolezza senza esitazioni del sé femminile e poetico.
Sin dal primo componimento l’autricesegna la sua appartenenza al Tempo, non come astratta categoria filosofica, maflusso degli eventi. Serena Maffia sa di appartenere alle generazionidall’inizio, anche a quelle legate al mito. Si legge di Penelope (… è vita…èlievito se macini il grano/ e fiorisce di buono anche lei quando è madre),di Saffo; vi si adombra Elena, che si può intendere come metafora di se stessao persino della poesia.
Il Tempo che canta è quello dellaforza generatrice tipica del femminile, in una similitudine col pane chelievita, immagine che torna e ritorna, come si diceva, lungo lo schierarsi deiversi ed è pane benedetto da Dio.
Il potere del femminile, a suo dire,costituisce la forza propulsiva dell’universo, ne è la Madre.
Tutta la natura, anche quellarepellente, possieda la forza di creare:
L’acqua chetagenera vermi.
Prima di lei, ultimo anello dellacatena, troviamo la madre naturale che l’ha concepita e partorita, oltre laquale, però, rivendica la sua unicità.
Lei sperava fossi cedro e nonmimosa, ma Serena era in ogni caso …mollica/ pane del suo pane/ magnificaal suo seno.
Questo legame indissolubile tra isegmenti del tempo –passato, presente, futuro- è così cantato da Serena Maffia.
…sulla porta ho veduto il sorrisod’una donna/ qualunque/ d’una donna ch’è donna, d’una donna gravida di/ speranza/d’una figlia che figlia il passato, che muore e rinasce/ al futuro.
Da ogni madre tuttavia bisognadistanziarsi per supportare la propria crescita, espandere le propriepotenzialità e osare la conoscenza del sé profondo e delle cose intorno. Bisognarifuggire dal luogo comune che intende i giorni noiosi e indecifrabili l’unodall’altro. Maffia nei giorni ci entra per rintracciare le peculiarità deilibri che ama leggere, dei luoghi che le portano gioia e nostalgia e delle figurefamiliari, che talora descrive in maniera singolare, come in La nonna rap.
Nel succederci dei giri degli anni,nei quali la stessa Ofelia resta impigliata, viva per sempre, senza essere maiannegata, incastonata per l’eternità nella cera della sua durata, si restaincantati di fronte alla maestosa veemenza della Storia. Scrivo di nuovo coniniziale maiuscola ma senza l’intento di categorizzarne il senso. La Storia perSerena è il semplice quieto accadere, nel quale lei si iscrive come donna emadre felice, senza eccessi di turbamenti esistenziali e esistenzialistici, cheaggravano molta parte della poesia, anche recente.
Sono la calma chesi gode la vita.
Altrove:
Senza parole, sottoil tuo sguardo/ sono la violenta purezza dell’essere.
Ma più diffusamente più avanti, inmaniera esemplare e chiarificatrice:
…quanto sento forte il mioappartenere alla natura/ persuasa che in un unico caso potrei morire: per/generare/ anche la morte allora sarebbe vita/ l’istinto di conservazioneinvertirebbe gli aghi della rosa/ dei venti/ io smetterei di essere senzasmettere d’esistere.
Nata quale figlia del caso, potenzialmentein grado di giungere in qualsiasi punto, Serena è poi contenta di essere pane edi fecondare la terra.
Il Tempo di Serena Maffia si dispiegaanche in un archetipo geografico, nel quale si sente radicata. Si avverte quasiuna fusione, dannunzianamente intesa, col cielo assolato, con la terra odorosa.Il luogo magnifico che l’ha partorita- è nata a Castrovillari- è la Calabria,terra di terre, altra madre, con gli stessi effetti germinativi sulle creaturedel pane. Qui gli effetti pittorici della sua sensibilità visuale risaltano,come appunto in Terra di pane.
…io sono il mio cielo assolato,io sono la mia terra odorosa/ io il mio mare violento…(Tentazione)
Un lirismo intrinseco, che non siaffida alla suggestione della parola per esprimersi, ma a una serie diimmagini, limpide come fotogrammi, dai quali trapelano il legame fatto di amoree ricordo per il mare e la terra che si toccano sotto il cielo soleggiato.
Non si può tralasciare il discorso sullapoesia, nella terza parte della silloge Al cospetto della penna,-le altre due: Le carte volano e Pausa– che l’autrice affronta,spesso in maniera decisamente ironica. Ci sono sedicenti poeti che scrivono perle ragioni più varie che non hanno attinenza con l’ispirazione e il linguaggiopoetico. Allora vengono fuori mostripoeti e pornopoeti.
Solo quando il castello dellapropria costruzione artistica è saldo, la penna ha il diritto a imbrattare lacarta. In caso contrario le carte volano e meritano di disperdersi.
A pagina 70, nel testo Guerriero,dedicato al padre, si legge La Poesia avvolge il pianeta completamente eoccorre notare che per una volta la parola ha l’iniziale maiuscola.
È, alla fine, una professione difede.