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Presso terzi…

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I creditori hanno sempre miglior memoria dei debitori
Benjamin Franklin
 
Non è piacevole per nessuno sentire la parola “pignoramento”, anche per colui che, in veste di creditore, deve agire giudizialmente, con tempi e costi non sempre determinabili, per recuperare un proprio credito; d’altra parte chi non paga i propri debiti e non si cura di contrastare le azioni giudiziarie del creditore (specie in assenza di ragioni giuridicamente fondate per aver omesso il pagamento), in altri termini chi è “debitore”, può facilmente prevedere che il suo creditore, prima o poi, agisca per recuperare le somme che gli sono dovute[2].
I presupposti di questa azione sono comuni ad ogni forma di esecuzione forzata disciplinata dal nostro Codice di Procedura Civile[3]: preventiva notificazione di un “titolo esecutivo”, ossia di un documento nel quale, in modo certo e incontestabile, sia attestato il diritto del creditore a ottenere il pagamento[4], e successiva (o contestuale) notifica di un ultimo avvertimento che impone al debitore 10 giorni per pagare (è il cosiddetto “atto di precetto”). A questo punto, ovviamente in caso di mancato pagamento, il creditore può scegliere quale tipo di beni del debitore aggredire con il “pignoramento”: il primo vero e proprio “atto esecutivo” con la funzione di vincolare determinati beni del debitore al soddisfacimento del diritto del creditore procedente (principale), e di tutti gli altri creditori che dovessero intervenire, in seguito, nella stessa procedura[5].
La forma più elementare di pignoramento, di fatto la meno efficace salvo casi particolari, anche se indubbiamente più temuta dai debitori, è quella “mobiliare”, che si applica ai beni mobili “di valore” presenti nell’abitazione (o nella sede dell’impresa nei limiti di legge[6]), come l’arredo, i quadri, i tappeti, i gioielli, i macchinari, le attrezzature, le merci, e agli automezzi di proprietà[7]; mentre la forma più costosa, in termini di tempi di realizzo e spese da affrontare, per questo adatta a crediti di particolare rilevanza, è quella che colpisce i beni immobili (case, terreni agricoli, edifici industriali etc.)[8].
Il “Pignoramento presso terzi[1]” costituisce, invece, la forma più comune e diffusa di esecuzione forzata rispetto al patrimonio del debitore, in quanto la procedura, è finalizzata a vincolare principalmente i crediti che il debitore vanta nei confronti di altri soggetti che, a loro volta, sono suoi debitori. In altri termini, tra un “primo” e un “secondo” tra cui sussiste un rapporto obbligatorio, in caso di inadempimento di una delle parti, la legge prevede che possa essere “coinvolto” un “terzo” che detiene somme di denaro (o anche altre “cose mobili” di valore economico) di proprietà del debitore, terzo il quale, spesso, fatica a comprendere le ragioni del suo coinvolgimento in una controversia “di altri”[9]. Un esempio elementare può essere d’aiuto per comprendere la logica sottesa all’istituto in esame: Mario deve avere 100 euro da Giovanni che non lo paga nei termini pattuiti, ma Giovanni, a sua volta, deve incassare 200 euro da Luca. Mario può decidere di fare pignorare i beni che Giovanni ha a casa, oppure può decidere di rivolgersi direttamente a Luca e dirgli: «Dei 200 euro che devi versare a Mario, 100 euro devi darli a me». In questo modo, Mario ha maggiori possibilità di ottenere presto i suoi soldi, visto che per Luca è assolutamente indifferente pagare nelle mani di Giovanni o di Mario. In più si interviene in un momento precedente a quello in cui i soldi vengono versati al debitore, il quale potrebbe, a quel punto, sottrarli all’obbligo di pagamento nei confronti di Mario anche solo spendendoli prima in altro modo[10]. Più precisamente, l’articolo 543 c.p.c., che definisce l’istituto, contempla due distinte ipotesi di pignoramento presso terzi: quella in cui il terzo sia in possesso di beni del debitore o quella in cui quest’ultimo vanti crediti nei confronti del terzo[11].
Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti”[12].
In realtà la consegna del documento scritto contenente l’atto di pignoramento non si configura come “semplice” notificazione: l’effetto di questa azione è infatti propriamente “esecutivo”, da quel momento, infatti, viene bloccato (col vincolo del pignoramento), il denaro/bene mobile eventualmente detenuto dal terzo, tanto che detta azione può essere eseguita solo dal Funzionario Ufficiale Giudiziario (addetto alle esecuzioni), che procede dopo aver controllato l’esistenza dei presupposti documentali alla legittimità dell’esecuzione (titolo esecutivo e precetto regolarmente notificati)[13].
L’atto di pignoramento presso terzi viene qualificato dalla dottrina come un “atto scritto complesso” in quanto risulta compiuto dalla attività coordinata di due soggetti, il creditore procedente (il suo avvocato), e l’Ufficiale Giudiziario: la prima parte, infatti, è sottoscritta dal creditore procedente e deve contenere gli elementi precisamente elencati nel II comma art.543 c.p.c.[14]:
1.l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
2.l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute[15] e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice[16];
3.la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente[17];
4.la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente (in una data tra quelle rese disponibili dal Giudice dell’Esecuzione in ogni Tribunale),
con l’invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni (dalla notifica dell’atto) a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata[18];….
La formulazione del contenuto dell’atto di pignoramento presso terzi ha subito recentemente alcune modificazioni dettate dalla volontà del legislatore di ridimensionare il coinvolgimento del “terzo pignorato” e incolpevole, che suo malgrado si ritrova destinatario di rilevanti quantità di atti di pignoramento presso terzi, in base al numero dei rapporti giuridici intercorrenti con i debitori (si pensi agli Istituti di Credito con centinaia di migliaia di contratti di Conto Corrente e deposito, oppure a grandi Aziende private o Enti pubblici con decine di migliaia di dipendenti e/o utenti di prestazioni previdenziali). Fino all’entrata in vigore della legge 10 novembre 2014 n. 162, sia il debitore che il terzo venivano “citati” a comparire davanti al Giudice[19], con l’obbligo per il terzo di essere presente nel caso in cui si trattasse di crediti da rapporto di lavoro (solo negli altri casi era permesso al terzo di comunicare la “quantità” del credito pignorato con Raccomandata o P.E.C.).
Ora, più semplicemente, deve essere “citato” il solo debitore (che è “parte” in senso processuale), mentre il terzo deve essere solo “invitato” ad effettuare la c.d. “dichiarazione di quantità” che sarà poi utilizzata dal creditore davanti al Giudice[20].
Il terzo deve anche essere avvertito “che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un’apposita udienza (stabilita dal G.E. nella “prima” udienza), “e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”.
Questo significa che se il terzo “dimentica” o, volendo agevolare il debitore a cui deve una somma di denaro, non effettua appositamente la dichiarazione con i metodi “formali” indicati, il creditore potrà ottenere l’assegnazione del credito o del bene del debitore, considerati esistenti in quanto “non contestati”, e “azionare” tale provvedimento del G.E. come “titolo esecutivo” contro il terzo, nel caso veramente “parte” del procedimento a causa della sua omissione, il quale dovrà pagare il credito in luogo del debitore originario[21].
La seconda parte dell’atto costituisce il vero e proprio “atto/verbale di pignoramento” eseguito dal Funzionario Ufficiale Giudiziario, contenente principalmente l’ingiunzione di cui all’art. 492 del c.p.c., “…di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi”, da cui deriva l’inefficacia degli atti dispositivi eventualmente effettuati dal debitore dopo il pignoramento[22]. Si tratta di un elemento fondamentale in quanto la sua mancanza determina l’inesistenza del pignoramento[23]; nell’atto devono poi essere presenti tutti gli altri inviti e avvertimenti comuni a tutte le forme di pignoramento[24].
Per prassi l’intero atto è predisposto dall’avvocato del creditore, secondo le particolarità e differenze di ogni caso, e presentato poi al Funzionario Ufficiale Giudiziario, che “lo fa proprio” in tutte le sue componenti sottoscrivendolo, per la notifica/esecuzione, secondo logica e buona prassi, prima al terzo (o ai terzi), poi al debitore. Infatti, nonostante l’ordine letterale previsto dal I comma dell’art.543 indichi che l’atto vada notificato prima al terzo e poi al debitore, l’interpretazione consolidata non considera questa norma tassativa[25]. La notifica dell’atto viene normalmente richiesta dagli avvocati prima nei confronti dei terzi proprio per “mettere in sicurezza il credito”, nella certezza che rivolgendosi ad alcuni terzi ben identificati (Istituti di Credito, datore di lavoro, clienti-debitori), una o più somme di danaro saranno in ogni caso vincolate. La prassi delle notificazioni cosiddette “cieche”, cioè eseguite verso un imponente numero di soggetti terzi (soprattutto banche), tutti così costretti a verificare l’esistenza di un credito e inviare la dichiarazione patrimoniale, è consolidata da anni, soprattutto da parte di quegli avvocati che non sapendo presso quale istituto il debitore detenga i propri fondi, si fanno pochi scrupoli nello spendere e coinvolgere molti soggetti nella ricerca dei crediti dei debitori, i quali si dimostrano, alla prova dei fatti e nella gran parte dei casi, del tutto sconosciuti ai terzi notificati[26]. Si possono pignorare i crediti dovuti dall’azienda al proprio dipendente a titolo di retribuzione mensile (il cosiddetto “pignoramento del quinto dello stipendio”)[27]; si possono pignorare le somme mensili dovute dall’ente di previdenza al pensionato, anche in tale misura nel limite massimo di un quinto (cosiddetto “pignoramento del quinto della pensione”); si possono pignorare le somme di denaro depositate in banca (cosiddetto “pignoramento del conto corrente”) o tutti gli altri titoli e libretti ivi depositati; si possono pignorare i canoni di locazione che l’affittuario deve al debitore come corrispettivo per l’utilizzo di un suo immobile (cosiddetto “pignoramento di affitti e pigioni”); si possono pignorare anche i crediti dovuti da clienti e altri debitori del debitore (si pensi a un professionista che ha emesso una parcella nei confronti di una pubblica amministrazione la quale, pertanto, diventa sua debitrice).
Gli aspetti delicati e rilevanti di questa procedura così diffusa e invasiva della sfera patrimoniale dei singoli individui e aziende sono ancora numerosi e non è questa la sede per scendere troppo nel dettaglio tecnico, ma la conoscenza delle coordinate fondamentali dell’istituto (che trova applicazione anche in ambito amministrativo e tributario), risulta sempre, a parere di chi scrive, molto utile sia a chi si trovi nel ruolo di terzo che in quello di debitore.
Si possono fare debiti per necessità, per leggerezza e per vizi.
 Generalmente solo i primi vengono pagati.
Oscar Wilde
 
 

[1] Cfr. Arcangelo D’Aurora “Il Pignoramento nel Processo Esecutivo”, ed. giurid. SIMONE, Napoli 2017, pp.363 ss. 

[2] V. Kultunderground n.133-AGOSTO 2006: “Quando arriva l’Ufficiale Giudiziario…” di Alberto Monari, rubrica Diritto 

[3] Codice di procedura civile – LIBRO TERZO – Del processo di esecuzione Artt.474-632. 

[4] Codice di procedura civile-LIBRO TERZO-Del processo di esecuzione-Titolo I-Del titolo esecutivo e del precetto-Articolo 474. Tale documento può essere una “sentenza di condanna” del Giudice, un decreto ingiuntivo, una cambiale o un assegno non pagati nei termini, etc. 

[5] Pur trattandosi di un vincolo giuridico che riguarda il “valore di scambio” dei beni, il loro semplice utilizzo da parte del debitore che ne rimane in possesso, nel caso dei beni mobili e autoveicoli, può comportarne la sottrazione, la distruzione o il deterioramento (si pensi ai rischi che normalmente corre un autoveicolo nella circolazione stradale, o alla normale usura di un bene mobile di valore derivante dal suo uso quotidiano); ecco che il debitore deve evitare di tenere quei comportamenti (compreso l’uso del bene pignorato), che possano diminuirne il valore economico; anche per i beni immobili si impone un uso che non ne metta in pericolo l’integrità strutturale. 

[6] Codice di procedura civile – LIBRO TERZO – Del processo di esecuzione-Titolo II – Dell’espropriazione forzata – Capo II – Dell’espropriazione mobiliare presso il debitore – Sezione I – Del pignoramento, Art.515 Cose mobili relativamente impignorabili. “Gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore possono essere pignorati nei limiti di un quinto, quando il presumibile valore di realizzo degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazione del credito; il predetto limite non si applica per i debitori costituiti in forma societaria… 

[7] Kultunderground n.259-FEBBRAIO 2017: “Automobile pignorata…” di Alberto Monari, rubrica Diritto. 

[8] Non è raro, tuttavia, assistere all’impiego di questo strumento da parte di avvocati/creditori “esasperati” da debitori di somme molto contenute, i quali oltre che della volontà di non pagare sono anche unicamente dotati della proprietà di un solo bene immobile, o porzione “pro quota” di esso, perciò ben difficilmente vendibile. L’inizio della procedura immobiliare ha il fine esclusivo di impressionare il debitore e spingerlo ad assolvere spontaneamente. 

[9] Il “terzo” nell’esecuzione forzata può definirsi come “qualunque soggetto che risulti estraneo al rapporto obbligatorio che lega creditore pignorante e debitore esecutato”. 

[10] Luca può anche dimostrare di non dovere alcunché a Giovanni e così non essere costretto a pagare neanche Mario, ma se ammette il proprio debito, dovrà versare 100 euro a Mario e il residuo al suo effettivo creditore, Giovanni. 

[11] Codice di procedura civile – LIBRO TERZO – Del processo di esecuzione – Titolo II – Dell’espropriazione forzata – Capo III – Dell’espropriazione presso terzi – Sezione I – Del pignoramento e dell’intervento

[12] Nel diritto processuale civile (artt. 136-151c.p.c.) e penale (artt. 148171 c.p.p.) la notificazione costituisce un’attività svolta dall’Ufficiale Giudiziario, su incarico delle parti o del Giudice, volta a portare a conoscenza di un determinato soggetto il compimento di un atto processuale (è sufficiente che l’atto venga portato nella sfera di disponibilità del destinatario, essendo richiesta la sola conoscenza legale dell’atto e non quella effettiva: si parla infatti di presunzione legale di conoscenza). 

[13] Non essendo una semplice notifica, l’atto non potrà essere spedito direttamente dall’avvocato pur autorizzato a notificare in proprio attraverso il Servizio Postale o la Posta Elettronica Certificata. 

[14] L’articolo in oggetto si presenta, in modo simile ad altri casi, come una schematica anticipazione dell’atto giudiziario da redigere materialmente e mandare all’esecuzione nei confronti dei destinatari, nonostante le “fantasiose” composizioni sul tema che producono taluni avvocati… 

[15] L’indicazione può essere anche generica innanzitutto perché il creditore non sa (può solo intuire) se e quanti beni del suo debitore sono detenuti dal terzo, e poi perché l’espropriazione può riguardare anche crediti non immediatamente liquidi ma di maturazione futura (es. i corrispettivi di un rapporto di lavoro non ancora versati al lavoratore/debitore al momento del pignoramento). La mancanza di tale indicazione rende l’atto di pignoramento inidoneo al raggiungimento del suo scopo e quindi nullo. 

[16] Questa intimazione consiste in un atto del creditore pignorante diretto al terzo, il quale non essendo parte, nella procedura esecutiva, non può essere destinatario di un atto esecutivo. Il creditore, in pratica, “intima” al terzo di non adempiere/sospendere il proprio obbligo in base al diritto di credito contenuto nel titolo esecutivo di cui dispone.

La Corte di Cassazione ha stabilito che se questa intimazione è contenuta nella parte dell’atto riservata all’Ufficiale Giudiziario e non in quella redatta dal creditore, il pignoramento non è nullo ma semplicemente irregolare (CSC, sez.civ. n.6835/2015).

[17] L’ultima rilevante riforma legislativa relativa al pignoramento presso terzi riguarda in particolare la competenza territoriale. La L. 10 novembre 2014 n. 162, ha modificato l’art.26bis c.p.c. (Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti), il cui II comma dispone: “…per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitoreha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.”. In questo modo il legislatore ha voluto concentrare davanti ad un solo Giudice competente tutte le cause relative alle esecuzioni mobiliari contro lo stesso debitore (il precedente art.26 dispone che per l’esecuzione su beni mobili è competente il Giudice del luogo in cui si trovano, dunque nella maggior parte dei casi del luogo in cui il debitore possiede i beni avendo residenza, così come per l’esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è competente il Giudice del luogo in cui risiede il proprietario (debitore). Solo per i beni immobili vale la competenza del Giudice del luogo in cui gli immobili si trovano a prescindere dalla residenza del proprietario. 

[18] Codice di procedura civile – LIBRO TERZO – Del processo di esecuzione – Titolo II – Dell’espropriazione forzata – Capo III – Dell’espropriazione presso terzi – Sezione I – Del pignoramento e dell’intervento, Art.547: “Con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, …, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.” 

[19] In termini tecnici la “citazione” è l’atto con cui l’attore invita il convenuto a comparire davanti al giudice competente in una data da lui fissata. Si tratta di un atto formale riservato alle parti del processo. 

[20] Si assiste invece, ancora oggi a più di 4 anni dalla riforma, a molti atti predisposti da avvocati “poco accurati” che basandosi evidentemente solo su formulari non aggiornati, “copiano e incollano” vecchi testi in cui ancora si prevede la citazione del terzo e la sua chiamata e presenza in aula per la dichiarazione… terzo che spesso ha sede in luogo diverso e lontano da quello del Giudice competente, nel luogo di residenza del debitore… 

[21] Il fatto che il terzo non debba pagare nulla al debitore per aver, per esempio,  già saldato completamente il suo debito, non lo esime dall’effettuare una dichiarazione (negativa) al creditore. 

[22] Codice di procedura civile – LIBRO TERZO – Del processo di esecuzione – Titolo II – Dell’espropriazione forzata – Capo I – Dell’espropriazione forzata in generale – Sezione II – Del pignoramento – Articolo 492 

[23] L’art. 543 c.p.c. prevede la presenza dell’ingiunzione tipica dell’Ufficiale Giudiziario nell’atto di pignoramento presso terzi all’inizio del II comma, prima di ogni altro elemento. 

[24] Art. 492 c.p.c. II, III, IV comma. 

[25] Cfr. D’Aurora, op cit. p.364-5.

[26] E questo anche per il fatto che la facoltà di cercare i beni del debitore attraverso le banche dati pubbliche (Agenzia delle Entrate, Enti previdenziali ecc.), prevista dall’art.492bis c.p.c., attraverso l’accesso telematico diretto dell’Ufficiale Giudiziario, non è stata assolutamente attuata dal Ministero della Giustizia, così come la possibilità, prevista transitoriamente, per il creditore di interrogare direttamente le banche dati dopo aver chiesto autorizzazione al Presidente del Tribunale, non ha avuto significativo successo tra gli avvocati. 

[27] “Veramente, fino a quando il debitore dispone di un semplice diritto di credito verso un terzo, è assai difficile sostenere che si tratti di un bene a lui già appartenente in proprietà. Ma si vede che, all’esclusivo effetto dell’espropriazione presso terzi, la legge finge quella appartenenza.” V. Pasquale Castoro “Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico” XII ediz. Giuffrè editore Milano 2013, p.445.

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