Marcello
Ostinato è anche una formula espressiva musicale ripetitiva che guarda caso, si può utilizzare anche in un contesto Blues, il basso ostinato noi lo immaginiamo, perché tranne in Hardog, non viene utilizzato, ma sentire e riprodurre i gravi dandogli un certo rilievo, per il mio strumento ad esempio, è anche uno stile, si avverte particolarmente in Sarnano Blues, Dog Blues, Canone… pennellate di colore sono certi fraseggi musicali. Non sarei rigido nell’attribuire un colore preciso ad una frequenza musicale: secondo me, si devono anche valutare altri parametri in una composizione, tutto il complesso armonico che può influenzare un certo cromatismo di fondo.
Blu dipinto di blu mi piace di più… ostinatamente!
GLAD TREE
Ostinatoblu
Ostinatoblu è il secondo CD dei Glad Tree pubblicato dalla M.P. (Musiche Particolari) a distanza di due anni da Onda luminosa, disco d’esordio del 2015. Il trio è attualmente formato dai torinesi Marcello Capra alle chitarre e Mario Bruno alle tastiere (entrambi già nello storico gruppo progressive Procession) e Lanfranco Costanza alla voce e al flauto. Lasciate le contaminazioni tra occidente ed oriente che avevano caratterizzato il sound del primo disco, Ostinatoblu è un lavoro che affonda le radici nel blues acustico e nel jazz.
Tracce:
Ostinatoblu
Hardog
Dog Blues
Mystery Train
Flower Blues
Waiting for the right time
Sarnano Blues
Giamaica Blues
Canone
Bourrée
Precedenti interviste:
http://www.kultunderground.org/art/1572 (Preludio ad una nuova alba)
http://www.kultunderground.org/art/1911 (Fili del Tempo)
http://www.kultunderground.org/art/18099 (Onda Luminosa)
Davide
Ciao e bentornato su Kult Underground con questo secondo cd a nome “Glad Tree” dopo l’esordio di Onda Luminosa del 2015. Per intanto è cambiato il trio: a te e a Lanfranco Costanza si avvicenda ora Mario Bruno al corno e alle tastiere, oltre a uno special guest al basso in una traccia, Aldo Mella. Diverso è anche il risultato, non più una musica gravitante intorno ai suoni di un’idea occidentale della musica orientale, specialmente indiana, ma al blues e al jazz, quindi alla musica nera. Come nasce Ostinatoblu e con quale discorso di continuità ed evoluzione rispetto all’esordio Glad Tree ma anche alla tua discografia di solista?
Marcello
Ciao Davide, vedo che siamo arrivati alla 4° intervista, che mi fa molto piacere ricevere nuovamente, vuole anche dire che il tempo è contenitore di nuovi capitoli, che si avvicendano in un percorso senza curve improvvise, ma costante e nuovo ogni volta. Nell’estate del 2016 è arrivata una decisione che ha sicuramente influito sulla nuova opera musicale dei Glad Tree, un cambio di ispirazione, favorito dall’ingresso di Mario Bruno, mio “antico” compagno di studi prima al Conservatorio nei primi anni 70, poi tastierista nei Procession all’organo Hammond. Siamo ripartiti dal Blues (le nostre radici) in una speciale e forse unica formazione musicale con flauti, armonica, voce, corno, tastiere e chitarre, per proseguire con innesti di Jazz, specie nello sviluppo di temi con soli in improvvisazione, arrangiamenti per piccolo “complesso da camera” e sempre un pensiero fisso, di raggiungere con le nostre capacità, qualcosa di naturale e profondo nello stesso tempo.
Davide
Perché il blues e in che modo il blues? La scrittrice e attivista Catherine Doherty ha detto che occorre eliminare radici per metterne altre. Cosa sono per te le “radici” e perché esserne alla ricerca o riscoperta?
Marcello
Blues è Anima, linfa vitale per tutti i “perdenti” della società, dolore e gioia sublimati in un suono che ci porta tutti insieme a condividere passioni e sentimenti, non a caso si può esprimere in tonalità maggiore o minore, sono “racconti” di vita che pulsano, che ti fanno battere il tempo, che ti cambiano l’umore, a noi poco interessano le varie declinazioni e le interpretazioni nel tempo e nelle zone geografiche, è questione di un “sentire” che si può manifestare anche in musiche con approcci differenti. Radici comuni, non occorre avere antenati africani o arrivare dalla Louisiana…
Davide
Scrjabin sostenna una teoria che poneva in stretta relazione i colori alle note musicali: lui stesso suonava su una tastiera per luci con i tasti opportunamente colorati di tinte diverse, intrecciando melodie al di fuori del senso comune, lasciandosi trascinare da questo o quel colore e non dalla nota in sé. In base a questa sua teoria avrebbe voluto che l’esecuzione del poema sinfonico Prometeo fosse accompagnata da fasci di luce colorata, prodotta dal clavier à lumières. Il suo La era accostato al verde. Ogni nota che ascoltiamo, secondi alcuni teorici, ha una particolare frequenza d’onda, e per questo motivo ogni nota ha un particolare colore sonoro. In genere al Sol è attribuito il colore blu e al La il viola… Cos’è il blu e perché ostinato?
Davide
Due le cover. Mystery Train di Sam Phillips e Junior Parker, il primo singolo della ormai mitica Sun records alle origini di tutto il rock. Perché la scelta di questo standard e in che modo lo avete rivisitato?
Marcello
L’abbiamo rivisitato in chiave Blues/Rock, dove “l’ostinata” ritmica chitarra acustica si unisce al suono di un organo Hammond, il calore di un’armonica a bocca e ad una scanzonata direi, interpretazione vocale di Lanfranco, penso che l’insieme di questi “colori” abbia creato una felice alchimia.
Davide
E poi “Waiting for the right” di John Mayall…
Marcello
Si questo Blues di Mayall mi colpì da subito, quando lo ascoltai la prima volta parecchi anni fa, c’è un’atmosfera ipnotico/ripetitiva, una visione di spazi sconfinati, che mi ha fatto “immaginare” al posto di quel magnifico sax nella versione originale, una calda voice, un “tappeto” di lunghe note gravi di corno e un solo finale di electric guitar molto ispirato.
Davide
Come siete approdati alla M.P. (Musiche Particolari) di Vannuccio Zannella, il cui catalogo vanta leggende del progressive e della canzone d’autore italiana?
Marcello
Vannuccio Zanella mi seguiva già da un po’ di tempo su Facebook, ed io mi sono documentato sul bel catalogo di lavori dell’Etichetta, quindi è stato un incontro piacevole e gradito per entrambi, un dialogo fitto continuo che ci ha permesso di realizzare un ottimo lavoro di squadra. È nato anche un video Youtube, che ritengo veramente valido sul brano “Ostinato”, realizzato da un’idea di Vannuccio da Daniele Massimi, che ha reso visivamente emozionante la nostra musica e il nostro albero felice.
Davide
Mi sembra che da diverso tempo, prima di “Ostinatoblu”, non imbracciavi più una chitarra elettrica…
Marcello
Si, perlomeno non in questa quantità di brani, ma la motivazione principale questa volta, dipende dall’aver “ritrovato” un grande amico musicista come Mario Bruno, che con la sua tastiera mi ha permesso di staccarmi dal ruolo di sola chitarra acustica, lasciandomi quel “respiro” per suonare temi con la mia Les Paul Deluxe che già utilizzavo nel 71 con i Procession.
Davide
C’è una tua traccia, ripresa anche in “Ostinatoblu”, che ricorre in diverse interpretazioni tra un tuo lavoro e l’altro, ed è “Giamaica Blues”… presente anche in altri lavori quali “Danzarella” e “Onda luminosa”…
Marcello
Posso dire che è il mio “amuleto”, non mi stancherò mai di suonarla in qualsiasi “salsa”.
Davide
La composizione intitolata “Canone” mi ha ricordato uno dei miei compositori preferiti di nome Burt Bacharach… Quali sono i tuoi compositori più amati?
Marcello
I più amati… Beethoven, Ciaikovski, Debussy, Puccini, De Falla, Gershwin, Piazzolla, Morricone.
Davide
Nella tua lunga carriera musicale iniziata negli anni ’60 con i Flash e come session man (Mariolino Barberis ecc.), passando per i Procession e tutto il resto (tra l’altro era la tua la chitarra indimenticabile di alcune grandi canzoni di Enzo Maolucci come Torino non è New York, Al bar Elena ecc.). Quali sono stati i momenti e gli incontri più importanti, che ami ricordare più di altri?
Marcello
Innumerevoli incontri importanti come tutti quelli con cui ho collaborato musicalmente, ma vorrei ricordare anche qualcuno che non ricordo il nome come quel chitarrista non vedente, conosciuto in un locale piuttosto malfamato di Torino, quando suonavo per mantenermi agli studi del Conservatorio, che tutte le notti veniva ad ascoltarmi e poi mi dava delle “lezioni”, che sono state preziose per coltivare il mio stile a plettro, oppure il mio primo insegnante di contrabbasso che purtroppo era all’ultimo anno prima della pensione, splendida persona. Ricordo anche chi non c’è più, che mi hanno lasciato negli incontri, insegnamenti ed emozioni davvero profonde, come John Renbourn, Irio De Paula, John Martyn, Paolo Cerrato, Raffaella De Vita.
Davide
Sei anche annoverato tra i migliori chitarrista flatpicking. Come nasce questa prefernza rispetto al finger picking?
Marcello
Nasce dal fatto che ho iniziato come autodidatta con il plettro nel periodo Beat, non mi ha mai sfiorato l’idea di farmi crescere le unghie della mano destra per suonare la classica, ricordo pochi metodi per la chitarra a plettro, allora quando ho iniziato sul contrabbasso trasportavo gli studi anche sulla chitarra, dopo il Beat ho seguito molti chitarristi elettrici nel Rock/Blues, in un secondo tempo ho apprezzato molto jazzisti di grande valore, tutti flatpicking.
Davide
Qual è il tuo approccio alle accordature aperte? Tra l’altro l’open tuning, così come lo slide, nascono proprio con il blues. Ne fai uso anche in Ostinatoblu e in che modo?
Marcello
Per non farmi influenzare troppo dalle “classiche” accordature aperte di molti grandi del mio strumento, nel 2007 ho creato una mia personale accordatura che ho utilizzato nel mio album “Ritmica-mente” in brani come Soul Raga, Yucatan, Anima d’Oriente… dopo sono nate Preludio, Danza Turchese, Tipsy Guitar, Sogno Lucido, Fili del Tempo, For Tibet, Onda Luminosa e per ultima Flower Blues, che si trova in “Ostinatoblu”.
Davide
Mi hai detto, accordature alternative a parte, che di solito usi accordare la chitarra un tono più basso del La. Come nasce questa idea e quali sono i vantaggi e le peculiarità?
Marcello
Per utilizzare quella accordatura aperta all’inizio, utilizzando una sola chitarra anche in concerto, ho fatto quella scelta, perché avrei dovuto alzare il Sol della quarta corda in La, rischiando di spaccarla… così ho iniziato a suonare con la standard tutta un tono sotto, che ho trovato anche più gradevole per il mio orecchio.
Davide
Come già ti avevo raccontato, c’è una curiosità che riguarda la Bourée dei Jethro Tull raccontata dallo stesso Ian Anderson ed è quella che egli non aveva mai sentito la versione originale per intero, ma che l’idea di comporre questo pezzo gli venne grazie ad un ragazzo che abitava nel piano di sotto e che non faceva altro che suonare la Bourrée di Bach alla chitarra finché non arrivava ad un punto in cui non riusciva più a continuare e quindi ricominciava daccapo. In effetti il pezzo di Anderson consiste di tre parti: il pezzo classico originale, una parte centrale di improvvisazione e infine una ripresa del tema originale con la sovrapposizione di due flauti. In quale modo avete quindi rivisitato il pezzo dei Jethro Tull che già rivisitava e improvvisava su Bach?
Marcello
Mario Bruno e Lanfranco Costanza hanno scritto le loro parti per eseguire la Bourrée di Bach, c’è un riferimento centrale a quella jazzata di Anderson, per ritornare alla classica… tutto frutto della loro preparazione e bravura… quando la suonano in concerto, mi diverto a scimmiottare i gesti di un direttore d’orchestra, ovviamente non mi prendo sul serio.
Davide
Cosa seguirà?
Marcello
Ogni volta al termine della Tua intervista questa domanda “di rito” me la poni ed io sono sempre molto evasivo… forse questa volta un po’ meno del solito, stiamo già pensando altre composizioni, credo che nel prossimo lavoro se arriverà, ci saranno ancora più arrangiamenti per piccola orchestra, sviluppi jazz progressive, tutto dipenderà dalla nostra capacità ancora di sorprenderci.
Davide
Grazie e à suivre…
Marcello
Grazie!