Quante più parole si adopera in distendere una legge,
tanto più scura essa può diventare.
Ludovico A. Muratori
Riprendiamo la lettura del testo della riforma costituzionale, da poco approvata e in attesa di Referendum confermativo, secondo l’ordine progressivo degli articoli modificati, affrontando il tema fondamentale del:
2. nuovo procedimento di formazione delle leggi, argomento strettamente legato a quello oggetto della prima parte di questo contributo, cioè al tema del bicameralismo perfetto o paritario, attualmente vigente nel nostro sistema costituzionale.
Quest’ultimo principio è affermato in modo lapidario dalle tre righe che formano l’attuale
art.70 della Costituzione
[1]: “
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”;con questi nove termini l’Assemblea Costituente del 1946-48 seppe cristallizzare il meccanismo giuridico per cui una norma di legge entra in vigore nel nostro ordinamento solo quando viene approvata nello stesso identico testo da ciascun ramo del Parlamento. Il legislatore costituente di oggi si vanta, al termine dell’iter della riforma, di aver superato questo (oggettivo) appesantimento dei lavori parlamentari e “ostacolo alla rapidità” delle procedure legislative con la riscrittura totale del citato
articolo 70, il quale, a ben vedere inizia, anche nella versione riformata, con le stesse
9 parole citate sopra, salvo continuare con altre
430.
· Il nuovo 1°comma, infatti, dispone: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere
o per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali,
o e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche,
o i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71,
o per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni,
o per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea,
o per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma,
o e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, (legge elettorale del Senato n.d.r.)
o 80, secondo periodo, (ratifica dei trattati sull’appartenenza dell’Italia all’UE n.d.r.)
o 114, terzo comma, (ordinamento di Roma capitale n.d.r.)
o 116, terzo comma, (attribuzione alle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia n.d.r.)
o 117, quinto e nono comma, (5° norme di procedura per le Regioni e le Province autonome, sulla partecipazione alle decisioni sulla formazione degli atti normativi dell’UE e sull’attuazione degli accordi internazionali e degli atti dell’UE, nonché le modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di inadempienza dell’Ente locale, 9° legge che disciplina i casi e le forme in cui la Regione, nelle materie di sua competenza, può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, n.d.r.)
o 119, sesto comma, (legge sui i principi generali per l’attribuzione del patrimonio a comuni, città metropolitane e Regioni n.d.r.)
o 120, secondo comma, (definizione delle procedure per il potere sostitutivo del Governo e dei casi di esclusione degli amministratori regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni in caso di grave dissesto finanziario dell’ente n.d.r.)
o 122, primo comma, (legge sui principi fondamentali del sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale e dei consiglieri regionali, nonché per promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza e che determina la durata degli organi elettivi ed i relativi emolumenti n.d.r.)
o e 132, secondo comma. (distacco dei comuni da una Regione e unione ad un’altra n.d.r.)
Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.”.
In altri termini… queste sono le materie in cui la formazione delle leggi avviene ancora secondo il (superato?) “
bicameralismo perfetto” (identico testo approvato dalle due Assemblee)
[2]; si dirà certo che sono casi decisamente “poco importanti” e “residuali”, per i quali la “navetta”, cioè il passaggio della legge da un ramo del Parlamento all’altro, ad ogni modifica apportata al testo, non è poi così rilevante per le tempistiche di approvazione della legge. Dal punto di vista “stilistico”, il capoverso riesce a citare, tutti in fila, 9 commi di altri articoli della Carta ( c.d. “rimandi”), senza dire espressamente di cosa parlano
[3].
· Il 2°comma conclude, logicamente, che “Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.” dando ad intendere che tutti gli altri “disegni di legge” siano esclusivamente riservati all’esame e all’elaborazione dei soli 630 membri della Camera…
· Il 3°comma, tuttavia, ci smentisce subito stabilendo quello che è un secondo metodo di approvazione delle leggi: “Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.”. Viene creata, cioè, una forma di monocameralismo già definito “partecipato”, per cui il Senato può intervenire sul lavoro già compiuto dalla Camera entro termini temporali molto stretti (dieci giorni), deliberare eventuali emendamenti al testo in termini relativamente stretti (trenta giorni), salvo poi vedere annullati tutti i propri sforzi da una ulteriore pronuncia definitiva della Camera diretta a “ri-approvare” il testo primitivo.
· Il 4°comma del nuovo art. 70, prevede una terza forma di iter legislativo, definito ancora “partecipato” ma anche “rinforzato”: “L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.” Occorre, evidentemente, anticipare il contenuto del nuovo 4°comma dell’art. 117, per capire quali siano le norme la cui approvazione è sottoposta a questo particolare procedimento legislativo: “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.”
Dunque, vedremo nell’ultima parte, che l’art.117 prevede che lo Stato possa legiferare esclusivamente su determinate materie, mentre le Regioni solo su altre
[4]: ebbene con una previsione “molto generale” la nuova Costituzione permette che il Governo possa proporre una norma che regoli una materia (
non di esclusiva competenza delle Regioni), che sia necessaria a mantenere l’
unità giuridica o economica della Repubblica o a tutelare l’interesse nazionale (è la “
clausola di supremazia”, le autorità centrali dello Stato –Governo e Parlamento- intervengono per “correggere” eventuali comportamenti delle Regioni o per superare norme regionali che sviano totalmente da una condotta comune
[5]). In questi casi, il Senato ha soltanto 10 giorni, dalla trasmissione della proposta, per pronunciarsi a maggioranza assoluta dei propri componenti (51 voti), e la Camera può ignorare le modifiche così proposte solo a maggioranza assoluta dei propri membri (316 voti)
[6].
· Il
5°comma prevede una
quarta procedura:
“I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione.”[7]. Si tratta del procedimento
“monocamerale” di bilancio, per il quale l’esame da parte del Senato è automatico, con un termine di deliberazione delle proposte di modificazione di 15 giorni dalla trasmissione, anziché di 30 giorni.
Questa norma ci permette di precisare che definiamo “
bicamerali” i procedimenti (e le leggi) in cui le due Camere sono poste su un piano paritario nella fase decisoria finale, mentre sono considerati “
monocamerali” i procedimenti (e le leggi) in cui la decisione finale è rimessa alla sola Camera dei deputati: se si considera invece la “partecipazione al procedimento legislativo”, tutti i procedimenti risultano di fatto “bicamerali” perché a tutti i procedimenti possono prendere parte
entrambe le Camere[8].
· Il
6°comma del lungo nuovo art.70 stabilisce che: “
I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.”. Quest’ultima norma si dovrebbe giustificare con il fine di prevenire l’insorgere di vizi
in procedendo connessi alla nuova articolazione del procedimento legislativo. I conflitti di competenza, cioè, potrebbero riguardare quei disegni di legge che trattano alcuni casi rientranti in una materia e altri rientranti in altra materia, non ostante gli elenchi di competenze, riportati nei diversi articoli della Costituzione, appaiano molto dettagliati, tanto da avvicinare il nuovo testo a un “regolamento parlamentare
[9]”.
· Il 7°comma prevede ancora un’ipotesi di lavoro per il Senato: “Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati.”
· L’art.
71 Cost. non cambia al
1°comma, il quale attribuisce il potere di iniziativa legislativa al
Governo, a
ciascun membro delle due Camere e agli
organi ed enti ai quali sia stata conferito con legge costituzionale[10].
· Coerentemente, quindi, il 2°comma dispone che anche il (poco impegnato) Senato possa elaborare propri autonomi progetti di legge: “Il Senato della Repubblica può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all’esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati procede all’esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato della Repubblica.” I termini imposti alla Camera per l’esame della proposta (soggetta all’iter bicamerale o monocamerale in base alla materia contemplata), in questo caso sono molto larghi.
Di conseguenza, sembrerebbe che possano presentare proposte di legge su ogni materia, sia tutti i Senatori singolarmente intesi, sia il Senato nel suo complesso con delibera di almeno 51 voti (maggioranza assoluta dei membri).
· Il 3°comma dell’art.71 viene modificato: “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno centocinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari.”.
Mentre viene elevato da 50.000 a 150.000 il numero di firme necessario per la presentazione di un progetto di legge da parte del popolo, si introduce, al contempo, il principio in base al quale ne deve essere garantito l’esame (e la approvazione finale), nei tempi, forme e limiti che saranno definiti dai regolamenti parlamentari. Nel caso, a parere di chi scrive, si sarebbe dovuto prevedere un termine perentorio direttamente in Costituzione, invece che uno sbrigativo rimando ai “regolamenti parlamentari”, questi ultimi ancora da modificare. Da un lato si è voluto aumentare il peso “politico
[11]” delle proposte di legge popolari con un aumento sostanzioso del numero di firme necessarie, dall’altro si è affidato ad una fonte secondaria, la fissazione dei tempi di discussione e approvazione delle proposte, al fine di correggere il maggior limite sofferto da questo istituto storicamente: il Parlamento ha sempre, tendenzialmente, ignorato le proposte popolari, che raramente hanno avuto seguito dopo la presentazione e verifica delle firme raccolte
[12].
· Vene introdotto un 4°comma all’art.71: “Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione.”
La norma
non sarà immediatamente applicabile in quanto il comma in esame rinvia ad una
legge costituzionale la definizione di “
condizioni ed effetti” dei
referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché delle altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali
[13]. Inoltre, le
modalità di attuazione saranno stabilite da una
legge ordinaria ad approvazione
bicamerale, in analogia con quanto previsto per la legge relativa ai referendum abrogativi (nuovo art. 70, 1°comma punto III).
· In base al nuovo
art. 72 Cost. (relativo al
procedimento di approvazione dei disegni di legge)
, 1°comma, ogni disegno di legge (che rientra tra quelli ad approvazione bicamerale di cui all’art.70, 1°comma), è presentato ad una Camera ed è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Ogni altro disegno di legge è invece presentato alla sola Camera dei deputati e approvato con lo stesso metodo (2° comma)
[14].
· Il nuovo 7°comma dell’art. 72 regola l’istituto del c.d. “voto a data certa”: “Esclusi i casi di cui all’articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 (concessione amnistia e indulto) e 81, sesto comma,(legge di bilancio) il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali casi, i termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà. Il termine può essere differito di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno di legge. Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i limiti del procedimento, anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge.”
Lasciando alla cura del paziente lettore la non facile “ricostruzione della fattispecie” alla luce delle eccezioni previste, la norma è, evidentemente, finalizzata ad accelerare l’esame dei disegni di legge “
essenziali per l’attuazione del programma di governo” (e ammettiamo che la genericità di questi termini potrebbe indurre il Governo a chiedere sempre questa procedura per i propri provvedimenti
[15]); ci domandiamo se abbia molto senso “democratico” imporre, in Costituzione, questi
termini al lavoro del Parlamento, anche nel caso in cui questo fosse controllato da una maggioranza politica uniforme all’indirizzo governativo (circostanza che, in relazione alla composizione del Senato, può variare anche durante la legislatura). Non è indicata, per altro, nessuna conseguenza o sanzione in caso di mancato rispetto dei termini: si può dedurre che il Governo debba attendere comunque la pronuncia del Parlamento.
· Il nuovo secondo comma all’articolo
73 Cost., in materia di “promulgazione delle leggi”
[16],prevede che le leggi che disciplinano
l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica possano essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al
giudizio preventivo di
legittimità costituzionale della
Corte costituzionale. Affinché ciò avvenga occorre che almeno un terzo dei componenti del Senato o un quarto dei componenti della Camera presenti (entro 10 giorni dall’approvazione della legge) un
ricorso motivato[17].
· La riforma non modifica il 1° comma dell’
art.74 Cost. per cui il Presidente della Repubblica, prima di promulgare una legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione
[18], ma
aggiunge un 2° comma: “
Qualora la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma dell’articolo 77, il termine per la conversione in legge è differito di trenta giorni”. Siamo nell’ipotesi per cui la norma “rinviata” dal Presidente al Parlamento sia la legge che converte un Decreto Legge, cioè un provvedimento con valore di Legge assunto dal Governo “
in casi straordinari di necessità e d’urgenza”, atto che deve essere confermato o modificato dalle Camere entro 60 giorni dalla sua pubblicazione (entrata in vigore)
[19]: con il nuovo secondo comma “si accorda una dilazione” di ulteriori trenta giorni al lavoro del Parlamento sul testo rinviato dal Presidente
[20].
· Il modificato
4°comma dell’
art.75 Cost. (in tema di
Referendumabrogativo), introduce un nuovo
quorum per la sua validità, ossia la
maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera, nel caso in cui la richiesta sia stata avanzata da (almeno)
800.000 elettori. Nel caso in cui la richiesta provenga da un numero di elettori compreso tra
500.000 e 800.000, resta fermo il
quorum di validità attualmente previsto, ossia la
maggioranza degli aventi diritto al voto. L’istituto è stato
reso più complesso per consentire alle consultazioni referendarie di raggiungere la validità anche in presenza di una bassa partecipazione di votanti, nel caso in cui la platea dei sottoscrittori sia molto più numerosa di quella attualmente prevista
[21].
· Si complica molto anche l’art.77 Cost. che dispone al 2° comma: “Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce entro cinque giorni.”.
· Al 3°comma art.77, viene ripetuto, con altri termini, ciò che è già contenuto nell’art.74, 2° comma: “I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione o, nei casi in cui il Presidente della Repubblica abbia chiesto, a norma dell’articolo 74, una nuova deliberazione, entro novanta giorni dalla loro pubblicazione. La legge può tuttavia regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”.
· Il
4° comma art.77, introduce (costituzionalizza),
limiti alla decretazione di urgenza, elaborati negli anni dalla Giurisprudenza della Corte Costituzionale, di fronte all’evidente abuso dello strumento che compie il Governo: “
Il Governo non può, mediante provvedimenti provvisori con forza di legge: disciplinare le materie indicate nell’articolo 72, quinto comma, con esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni[22]; reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge e regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l’efficacia di norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento”.
I decreti-legge, inoltre, devono recare misure di “immediata applicazione” e di
contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo (
5°comma) e nel corso dell’esame parlamentare dei disegni di legge di conversione
non possono essere approvate disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto (
7°comma)
[23]. Anche in questa ipotesi il nuovo
6°comma dell’
art.77 prevede che possa intervenire il Senato… il quale “
dispone l’esame del disegno di legge presentato alla Camera” (senza bisogno di un
quorum minimo di Senatori che lo richieda),
entro 30 giorni, mentre le proposte di modificazione possono essere deliberate
entro 10 giorni dalla trasmissione del testo da parte della Camera, trasmissione che deve avvenire
entro 40 giorni dalla presentazione governativa…
· Il nuovo
art.78 Cost., che affida alla sola
Camera dei deputati la deliberazione “
a maggioranza assoluta” (316 voti), dello
stato di guerra, da un lato si pone al di fuori del procedimento legislativo e dunque non richiede l’intervento (né automatico, né su richiesta) del Senato, dall’altro rafforza il
quorum dei votanti, quasi a sottolineare l’importanza dell’atto, fino ad oggi, fortunatamente, mai adottato dal nostro Parlamento
[24].
· Anche il modificato
art.80 Cost. affida alla (sola)
Camera dei deputati l’autorizzazione alla
ratifica dei trattati internazionali[25] attraverso l’approvazione di una legge ordinaria. Ciò implica che la partecipazione del Senato è comunque sempre possibile
[26] ai sensi dell’art.70.
Al termine di questa corposa (ma completa) illustrazione, c’è da chiedersi se, oggettivamente, sia ancora possibile parlare di un procedimento legislativo più semplice, funzionale e rapido rispetto all’attuale, effetto che i sostenitori della riforma “costantemente” attribuiscono alle nuove norme, tanto da far sospettare che essi ripetano “frasi rituali” dettate da altri, senza aver mai letto, effettivamente, tutto il nuovo testo. Sono proprio questi i rimedi più efficaci per velocizzare il procedimento di formazione delle leggi? Che senso ha introdurre questi dettagliati e complessi meccanismi, in alcuni casi bicamerali, in altri casi monocamerali (e si fa sempre salvo l’intervento eventuale della seconda Assemblea, richiesto dalla maggioranza dei suoi membri), quasi non ci si fidasse del lavoro della sola prima Camera…
Certo è prevedibile che gli
stretti termini di intervento del Senato, e le maggioranze imposte dal nuovo testo, costringeranno questa “nuova” Assemblea delle Regioni ad operare intensamente, e a ranghi quanto più completi, per elaborare le proprie proposte, pena la decadenza di ogni emendamento (o “parere” o altra forma testuale); e quanto questa necessità sia compatibile con la natura “non permanente” del Senato, composto al 95% di Sindaci e Consiglieri Regionali, impegnati principalmente nei propri mandati territoriali, lascia molto perplessi, quasi che il legislatore costituzionale abbia voluto dare un ruolo significativo al Senato, “ma non troppo” dato che potrà sempre decidere definitivamente la sola Camera dei deputati, almeno sulla maggior parte dei provvedimenti ordinari. Anche la storia delle istituzioni sembra ripetersi: disse
Charles De Gaulle, dopo l’approvazione delle modifiche alla Costituzione francese nel
1958[27], “
Il Senato è come la cistifellea:… è inutile”.
La logica difficilmente trionfa nelle assemblee legislative.
Marco Minghetti