È da pochi giorni disponibile su tutte le piattaforme digitali il nuovo album di Luca Fucci dal titolo “Hidden Scars”, edito da Qua’ Rock Records’. L’album si presenta come un crossover elettronico di emozioni, in cui sintetizzatori, drum machines e pianoforte sono elementi imprescindibili gli uni dagli altri. Elementi attraverso i quali l’artista plasma un decadente microcosmo a tinte oscure in cui immergersi e perdersi senza pregiudizi. La distribuzione fisica di “Hidden Scars” intanto, avverrà tramite la Self.
Mazzarella Press Office
Davide
Ciao Luca. Davvero un ottimo lavoro, questo tuo “Hidden scars”… Con Giacomo Salani sei anche coinvolto nel progetto “Interferenze”. Giacomo è comunque presente in questo lavoro sia al basso in una traccia, sia nel mix e nel mastering. Suppongo sia anche il tuo lavoro d’esordio come solista. Quali sono state le tappe più importanti della tua storia di musicista e compositore?
Luca
Ciao Davide, innanzi tutto ti ringrazio per l’apprezzamento di questo che è in effetti il mio disco d’esordio come solista. Ho iniziato suonando la chitarra sin da bambino, e di questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno permesso di approcciare per la prima volta la musica suonata. Ben presto però scoppiò l’amore per il pianoforte, dal quale non mi sono più separato. Inevitabili gli studi classici, ma poi, come dico sempre, arrivarono i Duran Duran e Nick Rhodes a farmi entrare nel magico mondo dei sintetizzatori. Da quel momento sono stato sempre più affascinato dell’elettronica, senza mai dimenticare però il mio primo amore… cioè il pianoforte.
Sicuramente l’incontro con Giacomo Salani è stato un passaggio fondamentale per la mia maturazione artistica e non solo. Ormai più di dieci anni fa, insieme abbiamo dato vita al progetto “Interferenze” con l’intento di fare la musica che avremmo sempre voluto ascoltare e che ci ha permesso di esplorare territori sonori decisamente originali e anche arditi.
Infine è arrivato questo disco solista che è, fino ad ora, davvero forse la tappa più importate di tutto il mio percorso musicale.
Davide
La poesia guarisce le ferite inferte dall’intelletto. Consta di componenti opposte, di verità elevatrice e di illusione piacevole. Così della poesia scrisse Novalis. E la musica quali ferite guarisce (o riapre) – o magari infligge – secondo te? Quali quelle che hanno dato il titolo “Hidden Scars”?
Luca
La musica ha il dirompente potere di curare le ferite ma anche di riaprirle, di renderle più lievi oppure ancora più profonde, di tranquillizzare oppure di accentuare la tensione di certi stati d’animo. In ogni caso ha il potere di farti sentire incredibilmente vivo e mai solo. Suonarla, scriverla e comporla dà una possibilità in più… cioè quella di svuotarsi e trasferire alla musica certi momenti di inquietudine o di apparente felicità, di disperazione o riflessione, di donare a qualcun altro una parte di te, anche la più intima e per questo la più preziosa. “Hidden Scars” è un po’ tutto questo… la fotografia di un turbinio di sensazioni ed emozioni uniche, che non torneranno più.
Davide
Ho apprezzato molto il tuo lavoro fin dai primi suoni. Un equilibrio molto elegante di pianoforte e suoni e ritmi elettronici. Se oggi il termine non fosse abusato collocherei il tuo lavoro tra la musica ambientale, quella diciamo che da Satie arrivò per primo a Brian Eno, capace di conciliare (o accompagnare) più livelli di attenzione all’ascolto senza forzarne uno in particolare, “tanto ignorabile quanto interessante”. Ma anche alla scena elettronica di autori come Trentemøller. Chi consideri tuoi “maestri”?
Luca
Sicuramente la componente impressionista e minimalista propria di Satie è qualcosa che fa profondamente parte di me. “Ogives”, “Vexations” e “Gnossiennes” sono lavori che ricorrono tra i miei ascolti e in cui spesso mi rifugio.
Più in generale (e Brian Eno è stato un altro maestro in questo) il fatto di ridurre all’osso le note che compongono le melodie, la ripetitività di certi temi, la dilatazione dei tempi sono tutti aspetti che possono essere ritrovati nella mia musica. Non mi reputo un musicista nel senso “tecnico” del termine e non mi è mai interessato esprimermi attraverso la mera tecnica di esecuzione. Per comunicare emozioni preferisco la profondità delle atmosfere e la tensione emotiva creata da contrappunti musicali e sonori.
Da tutti questi punti di vista, sì, probabilmente possiamo utilizzare anche il termine di “musica ambient”. Ma c’è anche altro. Questi aspetti spesso sono in netto contrasto con momenti di caos apparente, di sferzate ritmiche ruvide e distorte, di noise e ricchezza degli arrangiamenti che vanno a creare punti di rottura all’interno delle composizioni. Non posso non citare quel genio di Trent Reznor al riguardo.
Trentemøller è un altro fuoriclasse dei nostri giorni che unisce gusto ed energia, dando vita ad una elegante elettronica post punk che mi affascina molto.
Infine, se vogliamo fare altri nomi, adoro il song writing di Martin Gore, la classe e l’eleganza sonora di Nick Rhodes, la magia che solo Robert Smith mi sa regalare.
Davide
Si può descrivere un pianoforte e l’elettronica come l’incontro tra umanesimo e scientismo? Che significato dài a questa particolare sinergia?
Luca
Lo definirei come un incontro/scontro tra due anime solo apparentemente inconciliabili: si alternano, si sfiorano, si incrociano e si uniscono. E unire il calore del pianoforte con l’apparente freddezza dell’elettronica scatena un vortice di contrasti che sfociano in un unico e potentissimo flusso di emozioni sonore. “Hidden Scars” è pieno di questi contrasti e alternanze. Ma altrettanto spesso il passaggio dal pianoforte all’elettronica non è altro che l’evoluzione di una inquietudine, un passaggio di stato… tanto naturale quanto imprevedibile… così come lo sono le emozioni che il nostro animo ci sa regalare.
Davide
Che cosa cerchi nella musica?
Luca
Nella musica cerco rifugio quando sono disilluso, nella musica mi sfogo quando la rabbia mi assale, nella musica riverso le mie più recondite speranze e paure. La musica è custode di tutte le mie confessioni e riflessioni.
Davide
Love is more about… e Inside rievocano i suoni influenzati dall’elettronica in parte ispirati dalla cultura rave degli anni novanta di Earthling di Bowie. Come hai vissuto la notizia della sua scomparsa e cosa ti lascerà questo insuperabile grandissimo?
Luca
Essere associato al nome di un maestro come Bowie è davvero una cosa al limite del sacrilego, ma te ne ringrazio molto. Quando ho saputo della notizia, ho subito pensato ad una bufala… proprio in concomitanza con l’uscita del suo “Black Star” che da un paio di giorni ascoltavo in loop. Una scomparsa che per me non poteva essere reale… “Lui” non poteva lasciarci. Ho evitato di pensarci per tutta la giornata, fino a che la sera e la notte stessa, sconvolto, ho pianto ininterrottamente per ore, come un bambino. Non solo e non tanto per la morte in sè… ma per la grandezza di quest’uomo e di quello che ci ha lasciato: un patrimonio artistico che non ha eguali. È talmente unico che è riuscito a fare anche della sua morte una opera d’arte. “Black Star” è un capolavoro, un testamento musicale insuperabile, che ha confermato l’immortalità dell’Artista.
Le sue provocazioni, il suo continuo mettersi in discussione, il voler cambiare ed evolversi, rischiare senza vivere sulla tranquilla comodità del passato, sono tutte componenti di un percorso artistico ma anche di vita che ha molto da insegnarci.
Solo chi riesce a lasciare delle tracce e testimonianze così indelebili e a donare tanta bellezza al mondo, può essere ritenuto immortale.
Davide
Post-scriptum è una traccia che si discosta molto per destrutturazione da tutto ciò che la precede. Siamo tra il noise e l’elettronica sperimentale… Perché hai chiuso in questo modo?
Luca
Di tutti i brani di “Hidden Scars”, Post-scriptum è il più vecchio. È stato il primo ad essere scritto e registrato. Si tratta di una “one take”/”buona la prima” registrata alle prime luci dell’alba, al termine di una notte di sperimentazione, utilizzando solo il mio sistema modulare e un campionatore. Tutto in diretta e senza sovraincisioni.
Appartiene in effetti ad una epoca diversa rispetto a tutti gli altri, che sono invece nati in un periodo relativamente breve tra gennaio e ottobre 2015 in preda ad una sorta di flusso di coscienza. Si respira un’atmosfera diversa e l’ho voluto inserire comunque nel disco, come appendice, proprio per ricordarmi da dove venivo. Ha la funzione di essere il punto di congiunzione di un loop, che può essere riferito sia all’ascolto del disco (ricominciando quindi con la prima traccia) che agli eventi che costituiscono la vita: il senso di desolazione, di abbandono e rassegnazione che tutto giunge a una fine, che si respirano in “Post Scriptum”, possono essere la base per ricominciare a scavare disperatamente nell’oscurità e risalire, alla ricerca di una luce (che è poi il senso di “Fading Out”) .
Davide
Qual è la tua riflessione sullo stato della musica (inclusa la sua commercializzazione e la sua “fruizione”) oggi in Italia?
Luca
Negli ultimi 30/40 anni abbiamo assistito ad un radicale cambiamento dei modi e dei mezzi di fruire musica, siamo passati dal fascino e ingombro del vinile alla freddezza e comodità dei formati digitali e di streaming. Tutto frutto dell’inevitabile progresso tecnologico, che come tutte le cose, ha i suoi pro e i suoi contro. Dal punto di vista di chi “produce” musica, da una parte le cose sono migliorate, nel senso che non importa più avere un contratto con una major per vedere pubblicati i propri lavori e avere la possibilità di farsi conoscere. Dall’altro però si sta assistendo al proliferare di etichette “underground” che recepiscono la jungla dei più disparati progetti musicali che nascono ogni giorno. Questo rischia di creare un sovraffollamento del mercato che può rendere la cose più difficili a chi davvero merita di emergere. Si sa, “quantità” quasi mai è sinonimo di “qualità”…
Dal punto di vista di chi “fruisce” della musica, invece, credo che le cose siano solo migliorate… si ha una offerta presso che infinita di proposte, in tutti i formati possibili e immaginabili. Basta solo trovare il tempo per ascoltarle…
Davide
Cosa seguirà?
Luca
Musica. È tempo di iniziare a lavorare al nuovo materiale di “Interferenze”, in particolare al capitolo finale della “Trilogy” iniziata con “Green Fragments” e proseguita con “Red Fragments”. Ulteriormente arricchiti delle due parentesi che ci hanno visti protagonisti negli ultimi mesi (“Hidden Scars” per me e “Across The Sky” dei Pulse-R per Jac) siamo di nuovo pronti a rinnovare questo fantastico progetto!
Davide
Grazie e à suivre…
Luca
Grazie a te… è stato un piacere…