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Ho provato a non somigliarti – Pierluigi Mele

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note a cura diSerena De Carlo
Lupo Editore (Lecce,2011), pag. 174, euro 15.00
 
Dichiaratamente e spudoratamente’destinata’ al padre, o alla figura del padre, la raccolta antologica delsalentino Pierluigi Mele (poesie 1985 – 2010) risente della forza della terrache purtroppo o per fortuna resta appiccicata a ogni viaggio, sentimentale oanche sensazionale, del poeta. In un certo senso, dunque, al netto del pesodella fabula, tornano temi già apprezzati. Grazie, va ripetuto, al romanzo “Daqui tutto è lontano”; opera che ha avuto due edizioni e l’accompagnamento d’uncd audio senza dubbio fortificante. Ma stacciamo il contatto viscerale con ilpassato. Così, insomma, come non dobbiamo riferirci troppo alle versionilontane e state d’alcune poesie oggi riviste dall’autore. A distanza, spesso,di molti anni dalla prime stampe. Che questa antologia contiene settori chesono la vita poetica di Mele: da “Lavare i fuochi”, da “I mestieri si rubanocon gli occhi”, da “Tramontalba”, con “Quotidiani”. Pierluigi Mele, in diversicomponimenti, decide intanto di donare la sua voce, polverizzata nel vento delricordo per ricomporre le sue molecole scomposte al frutto del futuro, ai suoimaestri. Alle sue ispirazioni. Siano esse, quindi, prima di tutto il padre.Oppure Oreste Macrì e Antonio Errico. Siano queste puro fiato della provincialeccese. Mele prova a raccontarsi misteri negli occhi del padre, di suo padre.Ma vede lui stesso vestito da padre. Lui in abito di padre. E si sente padreche somiglia – ma non avrebbe voluto – al padre suo. Qui non c’è traccia, al dilà di quello che se ne voglia dire, di rispetto o persino di religiosità.Perché, infondo, dove il poeta sente la gente che passò e che resta nelSalento, dai migranti alle comunità della Grecìa s’accorge che quello che vedeinfine non sa veramente di tradizione. Eppure dovrebbe essere semplicepatrimonio di tempo e spazio. Nient’altro. Senza retoriche ammorbanti. Perpermettere che sentendo il profumo degli alberi di campagna si sappia giàquanto il rispetto della persona umana sia imprescindibile. Gli enjambement delpoeta s’accordano alle minuscole quotidiane gioie della vita. Alle suedisperazioni. Il metro libro, che pronuncia una frammentazione a volte alternatadal ricorso alla forma più compatta, si posa sulle corde musicali deglioggetti, che si fanno soggetto, ripreso dalla penna di Pierluigi Mele. Sianelle sezioni dentro le quali viaggiamo a relazione diretta e perfetta conpoesia che appaino quasi aforismi, che nelle parti del volume dove ledescrizioni, in certi punti maggiormente affrontate dalla punteggiatura a’forzare’ la musica teatrale e teatrante sotto traccia, seguono uno svolgimento”quasi” più discorsivo si batte il sentiero della minestra giornaliera alzataalla luce dei desideri inseguiti e/o da inseguire. Ma come se vivere sia unimperativo. Non una forzatura. Ma un impegno affidatoci dal destino. E viversenza assilli la sua naturale conseguenza. Si dovrebbe selezionare parecchiaterra d’esempio per comprenderci meglio. Però esiste in noi la certezzapulsante che la poesia di Mele cresce a ogni lettura. I versi di PierluigiMele, tratteggiati dai canti di Barret e di De André e dalle musicalitàd’origine greca, sono la testimonianza che dedicarsi interamente alla creazionerinnova l’universo della bellezza.

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