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Oltre le colline

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Tratto da un fatto vero, Oltre le colline di Cristian Mungiu (2012), è un film fuori dalla storia eppure tremendamente icastico nonché aderente alla parte più disperata della nostra storia attuale. Si va infatti ben oltre la logica corrente di vinti e vincitori, vittime e carnefici, perché le scaturigini di situazioni fuori controllo e al di sopra della volontà individuale, sono l'espressione di un cinico karma dentro il quale i personaggi sono triturati senza possedere, di fatto, il diritto di partecipare all'agone della vita se non nella misura di un marginale ed estenuante gioco al ribasso. Le due protagoniste, Cristina e Cosmina nella realtà, Alina e Voichita nel film (entrambe premiate all'ultimo festival di Cannes), sono due giovani amiche legate da un profondo affetto amoroso e cresciute insieme in un orfanotrofio in Romania. La prima, vissuta in una famiglia adottiva e, di fondo, bonariamente ignorante, l'altra entrata da poco in un monastero ortodosso come novizia. Un plot semplicissimo intorno al quale ruota la condizione umana nei suoi aspetti più intimi e pericolosi ma anche più casuali e implacabilmente deterministici.

Il breve soggiorno di Alina presso il monastero, sotteso dalla speranza di recuperare il profondo rapporto con l'amica per "rifarsi" una vita insieme andando a lavorare su una nave da crociera, è lo spunto per raccontare la peccaminosa innocenza di ogni potere di gruppo, manipolatorio e coercitivo quanto auto-ipnotico. Alina non riuscirà, nonostante i tentativi e le buone intenzioni, a convertirsi ad una religione e ad uno stile di vita chiuso e disciplinato da regole troppo ferree e perderà quindi la tanto agognata intimità con Voichita, ormai coinvolta nella sua nuova vita monastica dove è protetta da una sorta di madre spirituale e da un padre-pope.
Alina si farà allora exemplum di espiazioni purificanti e martìri cristologici sconvolgendo il coriaceo assetto di un’intera comunità religiosa, ma diverrà anche una tragica anti-eroina attorno alla quale ruoteranno domande irrisolte e colpe condivise.
Tra istituzioni al collasso e un'economia arretrata e confusa nel passaggio che dalla dittatura al consumismo non ha saputo ripristinare un reale e diffuso benessere, si centrifuga l'inevitabile con il predestinato. Mungiu tuttavia non giudica i suoi personaggi, non li assolve e non li condanna ma punta il dito  sull'anarchico avvicendarsi di situazioni che esplodono quasi inconsapevolmente e per accumulo di ingovernabili conseguenze, prima fra tutte quella che scaturisce dall'impossibilità di scegliere liberamente il proprio futuro.
Raccontato da volti e sguardi senza scampo e da una commovente fotografia curata in ogni suo scarno ma preciso dettaglio, Oltre le colline non nasconde ammiccamenti né ricorre a facili slogan demagogici, tanto meno cerca complicità con lo spettatore. Regia e sceneggiatura si preoccupano piuttosto di rappresentare un affresco umano dove le cose esistono per come il caos le ha disposte sulla sua feroce scacchiera lasciandole precipitare e inciampare contro quel cul de sac dove la povertà estrema e l’assenza di solidi riferimenti, trasformano il quotidiano affanno nel muro ineluttabile della “catastrofe”.

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