Regia e Produzione: Antonio e Marco Manetti. Soggetto e Sceneggiatura: Antonio, Marco Manetti, Michele Cogo e Giampiero Rigosi (ispirato a un suo racconto). Fotografia: Gianfilippo Corticelli. Montaggio: Federico Maneschi. Effetti Speciali: Sergio Stivaletti. Musiche: Pivio. Interpreti: Peppe Servillo, Lorenzo Pedrotti, Francesca Cuttica, Domenico Diele, Claudio Di Biagio.
Marco Manetti (1968) e Antonio Manetti (1970) sono due registi – sceneggiatori noti come Manetti Bros e si sono sempre caratterizzati per l’amore verso il cinema di genere. Il loro debutto risale al 1995 con l’episodio Consegna a domicilio, contenuto nel film collettivo De Generazione. Nel 1977 dirigono Torino Boys, prodotto dalla Rai, che racconta le vicissitudini di alcuni nigeriani e lancia i fratelli nel mondo del cinema perché vince il Premio speciale della giuria al Torino Film Festival. Nel 2000 dirigono Zora la vampira, un horror a metà strada tra commedia e dramma che si avvale dell’interpretazione di Carlo Verdone, ma riscuote scarsi consensi di critica e di pubblico. Nel 2005 è la volta di un buon thriller – costato settantamila euro e girato in digitale – come Piano 17, ambientato quasi tutto all’interno di un ascensore. Il regista Enzo G. Castellari interpreta una piccola parte da guardia giurata, una sorta di citazione a se stesso e al poliziottesco. Valerio Mastandrea partecipa in amicizia e Massimo Ghini regala una grande interpretazione. Un thriller teatrale, girato quasi completamente in interni, ben fotografato, ben recitato, intenso, claustrofobico, pieno di colpi di scena, tensione e sequenze estreme. Per la televisione hanno diretto alcuni cortometraggi per il programma Stracult, diversi episodi della serie L’ispettore Calandro e di Crimini. Molto attivi anche come registi di videoclip per cantanti e gruppi: Piotta, Alex Britti, Mietta, Mariella Nava, Max Pezzali, Flaminio Maphia, Assalti Frontali e Tiromancino. I Manetti Bros hanno girato anche una serie di corti gratuiti scaricabili dal web, intitolati SCUM – The web series. Nel 2012 sono usciti al cinema L’arrivo di Wang – un fantascientifico distribuito in poche copie dalla Iris Film, che hanno visto solo nei festival – e Paura 3 D, distribuito nel circuito Medusa.
Paura 3 D è un torture porn girato a imitazione del cinema anglosassone, di lavori come Hostel (2005), Saw (2004), sicuramente realizzati meglio, con attori professionisti e mezzi più imponenti. Non se ne sentiva la necessità, non se ne vede l’originalità e non si comprendono le recensioni entusiaste dedicate da Nocturno Cinema, niente meno che da Manlio Gomarasca e Davide Pulici. Gli accostamenti al cinema di Hitchcock fanno gridare vendetta, frasi come “I Manetti Bros firmano il loro capolavoro”, ma anche “In Italia non si vedeva un film così’ cattivo e violento da molto tempo” – dopo aver visionato la pellicola – lasciano interdetti. La storia si riassume in poche righe. Tre ragazzi pensano di spassarsela nella villa di un marchese che credono libera nel fine settimana, ma quando lui torna inaspettatamente si rendono conto di essere finiti nella casa di un sadico. Scoprono una ragazza incatenata in un sottoscala, tentano di liberarla, ma restano coinvolti in un crescendo di follia e di violenza sempre più claustrofobico. I registi credono di realizzare un finale sconvolgente, ma in realtà non c’è niente di imprevedibile, lo spettatore smaliziato capisce tutto e non si lascia sorprendere dal folle gesto finale. Non anticipiamo altro.
Paura 3 D è girato in un modesto digitale, con una pessima tecnica tridimensionale che infastidisce e obbliga a togliersi gli occhiali più volte per capire le sequenze. Non si vede il bisogno di girare un simile film in 3 D, perché nessuna scena è esaltata dalla tecnica, le sole cose buone sono gli effetti speciali di Stivaletti, ottimi anche senza il tridimensionale. Da salvare qualche soggettiva della vittima, soprattutto le sequenze in cui uno dei ragazzi osserva le torture praticate dal sadico sequestratore. Buone le interpretazioni di Peppe Servillo nei panni del marchese – orco, e di Francesca Cuttica come vittima sacrificale. Scadenti i tre ragazzi – Lorenzo Pedrotti, Domenico Diele e Claudio Di Biagio – che recitano a livello dilettantistico. La location è buona ma l’azione si svolge in un interno: una villa e uno scantinato, che ben riproducono una situazione di orrore claustrofobico. Altre cose interessanti per gli addetti ai lavori (i soli interessati al film) sono Antonio Tentori nel cammeo di un professore di storia del cinema che spiega la poetica di Mario Bava e i ragazzi che nella villa guardano I corpi presentano tracce di violenza carnale (1973) di Sergio Martino (un vero film violento e originale scritto da Ernesto Gastaldi!). Mario Bava è citato anche nella sigla animata con la bambina che tiene in mano il pallone de I tre volti della paura, mentre Antonio Manetti ci regala un cammeo come proprietario di un albergo. Paura 3 D si può paragonare a lavori come In the market (2009) di Lorenzo Lombardi, Il bosco fuori (2006) di Antonio Albanesi, alcune pellicole di Ivan Zuccon (Bad Brains, 2005 – Nimpha, 2006) ma esce perdente dai confronti, nonostante goda di una distribuzione superiore. Ho visto il film al multisala di Livorno, mi sono fatto ottanta chilometri da Piombino convinto da recensioni entusiaste che avrei visto un capolavoro, mentre sono uscito infastidito dalle risate di uno scarso pubblico che non solo non era terrorizzato ma sghignazzava a più riprese.