Intervista ad Alda Teodorani Prima di tutto grazie per avere accettato questa intervista che iniziamo chiedendo ad Alda Teodorani di presentarsi (anche se probabilmente una simile introduzione è superflua poiché è una scrittrice nota e apprezzata in Italia e non solo).
Tutta la mia vita ruota attorno alla scrittura. I quindici libri che ho pubblicato, la marea di antologie e di traduzioni, gli articoli e le prefazioni, perfino il viaggio all’università di Wurzburg in Germania dove mi hanno invitata per parlare della mia scrittura e le varie iniziative sul noir che si sviluppano in Italia (come il Roma noir, che si svolge per l’appunto a Roma) sono solo una conseguenza di questa grande passione. Una passione che non cede nemmeno nei momenti più duri.
Quando ha iniziato a interessarsi alla scrittura?
Ho cominciato a scrivere nel 1989. Mi è sempre piaciuto scrivere, anche se alle scuole elementari ero decisamente la peggiore della mia classe e studiare o anche solo stare ferma erano per me un tormento. Ma a un certo punto ho iniziato a capire quanto sarebbe stato bello scrivere per gli altri: ero e sono tuttora una lettrice onnivora, sentivo di avere anche io qualcosa da dire, qualcosa che mi pareva non fosse stato ancora scritto.
Quali sono stati i libri/gli autori fondamentali per la sua formazione letteraria?
Ho letto di tutto, dai gialli di mio padre alla fantascienza che mi prestava la mia migliore amica (si chiamava Franca Nulli… sto sempre cercando di recuperare un Urania dal titolo Il Gilgamesh Fars che faceva parte della collezione di suo zio!!!), e poi autori fondamentali come Hesse o Lobsang Rampa – ovviamente fondamentali per me – ma soprattutto il mio primo amore Edgar Allan Poe. C’è stato l’incontro con Reich, con Fromm, ci sono stati i legami con i saggi sull’analisi transazionale e sul comportamento umano (anche qui La scimmia nuda di Morris è un testo che mi ha dato tanto) e ancora con l’etologia (gli stupendi libri di una pietra miliare nella storia dell’umanità, Konrad Lorenz). Sono convinta che un buon scrittore deve sapere osservare l’uomo, il mondo e gli animali con occhi sempre nuovi, per tutta una serie di motivi che spero si possano intuire senza che li spieghi io 😉
Alda Teodorani ama e sperimenta le contaminazioni e nonostante i suoi libri non si possano facilmente imbrigliare in un unico genere, è stata definita la regina dell’horror, la Dark Lady italiana. Si riconosce in questa etichetta?
Dark lady italiana? È un bel gioco, un’icona che io uso al solo scopo di infrangerla continuamente. Mi piace giocarci, far vedere al lettore che è il punto di partenza per andare oltre, ma al tempo stesso mi piace l’idea che mi si voglia per forza calare in un genere. I generi sono la nostra libertà, sono il modo di infrangere tante convenzioni che la letteratura cosiddetta mainstream non riesce mai ad abbattere. Al tempo stesso il genere è la maniera migliore per avvalersi di archetipi fondamentali, di tecniche di scrittura rigorosissime e molto, molto efficaci. Allora ben venga l’appellativo regina dell’horror o quant’altro; di certo non ne soffro, adoro l’horror!!!
Non solo narrativa. Alda è una scrittrice versatile, traduttrice e sceneggiatrice di fumetti. Ci può parlare della sua esperienza nel mondo del fumetto? Cosa ci può dire del suo lavoro alla Scuola Internazionale di Comics?
Il fumetto mi segue fin da quando ho cominciato a scrivere: non ho cercato io quella esperienza, mi è semplicemente capitata. Ho iniziato con Francesco Coniglio, che è stato il primo editore a darmi fiducia, a spingermi (con quel suo modo quasi da negazione) a proseguire. È una persona magnifica di grande cuore, e lo posso dire tanto più ora che non abbiamo progetti in comune. Devo a lui molte cose belle che mi sono capitate nella vita, compresa la prima pubblicazione di un mio racconto in un libro importante come Nero italiano 27 racconti metropolitani. Tornando al fumetto, con l’Acme di Francesco ho pubblicato un paio di fumetti (mie sceneggiature) e poi ho cominciato a scrivere recensioni di fumetti per vari giornali. Nel 1992 ho incontrato Dino Caterini che al tempo dirigeva Crimen, altra rivista sui e di fumetti. E da allora ho continuato a collaborare con lui finché, nel 1998, sono entrata a far parte della Scuola Internazionale di Comics, che lui dirige. Ora mi occupo del suo ufficio stampa, e alla Scuola di Comics tengo anche un corso di scrittura. Ma sono sempre attorniata da gente del fumetto e devo dire che la cosa è stimolante e divertente. Nel mio ultimo libro Incubi (edizioni Halley) è stato proprio un disegnatore di fumetti, GiampieroWallnofer, a disegnare le illustrazioni. Ma non è finita qui, ho altri progetti di questo tipo.
Ancora sperimentazione. Per parlare della sua amplissima produzione andiamo a ritroso nel tempo e partiamo da una delle ultime pubblicazioni: l’audio CD “Quindici Desideri” edito da Flaccovio Editore. In cosa consiste? Come nasce l’idea di un audio-book?
Ancora sperimentazione, esatto. Ho pensato che ora la gente si muove senza sosta, e passa molte ore in auto o sui mezzi di trasporto. Vedo continuamente tanti ragazzi con le cuffie, per strada. Stanno letteralmente esplodendo i lettori di mp3, che stanno in tasca e pesano pochissimo, quindi ho pensato che sarebbe stato bello fare un disco, letto da me, in modo che fosse una specie di confessione: qualcosa che riguardasse solo me e chi mi ascoltava. Così è nata l’idea dei brani erotici che compongono i miei quindici desideri. Ne ho parlato con Mirko Fabbreschi, un compositore che conoscevo da tanti anni. Anche qui, peraltro, entra in gioco il mondo dei fumetti, visto che Mirko è il leader di una cartoon band (i Raggi Fotonici). Lui ha accolto l’idea con entusiasmo e anche l’editore Flaccovio, al quale ho proposto la cosa. Per rendere più appetibile il prodotto, Flaccovio è andato oltre la semplice idea del CD musicale vero e proprio e ha incaricato il disegnatore Maurizio Manzieri di illustrare i brani. Il risultato è un art-book più disco. Nel CD io leggo i brani scritti da me, accompagnata dalla musica di Mirko, che l’ha composta appositamente… è un prodotto di grande impatto visivo, è sensuale, da ascoltare anche in coppia. Di sicuro effetto, mi hanno detto 😉
Ma la cosa non finisce qui: ho già avviato una collaborazione con un gruppo musicale, Le forbici di Manitù, che sta realizzando una serie di musiche ispirate a (e da) un mio racconto scritto appositamente, L’isola: una coppia in crisi si rifugia su un’isola deserta. Soltanto i due protagonisti in un hotel spettrale, che si chiama Solo per due…
Il progetto con le Forbici di Manitù sta letteralmente lievitando e ogni giorno ci sono idee nuove ad arricchirlo, oltre che occasionali reading (uno a Casier, in occasione del FUN of FUN, il festival delle FUNtastic Nations, il prossimo a Pisa, in settembre)
Narrativa, fumetti, musica: quale canale di comunicazione ritiene più efficace oggi, per raggiungere il mondo dei giovani?
Sicuramente la narrativa oggi non raggiunge i giovani: dai 27 anni in giù sono pochissimi quelli che leggono (almeno così dicono tutti, io spero non sia vero). Per questo cerco continuamente nuovi canali per comunicare e voglio affiancare la mia scrittura al fumetto e alla musica.
Il cinema, un’altra grande passione. Il romanzo “Belve” è ambientato in una Cinecittà post-atomica e parla di cinema e dei mali della società, della sete di potere e ricchezza. Come nasce questo romanzo?
Belve è nato dalla mia passione per i felini: li adoro. Sono stata per mesi a osservarli in un parco che c’è vicino a casa mia, Villa Torlonia. Uscivo da una grave malattia e avevo bisogno di riprendermi, di coraggio. Me ne stavo tra gli alberi da sola, a leggere e come unica compagnia avevo i gatti della colonia felina. Il loro modo di fare, di muoversi, di comunicare, hanno ampliato l’idea che avevo da tempo, di un romanzo in cui la componente animalesca dell’uomo potesse emergere, di un grande affresco corale in cui i predatori (felini e vampiri) sono i protagonisti, e in cui gli uomini, con la loro bestialità, ci fanno davvero una figuraccia!
Come vede il potere e il successo? Il successo e i riconoscimenti, nella sua esperienza creativa quasi ventennale, hanno cambiato il suo modo di scrivere?
Non credo di avere avuto successo, non quello che si intende per successo. E i maggiori riconoscimenti mi sono venuti dai miei lettori, compresa la spinta a continuare a scrivere. Senza di loro avrei già smesso, perché ho dovuto lottare con le unghie e con i denti per conquistare spazi liberi in cui continuare a esprimermi. Non credo di essere cambiata. In questo ultimo anno ho vissuto un periodo di crisi, con un po’ di voglia di isolarmi, dovuto a vari problemi personali e lavorativi, a qualche delusione. Ma passerà presto, anzi sta già passando.
“Belve” è stato pubblicato prima in Francia e solo successivamente in Italia. Come risponde il lettore straniero rispetto a quello italiano. È più facile emergere all’estero?
Non ho avuto modo di conoscere i miei lettori francesi. So per certo che in Germania si sta formando un nutrito fan club grazie alla professoressa Kleinhans dell’università di Wuerzburg, a Stefanie Rubenis di Monaco che ha scritto una tesi su di me e ad altri professori all’università di Kassel (sono tutti studiosi di letteratura italiana e mi conoscono bene anche se non è mai uscito nulla di mio in Germania).
Alda Teodorani, scrittrice affermata, come ricorda i primi passi da esordiente, mossi nel mondo dell’editoria. Una strada facile o come per molti tortuosa? Qual è stata la sua prima pubblicazione?
Quando e come è entrata in contatto con la “grande” editoria italiana?
Come dicevo ho cominciato a pubblicare con i fumetti, avevo inviato dei miei racconti e sono piaciuti. Da lì, grazie ad amicizie comuni, ho pubblicato il mio primo racconto su Nero Italiano di Mondadori. Sapevo che Brolli stava raccogliendo racconti per Einaudi, e gli ho telefonato, gli ho detto senti, dammi una possibilità. Se non ti piace quel che scrivo, amici come prima! Ma erano già 8 anni che lavoravo e il mio nome era già conosciuto. Gli ho inviato un racconto che non gli è piaciuto, e poi un altro, che è stato accettato. È stata dura, davvero, la strada che ho percorso. Tutto quel che ho fatto l’ho fatto perché sono riuscita a parlare con i vari miei editori, prima di persona (esponendo i miei progetti) e poi inviando i miei scritti. Ma ci sono stati anche gli episodi sgradevoli, come quella volta che ho inviato Labbra di sangue (pubblicato in seguito da Datanews) a Baldini e Castoldi. Ho spedito il pacco con tutte le migliori speranze, dopo 10 giorni era di nuovo alla mia casella postale, corredato di risposta negativa: «abbiamo letto attentamente il suo manoscritto» diceva, «ma non rientra nelle nostre collane». Ero allibita!
Un parere sul panorama editoriale italiano attuale. Quali sono i mali dell’editoria italiana oggi? Cosa si potrebbe fare per porvi rimedio?
Non so cosa dire dell’editoria, potrei anche dire cose molto sgradevoli. Ma sono esperienze personali, quindi preferirei non rispondere.
Autrice di opere sanguinarie, storie atroci, violente. Esistono differenze tra l’horror nostrano e quello straniero. Come risponde il pubblico?
Io credo che il pubblico sia sempre pronto ad accogliere l’opera di qualità. La narrativa puramente italiana ha secondo me dei vizi di forma che gli scrittori dovrebbero cercare di evitare per dare al pubblico qualcosa di migliore, tutto qui.
I suoi libri spesso rappresentano il Male, quello che si nasconde nella mente umana, nell’uomo cosiddetto “normale”. Cos’è il male nella società contemporanea?
Sarà il male della società contemporanea l’essenza del mio intervento a Wuerzburg. Però io credo che il male peggiore oggi sia l’indifferenza, che non è il male con la M maiuscola, è una piccola cosa ma a ben vedere è sempre l’indifferenza quella che colpisce più forte, che dà più dolore. Mi è capitato, in una sera buia, di mettere il piede in una buca (Roma è la capitale dell’asfalto assassino!) e di farmi molto male. La gente che passava non si è minimamente degnata di aiutarmi. Qualche giorno fa ho visto un automobilista suonare il clacson come un pazzo perché la donna in motorino, caduta a terra davanti a lui, si spostasse per farlo passare!!!
Cosa è per lei la paura? Credo si possa affermare che la scrittura horror, noir ha un potere esorcizzante per lettore. E per lo scrittore?
La paura per me è qualcosa che sta in agguato, che esce nei momenti in cui sono più indifesa. Ovviamente anche io mentre scrivo esorcizzo le mie paure. È qualcosa di esaltante.
“Sesso col coltello”, un’altra raccolta, un altro modo di esplorare le emozioni: tramite l’eros. Cos’è per lei l’erotismo?
L’erotismo, insieme alla paura, è un’altra grande fonte di emozione. Per me è indissolubilmente legato all’amore e Sesso col coltello risente anche di questo mio atteggiamento. È irrimediabilmente contaminato dalle delusioni che si accaniscono contro le protagoniste dei racconti che contiene. Contro chi, come me, vive il sesso e l’amore in maniera esclusiva e assoluta.
I lettori, un referente imprescindibile. Quale tipo di lettore ha in mente quando scrive? I suoi lettori sono per lo più uomini o donne?
I miei lettori, ho un rapporto privilegiato, molto privato con loro anche se ovviamente non li conosco personalmente. Tanti di loro mi hanno scritto. Uno, Gaba, ha addirittura creato il mio sito e me lo ha regalato. Ricevo spesso le loro mail ed è ovviamente a quello che mi hanno detto che penso, quando scrivo. È al loro modo di vivere la mia scrittura. Di sicuro, tranne poche eccezioni, le donne sono in netta minoranza. Non so perché… immagino siano i temi molto forti, le scene spesso violente che accompagnano i miei scritti.
Qual è il libro che più la rappresenta (se ne dovesse citare uno solo)? Quale libro consiglierebbe di leggere per conoscere Alda Teodorani scrittrice?
Direi che è questo ultimo, Incubi (Halley), perché contiene tanto di me. Ma forse il più rappresentativo, quello che consente di conoscermi meglio, è La signora delle torture (pubblicato da Addictions) perché ad ogni racconto corrisponde un commento, perché è la storia cronologica della mia scrittura, perché è il mio best of. E poi perché, cosa non meno importante, è pubblicato da uno degli editori coi quali mi sono trovata meglio, al punto che ho fatto con lui ben tre libri.
Da una scrittrice affermata, qualche consiglio per un autore esordiente.
Consiglio come prima cosa di non demordere, di non scoraggiarsi mai. Anche quando non si è figli, amici o parenti di qualcuno “che conta” e non si possono avere raccomandazioni. Certo, in questo caso la strada è più lunga e la possibilità di pubblicare con grosse case editrici (cosa che non reputo affatto importante – e chi mi conosce sa che non mi interessa) è pressoché nulla.
Poi occorre scegliere la casa editrice a cui proporre il proprio lavoro andando in libreria e cercando chi pubblica cose simili alle proprie. È utile andare alle presentazioni di libri, allacciare rapporti con altri scrittori e andare alle fiere dei libri, parlare con gli editori, stabilire dei rapporti. Sono tutte cose che non ho mai fatto, ma con la mia scuola di scrittura siamo spesso andati in visita da vari editori: questi sono i principali consigli che danno loro ;)… e chi meglio di loro può sapere rispondere a questa domanda?!?! :))
Si può imparare a scrivere? Cosa pensa dei corsi di scrittura?
La mia passione è dare consigli a chi vuol scrivere e vorrei farlo per mestiere. Sarà perché io ho avuto solo esperienze negative con chi ha cercato di insegnarmi a scrivere e proprio per questo vorrei rimediare. Temo che in generale le scuole di scrittura cerchino di formare tanti piccoli cloni di pinco o di pallino. Io invece penso che per emergere bisogna ricercare la propria individualità. Termino ora l’esperienza del mio secondo corso di scrittura e ho visto i miei ragazzi crescere. Sono assolutamente deliziata dai loro cambiamenti, dalla confidenza che iniziano ad avere con le parole. Li vedo soddisfatti quindi il bilancio è assolutamente positivo!
Cosa pensa dell’editoria elettronica? Ha mai pubblicato in e-book?
Non so cosa pensare a riguardo. Ho messo a disposizione, scaricabili dal mio sito, i miei primi tre romanzi in formato PDF, quando ancora non erano stati ristampati da Addictions in quel bellissimo libro che è Le radici del male. Mi prenderebbe un po’ peggio, penso, se fosse un editore di e-book a propormelo. Penso che forse si tratta di qualcosa che va fatto da un autore direttamente per i suoi lettori.
Qualche anticipazione sul suo prossimo lavoro?
Per ora mi limito a godermi Incubi, che in realtà è il mio prossimo lavoro, poiché ho appena finito di scriverlo ed è stato subito pubblicato. E’ un diario della follia, con una protagonista che ha tante cose di me ma che nello stesso tempo, nutre nel suo animo un immaginario denso di deliri e di mostri. È un ritorno a atmosfere davvero cupe, molto malsane, in cui la violenza è interiore, e porta a raccogliersi in se stessi. È corredato da quattro bellissime illustrazioni di Wallnofer e dalla straordinaria copertina di Dino Valls. È un’opera che ha accompagnato la mia rinascita dopo un periodo brutto e triste, in cui avevo perso molte tracce di me stessa, in cui mi ero chiusa a riccio. Senza perdere mai lucidità, è stato doloroso. Ed è proprio il dolore che mi ha convinta a esplorare l’universo della follia, un tentativo che prima avevo fatto solo nel mio primo romanzo, Giù nel delirio, ma in quell’occasione si trattava di una follia indotta nel protagonista dagli allucinogeni. E il personaggio principale era un uomo, mentre qui la protagonista è donna. Tutto il libro, poi, è un omaggio ai miei adorati cinema e letteratura dell’orrore, con bibliografia e filmografia finali. C’è anche la musica che amo di più, ci sono i miei amici e la gente che mi ama, ci sono i miei percorsi quotidiani. Per questo è tanto importante. È la risposta a un mio lettore che una volta mi ha scritto: perché non scrivi un diario? È anche la mia risposta all’imbecillità dilagante in certo cinema (Troppo belli, per esempio) o in certa letteratura (vogliamo dirlo? Ma sì, diciamolo: Melissa P.) o in tv.
(clicca qui per avere altre informazioni su incubi)
Grazie per la sua disponibilità
Stefania Gentile