Viene sempre il momento nella vita di ciascuno di noi in cui si vanno a rileggere o a ristudiare nozioni che si riteneva ormai non solo acquisite, ma addirittura profondamente radicate nella nostra mente.
Come in tutti i campi dello scibile umano, anche nella letteratura è sana abitudine coltivare e mantenere un salubre e ragionevole grado di perfetta umiltà e riconoscere che, in alcuni casi, è estremamente utile andare a rileggersi il dizionario, per verificare o riscoprire dettagli e approfondimenti che tornano sempre utili e preziosi.
Soprattutto per uno scrittore, od aspirante tale.
Facendo questo, e partendo con ammirevole coerenza dalla lettera A, ho creduto di riscoprire piccole perle di saggezza che vi riporto assai umilmente, nella consapevolezza che vi torneranno in ogni caso utili, o prima, o poi.
Prima Parte
Davanti a una parola che comincia con una vocale la A può assumere il cosiddetto D eufonico e trasformarsi in AD. Ad esempio Ad Alessandria. Oggi però secondo le nuove tendenze linguistiche è considerato un eccesso di purismo, e si preferisce usare la A semplice, eccetto nei casi di evidente cacofonia. Per esempio si considerano corrette le seguenti espressioni A Imola, A Oristano, Ad Alessandria.
La A usata come prefisso vuole il raddoppio della consonante iniziale del termine di cui diviene prefisso. A+Dosso=Addosso, A+Capo= Accapo, A+Fondo=Affondo
Usando questa preposizione è possibile incorrere in numerosi errori e inesattezze, molti dei quali purtroppo autorizzati dall’uso della lingua comune, ma ancora considerati come grave errore o scorrettezza nella forma scritta. Ad esempio nelle seguenti iterazioni la preposizione A dovrebbe sempre essere ripetuta per cui è considerata corretta la prima forma e scorretta la seconda. Per esempio sono corrette: A mano a mano, A poco a poco, A goccia a goccia, A due a due, A passo a passo. E sono considerate forme scorrette le seguenti usatissime espressioni: mano A mano, poco A poco, due A due, passo A passo. Alcune tendenze considerano però queste precisazioni un eccesso di purismo.
Attenzione agli abusi della lettera A, ricordiamo che in molti casi alle scorrette od imprecise forme pasta Al sugo, uova Al burro, carne Al pomodoro invalse ormai nel tempo è considerato più esatto letterariamente parlando l’uso di una forma più convenzionale che prevede pasta con il sugo, uova con il burro, carne con il pomodoro. La stessa cosa dicasi per gli usatissimi A mezzo fattorino, A mezzo vaglia, che andrebbero sostituiti con i più articolati per mezzo di un fattorino, tramite vaglia.
Vanno poi sempre sostituite con articolazioni complesse le frasi di uso comune ma scorrette come le seguenti: eletto A sindaco, insieme A Sergio, un tizio A nome Franco, riguardo Alla questione, stimare Al giusto valore, terreno A vendere, associazione A delinquere, a questo modo, contemporaneo A Verdi.
Sconsigliabili poi le locuzioni tipo: Al galoppo, Al trotto, Al tramonto, Alla sera, una volta All’anno, due volte Alla settimana.
Entriamo invece nel sofisma quando apprendiamo che sebbene sia consentita la forma A richiesta generale, è sconsigliata la corrispondente A richiesta, che quando semplice andrebbe sostituita dalla più corretta Su richiesta.
L’uso burocratico formato da A più la forma infinita del verbo, tipo A spedire, A registrare, A riportare è considerata un francesismo, e dunque forma scorretta. Da sostituire con i più tradizionali Da spedire, Da registrare, Da riportare.
Conviene poi evitare l’uso di A seguito da preposizioni articola come di, della, degli, dei, delle. Esempio: Mi hanno presentato A delle persone è scorretto mentre è corretto Mi hanno presentato ad alcune persone.
La A serve poi principalmente per la composizione di alcune forme di verbi. Esempio: Accorrere, Attirare, Apporre, Attingere, Aggiungere, Attardare, Arrestare ma occorre ricordarsi che diventa eufonica davanti alle consonanti come in Adornare.
Abat-jour è considerato un francesismo facilmente evitabile da sostituire con l’ analogo italianissimo paralume, in ogni caso se proprio lo volete usare ricordatevi che si dice un abat-jour e non una abat-jour.
Abbastanza. Fuorviati da alcuni usi regionali a volte dimentichiamo che dovrebbe essere inteso nel senso di quanto basta, e non nel senso di piuttosto. Quindi è corretto dire Ho mangiato abbastanza, scorretto dire Mi sento abbastanza bene.
Il verbo Abboccare per i puristi regge il complemento oggetto, per cui sarebbe scorretto dire Abboccato All’amo, e più corretto dire Abboccato l’Amo. Tuttavia vi consiglio di dimenticarvelo perché se mai lo usaste credo che tutti lo segnerebbero come errore.
Abbondare è un verbo intransitivo molto particolare in quanto richiede l’ausiliare avere quando ciò che si presenta in abbondanza è costituito da un complemento, come nel caso di il campo aveva abbondato di grano, e richiede invece l’ausiliare essere quando ciò che è in abbondanza è il soggetto stesso come nel caso di il cibo è sempre abbondante.
Abbordare, Abbordabile e Abbrivio sono termini marinareschi ormai diventati di uso comune, ma per i puristi il loro uso al di fuori del contesto marinaresco è considerato un francesismo inutile e dunque scorretto.
Mai confondere Abbruttire con Abrutire che sono forme entrambe corrette di due espressioni diverse, rispettivamente rendere brutto e rendere simile a un bruto.
Abbuffarsi o Abboffarsi è forma di un verbo riflessivo. Esempio Io mi abboffo, Io mi abbuffo.
Abdicare è verbo intransitivo. Il re fu costretto ad abdicare, oppure abdicare al trono. Vuole l’ausiliare avere. Come il similare Aberrare.
Abnorme. Sta per fuori dalla norma, ma è considerato termine medico. Meglio usare il più tradizionale Anormale.
Aborigeno funge sia da sostantivo che da aggettivo. Dal punto di vista etimologico è sorto per indicare i primi abitanti del Lazio dal latino Ab Origine. Dal punto di vista grammaticale l’uso corretto prevede la sola forma plurale, per la forma singolare si preferiscono gli equivalenti Nativo e Autoctono. Spesso utilizzato in senso lato negativo con l’accezione di Primitivo o Selvaggio.
Aborrire o Abborrire è sia verbo transitivo che intransitivo a seconda degli usi. Avere in orrore qualcosa, per esempio Aborrire l’ingiustizia. Oppure Rifuggire con orrore, per esempio Aborrire dalla violenza.
Abortire. Verbo intransitivo che regge l’ausiliare avere. Considerato scorretto l’uso fuori dal contesto medico. Previsto anche un senso figurato che regge l’ausiliare essere.
Abrogare. Verbo Transitivo di origine giuridica. Da Ab e Rogare (proporre una legge).
Accampare. Considerato verbo di ambito militare. Sconsigliato l’uso corrente delle locuzioni Accampare diritti, Accampare pretese.
Accecare è forma corretta. Acciecare è considerato errore. Nonostante sia un derivato di Cieco la i tende a scomparire come in tutti gli altri derivati.
Accelerare è forma corretta. Accellerare viene da uno scorretto uso verbale ed è considerato errore.
Accentare. Da non confondere con Accentuare. Rispettivamente Elevare la voce mentre si pronuncia una sillaba, o Segnare con l’accento una parola, o Pronunciare con voce scandita. E Pronunciare con enfasi, o Mettere in risalto.
Accento. Nota dolente. I tipi principalmente usati sono due, quello tonico, che si accenta con la voce, ma non va scritto, e quello grafico, che va sempre evidenziato nella forma scritta. L’accento circonflesso è ormai in disuso. Come curiosità linguistica va segnalato che Re e Tre non vogliono mai l’accento, mentre i loro composti, Viceré e Trentatré lo vogliono sempre. La stessa regola vale per Blu, Su, Fa, e Sto. Coi loro corrispondenti Rossoblù, Quassù, Rifà, e Restò.
Acchito. Forma di origine francese. Considerata scorretta la locuzione Al primo Acchito, più indicata la forma Di primo Acchito.
Accidentato. Termine di origine medica. I puristi sconsigliano di usare terreno accidentato, da sostituire con terreno disuguale, impervio, vario, ineguale, ricco di asperità.
Il seguito di questo avventuroso viaggio tra le asperità e i trabocchetti della infida lingua italiana scritta o parlata alla prossima puntata.
Tratto dal Dizionario degli Errori della Rusconi Libri.
Curiosita’ Linguistiche
LETTERA "A"
Sabina Marchesi