Pianeta Corina Sei
Periodo storico: tardo medioevo
La residenza del Mastro Scienziato si ergeva a pochi chilometri dalla cittadina rurale di Collerville.
La torre semi diroccata, sede attuale dell’osservatorio astronomico, incuteva un certo timore fra i contadini di passaggio e benché il Consiglio Direttivo avesse provato con ogni mezzo a farla abbattere, nessuno era ancora riuscito a costringere il Mastro Scienziato a cambiare dimora.
Da quel punto d’osservazione George Sangres passava gran parte delle sue notti osservando il cielo, elaborando nuovi teoremi astronomici e complicati postulati matematici.
Dopo la perdita della moglie a causa dell’epidemia di peste che colpì Collerville durante le guerre di liberazione, per lui non rimase molto per cui valesse la pena litigare con i colleghi dell’Accademia, sempre restii ad accettare nuove teorie incomprensibili alle loro menti ottuse.
Sentendosi deriso ed escluso decise infine di ritirarsi nella sua terra, allevando come meglio poteva la figlia Sara e lasciando trascorrere gli anni.
I bambini si prendevano gioco di lui, i genitori per tenerli lontani dalla sua influenza negativa raccontavano che nella torre dimoravano gli spettri e quindi non sarebbe stato saggio avvicinarsi.
Da lì nacque la leggenda del vecchio che parla con il diavolo.
Addirittura si sospettava che egli stesso fosse il demonio.
Il Tribunale di Vigilanza aveva raccolto testimonianze e prove da parte dei villici, i quali giuravano di vedere accadere cose strane e magiche nelle campagne.
Come ogni notte serena lo scienziato si apprestò ad aprire la cupola.
Entrò nel piccolo pianerottolo in roccia viva rimuovendo le ragnatele che spuntavano un po’ dappertutto, spense la fiammella dell’ultimo esperimento ancora in corso e finalmente spalancò gli stipiti della specola.
Un manto scintillante di stelle lo sovrastò in tutto il suo splendore.
Impazientemente spostò il baldacchino del cannocchiale e sorridendo lo puntò verso una stella luminosa, sorrise compiaciuto di essere l’unico mortale a poter godere di quello spettacolo meraviglioso, l’Universo intero era a portata di mano pronto per essere esplorato.
Malgrado l’età avanzata giurò a sé stesso che avrebbe visto le luci dell’alba ancorato al suo strumento.
Ancora immerso nella contemplazione non si accorse della voce che lo chiamava ripetutamente dai piani inferiori.
"Padre, padre mi senti? Vieni giù, è tardi coraggio scendi."
Ma Sangres non distolse lo sguardo, la piccola nebulosa rossastra che stava ammirando non era stata ancora catalogata.
Raccolse il taccuino per gli appunti ed intinse il pennino nella boccia dell’inchiostro, eccitato non si rese conto che si stava sgocciolando proprio sulla manica, con brevi tratti iniziò a riportare sulla pergamena la strana conformazione dell’oggetto celeste.
Dopo pochi minuti la porta si aprì ed una ragazza sorreggendo un candelabro illuminò il laboratorio.
"Non adesso Sara, ti raggiungerò dopo, ho appena fatto una nuova scoperta."
Facendosi largo fra la miriade di strumenti che le ostacolavano il passaggio Sara raggiunse il vecchio ancora intento ad osservare i dettagli della nebula.
"Padre, guarda come ti sei conciato, sei tutto sporco d’inchiostro, dai scendi di lì o finirai per prenderti un raffreddore."
Tirandolo per un braccio lo allontanò, non senza difficoltà, dal cannocchiale.
"Non tirare, lasciami, ti ho detto di lasciarmi in pace!"
"Andiamo, non fare il bambino, vieni con me…"
Incurante del battibecco familiare un rombante suono di cavalleria sovrastò i loro lamenti ed un fascio di luce proveniente dalla strada penetrò dalla finestra.
Sara rimase alquanto sorpresa, con un balzo salì sulla scala e si affacciò oltre il parapetto.
Per un attimo non poté credere ai propri occhi.
Una colonna di fiaccole si muovevano in perfetta fila indiana, centinaia di cavalieri armati di lance stavano sfilando a fianco della torre.
"Padre, l’esercito si sta muovendo contro i nostri confinanti, temo stia per scoppiare una nuova guerra."
Lo scienziato ripose velocemente i preziosi disegni nella custodia e si preparò a scendere.
In vita sua aveva già assistito a quella scena.
Orde di cavalieri che portavano la distruzione fra i rivali di Collerville, morti e devastazione che seguivano i loro scontri lungo le campagne, l’inutilità di quei duelli che generavano nuovi attacchi ed altri ancora.
Sangres si fermò sull’uscio e con voce spezzata richiamò la figlia.
"Andiamo Sara, noi non possiamo farci niente, non vale la pena restare a guardare."
"Ma padre…"
"Presto, chiudi la specola e raggiungimi di sotto, domani avremo molte cose da nascondere nel caso il nostro esercito risultasse sconfitto."
Ormai segregata da quindici giorni la famiglia Sangres si era letteralmente barricata fra le mura della villa.
Sara aveva aiutato il padre ad erigere le barriere ed a riporre le cose preziose nei ripostigli segreti, prime fra tutte le ricerche scientifiche e gli apparecchi di ricerca.
In caso di rappresaglie i nemici avrebbero trovato solamente pochi gioielli e qualche quadro, ben poca cosa rispetto al valore immenso che Sangres attribuiva al suo lavoro.
Il portone della villa era stato puntellato in più punti, ma era ben evidente che sarebbe bastato un piccolo ariete per spazzare via tutta la struttura.
Come un soldato di sentinella il Mastro controllò per l’ennesima volta che nessuno stesse forzando le difese, osservando fra il verde intravide una lepre che sgattaiolava lungo il perimetro perdendosi furtivamente nella boscaglia.
"Chissà come procede la battaglia?" si domandò prendendo posto a tavola.
"Sara, sei veramente brava, si vede che hai preso da tua madre." confessò con orgoglio servendosi un mescolo di zuppa.
"Malgrado ciò dovremo andare in città per rifornirci di viveri o saremo costretti a mangiare l’erba del prato."
La ragazza si sistemò la lunga treccia bionda che le era ricaduta sulla spalla e versandosi da bere replicò.
"Non mi sembra il caso, è troppo pericoloso, la città potrebbe essere già sotto assedio…se solo avessero inviato dei soccorsi, adesso ti sei reso conto che viviamo al di fuori del mondo? Non possiamo andare avanti così, padre devi riconciliarti con il mondo scientifico, trovare un compromesso e riottenere il tuo incarico a corte."
Con una smorfia di disappunto il vecchio deglutì.
"Non se ne parla nemmeno, non tornerò strisciando da quei presuntuosi, saranno loro a cercare me se lo desiderano…ma aspetta, non senti questo rumore?" chiese Sangres tendendo le orecchie verso la porta principale.
La giovane annuì, rapidamente si armò della balestra riposta sulla scaffalatura ed inforcò una freccia.
"Chi è? Cosa volete? Siamo armati, se ci tenete alla vita lasciate immediatamente le nostre terre!" minacciò dando risalto al proprio tono.
Attraverso il legno stagionato giunse una voce fioca alla quale si aggiunsero immediatamente alcune altre.
"Mastro Scienziato, ci sente? Siamo suoi colleghi e siamo disarmati, abbiamo qualcosa da mostrarle, ci apra per favore."
Sangres allontanò la figlia ed iniziò ad aprire i chiavistelli.
"Sara, metti via la tua arma., conosco quelle voci, non devi preoccuparti non sono nemici."
"Aspetta padre, e se fosse un tranello?"
Il vecchio ancora intento a sbloccare la porta si girò con un’espressione enigmatica ma non rispose.
Quattro funzionari fecero il loro ingresso levandosi i copricapi con l’emblema dell’ateneo, dal loro atteggiamento si capiva chiaramente che avevano una grande fretta.
"Mastro Scienziato, scusaci l’intromissione, ma abbiamo fatto una scoperta incredibile ed abbiamo bisogno del tuo consiglio." disse il più alto parlando a nome di tutti.
"Del mio consiglio? Del consiglio dell’Orco che mangia i bambini? Falsi ipocriti!" rispose Sangres senza nemmeno provare a nascondere il suo risentimento.
Il funzionario rimase piuttosto sorpreso sentendo quelle offese, forse non sapeva della leggenda che circolava in paese, tuttavia senza lasciarsi intimorire continuò.
"Mastro Scienziato, non so’ di cosa tu stia parlando, io parlo a nome dell’Accademia e per quanto tu sia considerato una persona eccentrica non mi è mai giunta voce di queste accuse nei tuoi riguardi."
"Quelle infamie ci hanno quasi rovinato." sottolineò Sara intromettendosi nella discussione.
Gantor, capo del Dipartimento, prese la parola facendo segno al collega di farsi da parte.
"Mastro Scienziato, posso capire il tuo stato d’animo, ma se non ti rincresce di questo parleremo dopo, ci sono cose più urgenti di cui discutere."
"Più urgenti? Più urgenti forse di restituire la dignità alla mia famiglia?"
Lo scienziato non riuscì a trattenersi, per alcuni secondi squadrò severamente il piccolo collegio provando il vivo desiderio di cacciarli fuori di casa, poi incontrò lo sguardo ammonitore di Sara e lentamente ritrovò la calma.
Abbassando il capo, suo malgrado, mestamente s’inchinò.
"Signori, chiedo scusa per questo sfogo emotivo, la prego presidente Gantor di perdonarmi e di continuare, di cosa avevate bisogno?"
Il superiore fece finta di nulla sorvolando l’insubordinazione del suo ex collega, con tono marcatamente professionale continuò.
"Durante l’ultima battaglia è stato rinvenuto un misterioso manufatto, è stato portato alla luce ad alcuni metri di profondità dagli inservienti che ripulivano il campo dai cadaveri. Ha un aspetto inconsueto, con alcune fiamme che lampeggiano ad intermittenza. Fiamme senza calore."
Sangres sgranò gli occhi, in vita sua non aveva mai sentito una descrizione così fantasiosa, si tolse gli occhialini ed iniziò a ripulirli con un fazzoletto di seta.
"Fiamme senza calore? Attento Gantor, potrebbero denunciarti al Tribunale e metterti al rogo come stregone." sottolineò senza reprimere una risata.
Gantor non apprezzò quel nuovo affronto, si alzò dalla sedia preparandosi a lasciare la sala quando Sara opportunamente si pose davanti alla porta.
"Presidente perdoni mio padre per quanto ha appena detto, vivere da solo per tutti questi anni lo ha reso acido ed insofferente, con il suo permesso, saremmo onorati di poter vedere quel manufatto."
Gantor sbuffò, era evidente che non era abituato a farsi insultare da un suo sottomesso, tuttavia considerando la situazione preferì ritornare sui suoi passi facendo segno di portare il reperto all’interno della villa.
In breve sorretta dai tre aiutanti una cassa di legno fu depositata sulla tavola della sala da pranzo.
Sangres apparve immediatamente affascinato dall’involucro, gli girò intorno con un fare sospetto, aprì la serratura e scoperchiò il contenuto.
L’oggetto aveva una forma vagamente cilindrica ed un colore metallico simile al ferro, la sua lunghezza poteva essere stimata in circa un metro e mezzo mentre da alcune sporgenze una serie di luci intermittenti risplendevano ritmicamente.
Sangres avvicinò l’orecchio allo strano apparato ed esclamò inorridito.
"Ma questa cosa pulsa come fosse viva!"
"Esatto Mastro Scienziato." confermò Gantor avvicinandosi.
"Per questo abbiamo deciso di consegnartelo, studialo e riferiscici a cosa possa servire, potrebbe essere un’arma abbandonata dal nemico…ci sarebbe molto utile per concludere in fretta la guerra."
Il nuovo funzionario ingenuamente si affiancò a Sara cercando di parlare sottovoce.
"In realtà l’intero Dipartimento ci ha già provato senza ottenere nessun risultato apprezzabile, pensiamo che suo padre sia l’unico in grado di risolvere quest’enigma."
La donna non gradì per nulla l’allusione, folgorandolo con lo sguardo ribatté.
"Perché lo considerate uno scienziato pazzoide?"
"Lei mi ha frainteso signorina, le ho detto questo per farle capire il rispetto che ancora gode suo padre fra i suoi colleghi, molti fra noi lo considerano un vero genio." balbettò il poveretto arrossendo per la gaffe appena commessa.
"Mastro Scienziato, allora hai preso una decisione o vuoi che portiamo via l’oggetto?" incalzò Gantor spazientito oltre misura.
Sangres scosse il capo e richiuse immediatamente la cassa.
"No, non sarà necessario, accetto l’incarico. Fra tre giorni vi farò sapere i risultati dei miei esperimenti, ma nel caso risultassero positivi desidero che venga considerata la mia riassegnazione all’Accademia."
"Accetto!" rispose prontamente Gantor stringendogli la mano, poi con un sorriso di circostanza si affrettò a concludere.
"Ritorneremo fra tre giorni esatti per vedere i risultati, a presto Sangres, che la fortuna ti assista."
Prima che i quattro si congedassero Sara si sentì in obbligo di scusarsi con il giovane funzionario ancora visibilmente scosso per l’invettiva subita, porgendogli il cappuccio cortesemente domandò.
"Signore, se non le rincresce, sarebbe così gentile da farci pervenire delle scorte di viveri, le strade della città, per noi, non sono più sicure."
"Stia tranquilla signorina, me ne incaricherò di persona, vedrà che tutto si sistemerà per il meglio."
I due si salutarono con complicità mentre il resto del gruppo usciva all’aperto risalendo sul cocchio.
"Allora Paul muoviti!" gridò bruscamente Gantor afferrando le redini.
"Adesso è meglio che vada, a presto."
"La ringrazio signore e spero che abbia ragione." sospirò Sara richiudendo la porta con un filo di speranza.
Quella notte Sangres non riuscì a chiudere occhio, aveva condotto decine di esperimenti sul manufatto, ma onestamente dovette ammettere di non aver capito praticamente nulla sulla sua funzione.
Nei libri non era riportato niente che assomigliasse ad un simile oggetto e la sostanza che componeva l’involucro esterno sembrava volesse sfidare qualsiasi legge fisica conosciuta.
Deluso e sfinito si adagiò sul letto raccogliendo le mani dietro la nuca.
Osservando distrattamente le ombre riflesse sul soffitto stette in quella posizione per circa una mezz’ora quando improvvisamente fu colpito da un’intuizione, indossò la vestaglia e si precipitò in laboratorio.
Accese nuovamente le candele e scoperchiò con foga la cassa.
C’era ancora qualcosa che non aveva tentato, qualcosa di così banale da essere stata scartata a priori.
Quel lampeggio intermittente doveva pur significare qualcosa.
Tirò fuori il prontuario e rilesse i suoi appunti, esultante finalmente esclamò.
"Ma certo, non può essere che così."
Ripetendo ad alta voce una sequenza di numeri attivò una serie di pulsanti collocati nella nicchia frontale dell’apparecchio e poi…l’inconcepibile accadde.
Pianeta Corina Sei
Diario del capitano, data stellare 43614.3
Questa mattina è avvenuto un grave incidente.
Durante il rientro della squadra composta dal comandante Riker, dal consigliere Troi e dal tenente Worf, qualcosa non ha funzionato, un sovraccarico ha investito il raggio teletrasporto e sulla pedana si è inspiegabilmente materializzato un vecchio dall’aspetto trasandato e smarrito.
Il nostro ospite inatteso è stato immediatamente ricoverato in infermeria a causa del forte trauma subito.
Corina Sei ha ufficialmente espresso il desiderio di entrare a far parte della Federazione richiedendo la presenza della nave ammiraglia per ufficializzare l’accordo, il loro atteggiamento mi è sembrato aperto e leale, dubito che questo incidente sia stato un loro atto premeditato.
Mi rincresce segnalare che fino a questo momento non abbiamo nessuno indizio di cosa possa essere realmente successo.
Il magistrato di Corina comparve sullo schermo principale dell’Enterprise.
"Capitano Picard, abbiamo terminato il terzo sondaggio a bassa quota, purtroppo non abbiamo rilevato nessuna traccia dei suoi ufficiali."
Il diplomatico apparve seriamente dispiaciuto, ovviamente un incidente di tale gravità non avrebbe favorito il negoziato e con ogni probabilità ne avrebbe rinviato la conclusione fino al termine dell’inchiesta.
"La ringrazio per la collaborazione consigliere Ammiz, le chiedo il permesso di restare nella vostra giurisdizione per continuare le ricerche. Non appena avremo scoperto le generalità dell’uomo rinvenuto a bordo la contatterò, sono certo che potrà darci una spiegazione esauriente su questo riprovevole incidente." richiese formalmente Picard nascondendo la propria delusione per lo svolgimento delle indagini.
"Permesso accordato. Mi permetto di ricordarle che il nostro sistema di catalogazione ed analisi dati è fra i più efficienti dell’intero settore, se costui è un Coriniano saremo in grado di fornirle qualsiasi tipo d’informazione desideri. A presto capitano."
L’immagine del pianeta sostituì il volto del diplomatico mostrando i vasti oceani che lo ricoprivano, due continenti principali ed una miriade di isole minori erano le sole zone abitabili di Corina Sei, sesto pianeta di una stella azzurra di terza grandezza.
Dopo aver consegnato il comando all’ufficiale di turno, Picard si alzò e si diresse con una certa urgenza verso il turboelevatore mentre mentalmente riordinava gli avvenimenti caotici delle ultime ore.
Quando giunse in infermeria vide la dottoressa Crusher china sul paziente intenta a leggere i dati rilevati del tricorder, una serie di elettrodi erano stati applicati sulla fronte del vecchio ancora privo di sensi.
"Dottoressa, qualche novità?"
"Si capitano, quest’uomo è certamente un Coriniano, ho appena terminato la comparazione del suo DNA, sono tuttavia perplessa per alcuni elementi contrastanti."
"Si spieghi meglio."
"L’aria contenuta nei polmoni indica che costui ha respirato per anni un’atmosfera priva di smog, il ché non corrisponde alle nostre analisi del pianeta. È veramente molto strano."
Picard osservò con attenzione il pannello alle spalle del lettino diagnostico.
"Quando potrò parlargli dottoressa?"
Beverly richiuse lo strumento e lo ripose sul tavolo.
"Alcune ore capitano, devo terminare una serie di test."
"Dottoressa, non dispongo di alcune ore, ho una squadra ancora dispersa, faccia del suo meglio, ma entro mezzora voglio potergli rivolgere qualche domanda."
Il medico non obbiettò, fece segno ai suoi aiutanti di raggiungerlo e si mise subito al lavoro.
Uscendo Picard decise di non tornare in plancia, deviò e si diresse verso la sala teletrasporto.
Il tenente La Forge ed il signor Data stavano ancora ricalibrando le memorie delle matrici del trasferitore.
Qualcosa aveva danneggiato tutta la rete, alcuni circuiti erano esplosi per la violenza della scarica energetica, Picard ne ebbe subito conferma dai segni lungo le pareti della sala.
"Rapporto signor La Forge."
"Capitano, dalle prime analisi risulta che siamo stati investiti da un raggio multifasico di natura sconosciuta, probabilmente sovrapponendosi al nostro teletrasporto ha causato l’incidente di questa mattina. Ci serviranno almeno cinque ore per sostituire gli strumenti, guardi, la maggior parte dei relais sono completamente fusi."
Picard trattenne il fiato pensando alla sorte dei suoi uomini.
Notando l’espressione preoccupata sul volto del suo superiore, Data preferì concedersi una pausa allontanandosi dal pannello.
"Capitano, simili incidenti sono già avvenuti in passato, com’è ampiamente documentato nel diario di bordo del capitano Kirk, ciò significa che la squadra potrebbe essere stata trasportata in un universo parallelo od in un altra dimensione, comunque sempre rintracciabile."
Picard si sforzò di sorridere al Secondo Ufficiale.
"Signor Data, non le chiederò le probabilità di successo in una simile operazione di recupero, sarebbero troppo scarse, vorrei invece che elaborasse una valida teoria che possa indicarci dove cercare i nostri compagni. Analizzi la struttura del raggio, la sua provenienza ed esegua un’accurata ricerca intorno alla nave per localizzarne eventuali tracce residue, mi riferisca le sue scoperte al più presto."
L’androide annuì memorizzando ogni singola richiesta nel suo cervello positronico mentre il tenente La Forge sondava nuovamente i circuiti storcendo il naso per il pungente odore di bruciato.
"Capitano, la mia ipotesi è che il raggio sia stato inviato dalla superficie del pianeta, era troppo intenso per provenire dallo spazio profondo, diversamente i nostri strumenti lo avrebbero individuato prima d’interferire con le nostre operazioni."
"È vero tenente, per il momento i Coriniani sono i principali indiziati, ma non dimentichiamoci che sono stati loro a chiedere l’annessione alla Federazione, a che scopo quindi attaccarci in modo così bizzarro ed inutile?" sottolineò Picard non troppo convinto di quella supposizione.
"Forse ha ragione capitano, in questo caso le capacità di Data potranno esserci d’aiuto."
"Me l’auguro tenente, se le serve una squadra di manutenzione…"
L’interfono risuonò nella sala teletrasporto troncando la frase a metà.
"Capitano, parla la dottoressa Crusher, la prego di scendere immediatamente in infermeria, il nostro ospite si è svegliato e sembra alquanto agitato."
"La raggiungo subito dottoressa." rispose Picard fiondandosi nel turboelevatore, malgrado la tensione si sentiva più sollevato, se non altro fra breve avrebbe avuto qualche risposta ai suoi interrogativi.
Picard entrò come un lampo in infermeria, superò gli uomini della sicurezza pronti ad intervenire e si affiancò alla dottoressa..
Il vecchio si era nascosto sotto un lettino diagnostico e stava urlando come un ossesso.
"Demoni, lasciatemi in pace! Perché mi avete rapito? Andatevene!!!"
Gli infermieri con le siringhe ipodermiche avevano già provato a snidarlo, ma il paziente spaventato non aveva risparmiato loro una serie di morsi e calci.
Picard si avvicinò al lettino inchinandosi a distanza di sicurezza, vide l’anziano e sorrise sperando di riuscire a calmarlo.
"Buongiorno, sono il capitano Jean-Luc Picard, lei si trova nell’infermeria della mia nave, vuole per favore uscire di lì?"
Con uno scatto isterico l’uomo si divincolò dalla sua posizione balzando a lato del tavolo degli attrezzi medici.
"Perché dovrei? Voi appartenete al mondo degli inferi, tornate da dove siete venuti! Se non sparite immediatamente m’infilzerò con questo coltello affilato e la farò finita!" minacciò agitando la lama del bisturi.
Mantenendo il sangue freddo Picard fece segno alle guardie di tenersi pronte, si avvicinò fissando il vecchio negli occhi costringendo ad indietreggiare verso l’angolo della sala.
"Glielo ripeto, non siamo demoni, e non le permetterò di suicidarsi sulla mia nave, la prego di ragionare e di ascoltarmi, dopo se lo vorrà potrà andarsene."
Guardandosi intorno terrorizzato Sangres vide la cerchia di persone stringersi intorno a lui, in vita sua non aveva mai uomini vestiti in quel modo e soprattutto apparecchiature così complesse, le mani gli tremarono e la vista sembrò annebbiarsi per qualche secondo.
Picard ne approfittò e con una mossa fulminea lo disarmò facendogli cadere il bisturi sul pavimento, sorreggendolo per le spalle lasciò che gli inservienti si prendessero cura di lui.
Mentre gli veniva praticata un’iniezione lo scienziato venne ricondotto sul lettino ed immobilizzato in attesa che il farmaco facesse effetto.
"Dove mi trovo? Cosa volete da me?" balbettò prima di addormentarsi nuovamente.
Picard si accostò al suo orecchio sperando che fosse ancora in grado di sentire la sua voce.
"Non ha nulla da temere da noi, non volgiamo farle del male, vuole dirmi come si chiama?"
Sforzandosi di tenere gli occhi aperti il vecchio rispose con un filo di voce.
"Sono il Mastro Scienziato…ma voi chi siete?…forse sono già all’inferno?"
"No, non è all’inferno, qui con noi è al sicuro, si ricorda cos’è successo?"
"La strana macchina…il lampo accecante…"
"Quale strana macchina?" chiese urgentemente Picard vedendo i suoi occhi chiudersi pesantemente sotto la dose massiccia di sedativi.
Ma Sangres non rispose, volse il capo e si addormentò placidamente senza fornire ulteriori indizi.
"Questa mattina mi sembra più calmo e ragionevole." affermò Picard disattivando il campo di forza della camera di sicurezza.
Sangres era stato internato per la sua stessa incolumità, dopo aver trascorso una notte agitata la dottoressa Crusher non aveva nessuna intenzione di correre rischi inutili con il suo instabile paziente.
"Si capitano…mi ricordo di lei…Picard giusto? Vuole adesso fornirmi una spiegazione su dove mi trovo e sul perché?"
"Veramente speravo che fosse lei a darmi qualche chiarimento, per iniziare potrebbe ripetermi il suo nome e dirmi da dove proviene?"
Lo scienziato si sistemò la lunga barba bianca e l’abito un poco sgualcito, alzandosi dal giaciglio dichiarò con un certo orgoglio.
"Sono George Sangres, ex Mastro Scienziato della città di Collerville. Soddisfatto capitano? Adesso vuole dirmi perché mi trovo in questo luogo? Cosa avete fatto a mia figlia? Se le avete fatto del male…"
Picard osservò con attenzione il suo ospite, gli abiti che indossava ed il modo di esprimersi indicavano chiaramente che egli non era contemporaneo degli abitanti di Corina, le cose si stavano complicando ulteriormente, era imperativo agire con un certo tatto per non infrangere la Prima Direttiva di non interferenza.
"Mastro Scienziato, lei è a bordo dell’Enterprise, una nave di esplorazione ancorata al largo, c’è stato un incidente, per un errore lei si è sostituito ai miei ufficiali durante lo sbarco, se ricordo bene lei precedentemente ha menzionato una strana macchina, vuole parlarmene? È importante."
Sangres non credette ad una sola parola, tuttavia raccontò la sua storia soffermandosi sul rinvenimento del congegno e sul fulmine accecante che ne fuoriuscì quando attivò le fiamme senza calore.
Picard ringraziò e rassicurò lo scienziato sull’incolumità della figlia, prima che lasciasse la stanza d’isolamento Sangres lo richiamò urgentemente.
"Capitano, forse non ho capito molto, ma se è veramente in buona fede come dice, perché non mi lascia tornare a casa?"
Picard si fermò e guardò lo scienziato con compassione, immedesimandosi con i sentimenti contrastanti che doveva provare in quel momento.
"Mastro Scienziato, mi creda, lo vorrei veramente ma non posso, almeno finché non troveremo il modo per rimandarla a casa senza pericoli. La dottoressa Crusher si prenderà cura di lei e le spiegherà quello che sarà il caso di sapere, non mi giudichi severo se la tratto così duramente, sono certo che al mio posto farebbe la stessa cosa. Tornerò a trovarla presto e rifaremo il punto della situazione, le chiedo di fidarsi di me e di collaborare." rispose Picard riattivando il campo di forza alle sue spalle.
Deluso lo scienziato annuì scuotendo le spalle, si risedette osservando le scariche di statica che correvano lungo le pareti della porta elettronica.
Tirando fuori dall’ampia tasca il suo monocolo personale si avvicinò incuriosito alla parete cercando di capire come avessero potuto imprigionare la luce in quel modo così affascinante.
Diario del capitano, supplemento.
Ho inviato al magistrato Ammiz tutte le nostre registrazioni circa l’identità del Mastro Scienziato.
La società di Corina Sei è estremamente fiera del suo sistema di archiviazione dati e spero che ciò valga anche per le registrazioni della loro storia passata, è infatti mia opinione che George Sangres sia un personaggio storico catapultato in qualche modo in quest’epoca.
Della squadra di ricognizione non vi è alcuna traccia e purtroppo le probabilità di ritrovarla diventano di ora in ora sempre più labili.
Le astronavi Coriniane si sono spinte fino ai sistemi stellari vicini nel tentativo disperato di rilevare qualche segnale, ma fino a questo momento non hanno avuto fortuna.
Mi auguro che il rapporto del signor Data e del tenente La Forge possano fornire un nuovo punto di vista su questo problema.
"Prego entrate pure." li invitò Picard dalla scrivania della sua saletta tattica.
Data e La Forge presero subito posto preparandosi ad riferire le loro scoperte.
"Signor La Forge, vuole iniziare prima lei?" chiese Picard assestandosi come di consueto la sua uniforme
"Si capitano, le nostre analisi iniziali erano corrette, abbiamo la certezza che un raggio multifasico ha interagito con il nostro sistema di teletrasporto scambiando in qualche modo le matrici in esso contenute."
"Signor La Forge, è possibile che questo raggio provenisse da un periodo storico diverso da quello attuale?" domandò Picard cercando credito alla sua teoria
"Proveniente da un differente periodo di tempo? Questa prospettiva mi era del tutto sfuggita capitano, è molto interessante…in effetti un raggio multifasico ha delle peculiarità molto particolari…si, penso che ciò potrebbe essere possibile."
Picard si sentì un poco sollevato, se non altro questo spiegava la presenza a bordo dello scienziato.
Il resto sarebbe venuto in seguito.
"Signor Data, la prego di continuare." ordinò Picard sperando che l’androide avesse elaborato la soluzione finale del puzzle.
"Capitano, per generare un raggio di tale intensità sarebbe necessario un’attrezzatura a dir poco avveniristica, la Federazione benché stia conducendo degli esperimenti non ha ancora superato la fase sperimentale. Malgrado ciò si può ipotizzare che una razza avanzata sia riuscita nell’impresa e faccia normalmente uso di questa tecnologia."
Picard si alzò dalla sedia e si avvicinò al pesce tropicale rinchiuso nella parete adiacente, osservando distrattamente i suoi colori sgargianti domandò.
"Signor Data, con le nostre attuali conoscenze potremmo rintracciare i nostri compagni dispersi?"
"Temo di no capitano, si potrebbe procedere per tentativi percorrendo i secoli senza sapere esattamente dove cercare. Tuttavia potrei iniziare una nuova ricerca e procedere per esclusione, nei rapporti della Federazione forse viene menzionata una razza in grado di utilizzare questo equipaggiamento."
"Proceda pure signor Data." confermò Picard riprendendo posto alla scrivania.
Il trillo del terminale risuonò annunciando una comunicazione in arrivo, era ancora il magistrato Ammiz dal pianeta.
"Capitano, abbiamo raccolto tutte le informazioni da lei richieste e le stiamo trasmettendo direttamente nel vostro computer, è un file molto grande di centinaia di pagine, lo state ricevendo Enterprise?" chiese conferma con un pizzico d’apprensione nella voce.
"Si magistrato, trasmissione ultimata, la ringrazio vivamente per la sua preziosa collaborazione."
Picard iniziò a leggere le prime righe poi si fermò, sarebbero occorse svariate ore per riassumere tutto il contenuto del documento.
"Signor Data, penso che lei sia la persona più qualificata per questo compito." lo invitò Picard volgendo il terminale nella sua direzione.
"La ringrazio capitano."
L’androide iniziò a leggere velocemente come solo una macchina può fare, i suoi occhi gialli si mossero ad un ritmo frenetico mentre il suo cervello elettronico immagazzinava i milioni di dati che scorrevano sul monitor.
L’intera lettura del testo durò solamente pochi minuti, infine imitando quasi alla perfezione un sorriso umano esclamò.
"Incredibile, semplicemente affascinante!"
Picard lasciò passare alcuni secondi, poi non resistendo più alla curiosità ordinò.
"Riassuma signor Data."
"Si capitano, George Sangres: studioso ed astronomo di corte, residenza Collerville, cittadina del tardo medioevo esistita circa dieci secoli fa nel continente meridionale di Corina Sei. Qui viene ampiamente documentato il suo genio per la meccanica celeste che gli consentì di formulare svariate teorie avveniristiche per quegli anni. Sono riportate anche numerose diatribe con l’Accademia delle Scienze che gli valsero l’espulsione dall’ateneo. Il suo carattere…"
"Signor Data, la prego di essere più conciso riferendo solo i dati essenziali per questa indagine." richiese Picard sperando di non dover sentire tutta la storia di Collerville.
Uno dei limiti dell’androide era infatti l’incapacità di sintetizzare le informazioni, rischiando di essere interrotto quando l’urgenza della situazione lo richiedeva.
"Come desidera capitano, come dicevo in precedenza la sua vita fu ricca di splendide conquiste scientifiche, alcune delle quali ancora valide oggi, visse gli ultimi anni della vita contemplando il cielo ad eccezione di una sporadica fuga nel corso della terza guerra locale scoppiata per alcune diatribe territoriali."
"Ovviamente signor Data, d
Intrigo temporale (I)
Capitolo Uno
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Capitolo Due
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Capitolo Tre
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Capitolo Quattro
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Capitolo Cinque