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Il disperso (1)

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Il disperso (1)

Prologo

Vago nello spazio da un tempo ormai indefinito.
Sono solo, completamente solo ad eccezione delle visioni che talvolta irrompono nei miei incubi sollecitati dalla sostanza che mi nutre e mi impedisce d’impazzire completamente.
Mio Dio basta, non ancora, sento che ne sta arrivando un’altra, sempre la stessa, sempre così terribilmente reale: piccole sfere colorate che mi rincorrono lungo la strada a milioni, immagini di persone in sintesi che mi trattengono beffandosi di me e ridendo.
Sono orribili, mostruose, non vogliono lasciarmi… sono dappertutto.
Ogni volta che riescono a toccarmi il mio corpo si dissocia iniziando a fluttuare fra terrore e realtà, vagabondando nel nulla.
Ed infine mi ritrovo nello spazio ad osservare il pianeta sottostante mentre irradia un riverbero accecante che inibisce la mente.
Chiudo gli occhi ma non provo nessun sollievo, le retine fremono sempre più velocemente mentre con le mani tento di coprirmi il volto.
E poi la caduta verso terra, risucchiato da quel panorama sinistro che non vuole perdere il suo unico protagonista.
Urlo.
Sono perfettamente consapevole che nessuno ascolterà la mia voce.
Corro.
Senza una meta precisa agitando le braccia come un ossesso fra gli ostacoli che la terra stessa sotto i miei piedi inizia a generare: lame, filo spinato, uncini, corde ed oggetti ancora non ben definiti.
Fuggo.
Capisco che ormai nulla di quel che vedo appartiene al mondo reale, adesso tutto diventa possibile e l’incubo può continuare.
Spietato, violento, maligno come sempre.
Piango.
Fatelo smettere per favore, vi prego fermatevi…non ho fatto nulla di male…qualcuno mi aiuti.
Mi arrendo.

Capitolo 1

Le missioni di cartografia stellare non dispiacevano al capitano Picard.
Nelle due settimane accordate all’Enterprise per effettuare i rilevamenti in un’ampia zona ai bordi della Zona Neutrale Romulana si era potuto tranquillamente dedicare ai suoi interessi preferiti: l’archeologia e la musica.
In particolare gli studi archeologici lo avevano contagiato fin dall’adolescenza e quasi sicuramente avrebbe seguito quella carriera se non avesse improvvisamente deciso di dare una svolta alla sua vita arruolandosi nella Flotta Stellare.
Altri invece come il comandante Riker e soprattutto il tenente Worf decisamente le detestavano, per loro sempre alla ricerca di nuovi stimoli ed avventure catalogare stelle e nebulose non era proprio il massimo dell’eccitazione.
Sperando di rompere la monotonia avevano deciso di darsi quotidianamente appuntamento sul ponte ologrammi alla ricerca dei programmi più stravaganti che avessero trovato nella memoria del computer.
Non soddisfatto della loro qualità Worf ne introdusse alcuni studiati appositamente per la sua natura klingon, il che significava senza ombra di dubbio che erano fra i più violenti e cruenti che il comandante Riker potesse immaginare, come sperimentò spesso sulla propria pelle…
– Cosa le è successo comandante? – chiese accorrendo preoccupata la dottoressa Cruscher vedendo il Primo Ufficiale entrare in infermeria sorretto da un guardiamarina.
Senza attendere una risposta indirizzò il tricorder verso le ferite scoperte dai numerosi strappi dell’uniforme lacera.
– dunque vediamo: contusioni varie, una spalla lussata, la gamba destra è rotta in più punti e sono presenti numerosi ematomi e tagli vari.
– Ma si può sapere dove diavolo è stato? E chi l’ha conciata in questo modo?
Riker tentò di sorridere mascherando il dolore che provava in tutto il corpo e con la massima naturalezza rispose.
– Sul ponte ologrammi tre.
La dottoressa lo fissò incredula.
– E si sarebbe prodotto tutte quelle ferite? Non ci posso credere, a meno che…non me lo dica …c’era con lei anche il Signor Worf non è vero?
– In effetti è così dottoressa, siamo andati insieme nell’antico…
Riker s’interruppe giustificandosi.
– Mi dispiace non posso diglierlo, è un nostro segreto.
Da quando l’Enterprise aveva iniziato la missione di cartografia stellare il comandante Riker marcava spesso visita con qualche osso rotto o peggio, la Dottoressa Cruscher era veramente esasperata da quella situazione, fu quindi del tutto comprensibile il suo scatto impulsivo.
– Senta comandante, dove passa il tempo libero è solo affare suo, ma non posso resuscitarla ogni volta che entra nel ponte ologrammi con Worf, e poi scommetto che avete disinserito il programma d’incolumità, non è forse vero? Lo confessi coraggio!
Sperando di sostenere il suo sguardo severo e massaggiandosi la spalla dolorante il Primo Ufficiale tentò di cambiare argomento.
– Non vuole proprio curarmi dottoressa? Sto soffrendo molto.
– Questa volta ne sono proprio tentata comandante! – ribatté il medico controllando nuovamente con il tricorder le funzioni vitali del paziente, poi con tono un po’ sadico precisò.
– Si sdrai sul lettino… e questa volta non le prometto che non le farò male.

Nel frattempo in plancia il capitano Picard era intento ad analizzare gli ultimi dati trasmessi dalle sonde cartografiche.
Fra alcuni giorni terminata la missione l’Enterprise sarebbe potuta ripartire per una missione diplomatica sul pianeta Archeron Terzo.
Soddisfatto dei risultati ottenuti si alzò dalla sua poltrona e si diresse verso il turbo-elevatore.
– Comandante Data vado nel mio alloggio, mi sostituisca per favore.
L’androide annuì preparandosi ad occupare la postazione di comando quando un segnale si diffuse dagli altoparlanti.
Picard si fermò incuriosito e ritornò rapidamente sui suoi passi.
– Rapporto Signor Data.
– E’ un’interferenza molto debole capitano, quasi intelligibile, regolo le frequenze su valori più idonei.
Digitando i comandi ad una velocità superiore alle capacità umane dopo alcuni secondi il suono assunse una forma più chiara.
– E’ un avviso di quarantena – esclamò Picard riconoscendo immediatamente l’inconfondibile segnale ripetitivo della trasmissione.
– Provenienza Signor Data?
– Rotta venti punto quattro, distanza trenta minuti all’attuale velocità, i sensori iniziano a rilevare una piccola sonda federale alla deriva nello spazio.
– Non dovrebbero esserci insediamenti federali in questa zona, com’è possibile che un segnale di quarantena sia trasmesso da un nostro mezzo a questa distanza? – rifletté il capitano cercando una possibile spiegazione dei fatti.
Il caso richiedeva un’indagine più accurata soprattutto in considerazione della loro vicinanza alla Zona Neutrale, i Romulani infatti non attendevano che un pretesto per attaccare la Federazione.
Una sonda infetta da qualche virus sarebbe stata un’occasione perfetta per causare un incidente e com’era ben noto i Romulani non brillavano certo per le loro qualità diplomatiche.
Picard si risedette definitivamente sulla poltrona centrale ed infine ordinò.
– Comandante Data inserisca una rotta d’intercettamento, massima curvatura… attivazione.

Capitolo 2

L’Enterprise si arrestò a distanza di sicurezza secondo il protocollo della Flotta Stellare.
Qualsiasi vascello protetto da un segnale attivo di quarantena era da considerare ad alto rischio, quindi nessun teletrasporto e nessun abbordaggio erano consentiti a meno che l’ordine non provenisse direttamente dal Comando di Flotta.
Il capitano Picard stava studiando dalla sua postazione la strana forma della sonda apparsa da alcuni minuti sullo schermo principale, non si ricordava di averne mai visto una modificata in quel modo dagli ingegneri della Federazione e questo lo turbò non poco.
Come se non bastasse il mezzo era munito di campo di forza che avrebbe impedito qualsiasi esplorazione dei sensori e molto probabilmente anche il teletrasporto.
La sua forma ricordava vagamente quella di un cilindro con numerose pannellature in rilievo ed alcuni apparati elettronici antiquati.
Le luci di segnalazione e di navigazione erano operative ma più fioche della norma, probabilmente la sonda era in viaggio da molti anni e non era mai stata revisionata.
Alla sua sommità una serie di oblò rettangolari circondavano il pannello d’accesso e la fitta rete delle antenne di comunicazione, la maggior parte delle quali completamente piegate plausibilmente a causa dell’impatto con alcune meteoriti.
– Signor Data ha scoperto qualche informazione utile? – chiese il capitano senza distogliere lo sguardo dal visore.
– Nulla di concreto, non esiste nessun registro federale che indichi il lancio di un simile vettore negli ultimi cinquanta anni. Il campo di forza ci impedisce di analizzare il suo interno e quindi di ipotizzare quale sia il suo contenuto.
Soffocando una smorfia di dolore il comandante Riker girò il visore a lato della sua postazione per individuare eventuali anomalie sfuggite ai sensori principali, imprecando mentalmente per il trattamento troppo rude applicato dalla dottoressa nei suoi riguardi infine esclamò.
– Niente capitano, si direbbe che la sonda sia in una fase di inoperatività, se vuole possiamo avvicinarci ulteriormente per effettuare delle analisi più approfondite.
– Perché continua a massagiarsi la spalla Numero uno? – chiese incuriosito Picard cercando una spiegazione per i continui movimenti anomali dell’ufficiale seduto alla sua destra, quindi rivolgendosi alla sezione di comunicazione ordinò.
– Signor Worf contatti il Comando della Flotta Stellare, invii tutti i rilevamenti effettuati e richieda istruzioni… seguiremo la normale procedura standard Signor Riker, siamo troppo vicini alla Zona Neutrale per correre rischi inutili.

La risposta non si fece attendere a lungo, dopo appena quindici minuti l’Enterprise venne contattata direttamente dall’ammiraglio Jensen.
Picard rimase notevolmente stupito dal fatto che un alto ammiraglio s’interessasse in prima persona alla loro scoperta, normalmente un ufficiale addetto al collegamento sarebbe stato più che sufficiente per riferire le decisioni del Comando.
– Inserisca l’immagine sullo schermo – ordinò il capitano approfittando dell’attesa per sistemarsi l’uniforme un po’ sgualcita.
Il volto severo dell’ammiraglio comparve sul visore occupandone tutto il campo disponibile.
L’ammiraglio Jensen era noto per la sua inflessibilità e determinazione, benché prossimo all’età pensionabile veniva comunemente definito un uomo rigido e tutto d’un pezzo, almeno così si vociferava fra le alte sfere.
I suoi capelli argentati pettinati a spazzola e le folte sopracciglia incurvate un po’ all’insù gli conferivano effettivamente un aspetto severo e marziale.
Picard non l’aveva mai incontrato prima d’ora, la sua prima impressione dette ragione a quello che aveva sentito sul suo conto.
– Agli ordini ammiraglio. Ha ricevuto la nostra relazione sul velivolo?
– Si capitano l’ho analizzata personalmente e l’ho trovata veramente molto interessante.
L’ammiraglio Jensen fece una lunga pausa probabilmente studiata per attirare maggiormente l’attenzione su di se, poi senza attendere altri dettagli aggiunse categorico.
– Le ordino di distruggerla immediatamente!
Picard tentò di contenere il suo stupore limitandosi a storcere lievemente la bocca.
Perché tanta urgenza? In fondo si trattava solamente di una sonda dispersa, non sarebbe stato più utile recuperare le sue preziose registrazioni? Pensò perplesso sperando che l’ammiraglio valutasse meglio la sua decisione.
Purtroppo fu solo una pia illusione.
– Non ha sentito capitano? Le ho ordinato di distruggerla immediatamente! – tuonò il superiore leggendo l’indecisione sul suo volto.
– Certo signore ho capito perfettamente ed eseguiremo subito i suoi ordini, ma se mi permette vorrei sottolineare l’importanza dei dati che…
L’ammiraglio Jensen non volle ascoltare nessuna giustificazione, si sporse in avanti attivando il pulsante di fine collegamento video, nel momento stesso in cui la sua immagine iniziò a svanire ribadì ulteriormente i suoi ordini.
– Capitano Picard non ho tempo per discutere con lei adesso, la disintegri e mi invii il suo rapporto, lo attendo al più presto!
Il logo della Federazione sostituì rapidamente il suo volto evidenziando la scritta: "Trasmissione Terminata" lasciando interdetti gli ufficiali di plancia per alcuni interminabili secondi.

Capitolo 3

Deanna Troi uscì dal suo studio esausta diretta verso il bar di prora.
Negli ultimi giorni aveva seguito i progressi di un gruppo di studenti di psicologia un po’ troppo emotivi per i suoi gusti.
Come betazoide essere in grado di percepire gli stati d’animo e le emozioni del prossimo non era sempre un vantaggio come si poteva pensare, decise quindi che si sarebbe concessa ben due gelati alla cioccolata ed un lungo periodo di riposo.
Ancora pochi metri la separavano dalla sua meritata consolazione quando l’interfono squillò.
– Consigliere Troi mi raggiunga in plancia.
Era la voce del capitano, e dal suo tono non era necessario essere sensitivi per capire che stava succedendo qualcosa di grave.
Abbandonata l’idea del gelato Deanna svoltò rapidamente verso il turbo-elevatore principale.
Non appena giunta in plancia Picard l’invito’ a sedersi al suo fianco mettendola al corrente della situazione.
– Signor Worf armi un siluro fotonico e lo punti verso la sonda.
Rivolgendosi alla donna domandò con un filo di speranza.
– Percepisce qualcosa consigliere?
Cercando di isolare i pensieri che la circondavano l’empatica iniziò a raccogliere le prime immagini che la sua mente attingeva dallo spazio.
Inizialmente le percezioni risultarono piuttosto strane e confuse, poi improvvisamente tutto divenne chiaro.
Deanna spalancò gli occhi impietrita come se stesse osservando l’ingresso del pozzo dell’inferno, cambiando completamente tono di voce si irrigidì e si alzò dalla poltrona indicando il vettore inquadrato sul grande schermo.
– Aspetti ad aprire il fuoco capitano! C’è qualcuno a bordo di quel velivolo, vedo immagini strane, bizzarre, esseri mostruosi che lo inseguono … che lo tormentano…è orribile.
Addentrandosi sempre più in quel delirio mentale la carnagione della betazoide diventò cinerea come se quelle sensazioni le stessero letteralmente risucchiando la vita.
In pochi istanti le facoltà telepatiche dello sconosciuto l’imprigionarono in una morsa opprimente rendendola partecipe delle sue terrificanti esperienze oniriche.
Preoccupato Picard le si avvicinò cercando di interrompere il contatto mentale.
– Consigliere si svegli. Mi sente? Coraggio si svegli!!!
Umettandosi le labbra secche a per la scarsa salivazione la sensitiva tentò di balbettare qualcosa, ma risultò solamente un lamento incompressibile.
Picard non attese un secondo di più – Emergenza medica! Dottoressa Cruscher immediatamente in plancia!

Facendo ricorso a tutte le proprie energie Deanna iniziò angosciata a cercare l’uscita di quel luogo spaventoso mentre a bordo della nave il suo corpo si contorceva sempre più violentemente sorretto dal capitano.
Dopo numerosi tentativi falliti comprese di essere completamente sola, intrappolata in un labirinto senza fine.
Sperando di riuscire a contattare l’entità che aveva percepito dall’Enterprise iniziò a chiamarla.
– Hei mi senti? Sono qui per aiutarti, dove sei? Non capti i miei pensieri? Perché non vuoi parlare con me?
Malgrado sentisse ancora la sua presenza non ottenne nessuna risposta.
Vagando per la pianura alla ricerca dell’ambigua creatura il terreno sotto i suoi piedi iniziò inspiegabilmente a mutare trasformandosi in una sostanza densa e nera come la pece.
Rapidamente la betazoide iniziò a sprofondare mentre in lontananza come dal nulla apparvero degli esseri abominevoli.
La maggior parte aveva tre teste, alcuni erano alti come querce con artigli e lunga corna appuntite, altri ancora invece assomigliavano a gnomi malefici.
Sembravano usciti direttamente da un vecchio film dell’orrore, i loro occhi fosforescenti erano colmi d’odio.
Le percezioni iniziarono a vacillare lasciando spazio solamente al terrore e alla paura.
In un barlume di lucidità Deanna rivide i volti dei suoi compagni ormai irraggiungibili comprendendo che se non fosse riuscita a fuggire immediatamente non sarebbe mai più tornata a casa.
Al suono di una tromba l’orda demoniaca sferrò l’attacco gettandosi all’inseguimento della donna, urlando come animali, imprecando, strisciando nel pantano come serpenti.
In breve tutta la vallata fu colma di creature che nemmeno il peggiore degli incubi avrebbe mai potuto generare.
Troi iniziò a correre senza seguire una direzione precisa cercando di scansare gli avversari che fingevano di ghermirla prendendosi gioco di lei.
Inciampò e cadde più volte nella melma strappandosi l’uniforme e sanguinando sempre più abbondantemente.
Ormai le forze iniziavano ad abbandonarla, volgendosi vide i mostri repellenti guadagnare terreno, le sembrò perfino di sentirne il puzzo pungente.
Continuò a correre.
Con una deviazione improvvisa aggiro’ una collina ed intravide un sentiero che conduceva all’esterno, verso la libertà, se solo fosse riuscita a raggiungerlo forse ce l’avrebbe ancora fatta.
Doveva almeno tentare.
Aumentando il ritmo si diresse a perdifiato in quella direzione evitando i tranelli che i demoni continuamente le tendevano ad ogni angolo.
Pochi metri la separavano ormai dalla salvezza, ancora un piccolo sforzo e sarebbe stata in salvo.
Nulla.
Il sentiero era scomparso come un miraggio nel deserto.
Probabilmente non era mai esistito.
Avvilita il consigliere si fermò con il fiato in gola attendendo che i suoi inseguitori la raggiungessero, si sforzò di guardarli reprimendo ogni paura mentre il suo corpo continuava a sprofondare sempre più nel terreno viscido.
Decise che la morte l’avrebbe colta con gli occhi ben aperti come la sua amica Tasha Yar alcuni anni prima, non avrebbe dato loro soddisfazione di sentirla supplicare pietà.
Serrando i pugni si preparò a subire l’attacco finale quando un richiamo raggiunse la sua mente sovrapponendosi alle urla deliranti.
Sentì chiamare il suo nome.
– Deanna non temere sono qui per aiutarti, fidati di me, aggrappati.
Nel caos più totale la betazoide afferrò saldamente la mano dello sconosciuto iniziando a districarsi dal fango che ormai le ricopriva le spalle, lasciandosi trasportare in volo lontano da quell’inferno.
Sorvolando l’orda demoniaca il misterioso soccorritore le sorrise sostenendola fra le braccia.
La sua pelle emanava uno strano bagliore luminoso che le impedì di discernere i suoi lineamenti, del resto la realtà in quel luogo veniva completamente distorta e forse nemmeno quell’essere era reale.
Prima che potesse rivolgergli qualche domanda la creatura alata parlò, la sua voce vibrò nell’aria triste e malinconica.

– Non devi restare qui, è troppo pericoloso, ritorna alla tua astronave…mi dispiace.
Nel medesimo istante a bordo dell’Enterprise il corpo di Deanna riprese conoscenza incontrando lo sguardo preoccupato del capitano.
Come sta consigliere? Cos’è successo?
È scomparso… adesso non lo percepisco più…non l’ho potuto nemmeno ringraziare.
Recuperando lievemente il colorito la betazoide si incamminò barcollando verso la sua postazione aiutata dalla dottoressa Cruscher, dopo pochi passi però fu improvvisamente colta da un forte senso di vertigine e si accasciò al suolo priva di sensi, sopraffatta dall’enorme sforzo appena sostenuto.
– Teletrasportateci direttamente in infermeria! – reagì prontamente la dottoressa sorreggendo il corpo svenuto della sensitiva.
Istantaneamente le due figure si smaterializzarono dal ponte di comando fra gli sguardi attoniti degli ufficiali raccolti intorno a loro.

Capitolo 4

Con una buffa espressione il Signor Data era intento a registrare dalla sua postazione ogni singolo evento accaduto nelle ultime ore tentando di dare a se stesso una precisa spiegazione scientifica.
La sua programmazione non comprendeva nemmeno minimamente l’analisi di eventi collegati al mondo del paranormale, ed onestamente l’androide li aveva sempre considerati come delle strane aberrazioni delle fantasie umane.
Almeno fino a quel momento.
Non trovando nessuna risposta razionale ai suoi quesiti scosse la testa e si rigirò verso la sua console in attesa di ricevere istruzioni.
Qualcuno era veramente a bordo di quella sonda, troppe cose non quadravano in tutta quella storia ed il capitano Picard iniziò a sospettare che l’ammiraglio Jensen ne fosse perfettamente a conoscenza.
– Signor Worf disarmi il siluro ed alzi gli scudi, Signor Data ci avvicini lentamente all’oggetto.
– Ma capitano abbiamo degli ordini ben precisi da eseguire! – obbiettò il klingon alle sue spalle con il dito ancora premuto sul pulsante di lancio.
– Signor Worf, non distruggerò una sonda federale con un essere vivente al suo interno! Mi rendo perfettamente conto di disubbidire agli ordini ricevuti e se qualcuno lo ritiene opportuno può fare rapporto al Comando di Flotta – puntualizzò Picard.
-… perché è mia intenzione portare a bordo dell’Enterprise quel dispositivo e di scoprire chi o che cosa si nasconde al suo interno.
Nessuno osò replicare nulla.

Il raggio traente trascinò dolcemente la sonda all’interno dell’Hangar Navette principale dell’Enterprise.
La squadra di sicurezza comandata dal tenente Worf e l’équipe medica al completo seguirono la sua discesa pronti ad intervenire al minimo segno di pericolo.
Scorrendo su di un’invisibile rotaia d’energia il veicolo completò l’atterraggio rilasciando un polverone di pulviscolo cosmico proveniente dai suoi pannelli solari.
Il contrasto fra la sua conformazione arcaica e le tre navette dell’Enterprise parcheggiate al limite del perimetro balzò immediatamente agli occhi del capitano Picard che entrò proprio in quel momento accompagnato dal comandante Riker e dal Signor Data.
– Campo di contenimento inserito, porte spaziali chiuse – riferì il tenente La Forge ultimando le procedure.
Dopo aver analizzato esternamente lo strano profilo della sonda Picard si rivolse al capo ingegnere.
– Signor La Forge escluda il campo di forza ed apra il portello principale.
Con l’ausilio delle informazioni fornite dal computer e dei tecnici specializzati l’operazione risultò più semplice del previsto.
Tuttavia con un rintocco metallico il portellone stagno sbalzò dai suoi cardini precipitando al suolo frantumandosi in mille pezzi facendo vibrare il pavimento dell’hangar per alcuni secondi.
Riprendendosi dalla brutta sorpresa la squadra si avvicinò all’ingresso aggirando i getti intermittenti di vapore che fuoriuscivano dalle tubature danneggiate.
L’odore di muffa e di strumenti elettronici in avaria ammorbava l’aria all’interno della sonda, la scarsa illuminazione li costrinse ad accendere le torce in dotazione alla Flotta Stellare.
Dopo alcuni livelli il gruppo si arrestò.
Il piccolo corridoio antistante era completamente intasato da detriti e da alcuni condotti crollati durante l’atterraggio, le loro estremità producevano ancora delle scintille elettriche multicolori.
Senza perdersi d’animo Il tenente Worf, a mani nude, iniziò ad aprirsi un varco fra i rottami ammassandoli brutalmente ai lati del cunicolo permettendo ai suoi compagni di procedere oltre.
Muovendosi cautamente fra le strutture pericolanti infine apparve un secondo ingresso con apposto un sigillo di sicurezza.
La scritta riportava in varie lingue le seguenti parole: NON OLTREPASSARE.
Il segnale di quarantena proveniva proprio da quella direzione.
Sentendosi scendere una goccia di sudore lungo il collo Picard ordinò ai suoi uomini di aprire, si allontanò di qualche metro estraendo il phaser dalla fondina.
Dopo vari tentativi il portello si spalancò esalando una vampata di vapore sulfureo che investì in pieno la squadra di sicurezza, fortunatamente senza provocare nessun ferito.
– Phaser su stordimento, muovetevi in coppia e riferite ogni minimo segno di pericolo.

Sforzandosi di guardare attraverso il fumo e la penombra Picard oltrepassò la soglia ed intravide i resti di un sofisticato laboratorio scientifico ormai in disuso.
Alcune console erano del tutto inoperanti, mentre altre erano ancora in funzione sebbene ricoperte da uno spesso strato di polvere.
Erano trascorsi una decina di minuti ed ancora le ricerche non avevano dato alcun frutto, quando casualmente la torcia del capitano illuminò la postazione di comando.
– L’ho trovata! Venite qui, presto – esultò Picard facendo roteare il fascio di luce sulle pareti della sala per indicare la sua posizione.
– E quella cosa diavolo è? – si domandò perplesso il comandante Riker alzando lo sguardo verso il soffitto.
Protetta da alcune piastre metalliche un’enorme sfera traslucida troneggiava al lato della sala.
Approssimativamente il suo diametro misurava cinque metri, le pareti apparirono leggermente smerigliate con alcune sfaccettature piane contenenti dei display e dei pulsanti di controllo.
Osservando meglio cominciò a delinearsi la figura di un corpo, apparentemente umano, rinchiuso al suo interno come una mosca imprigionata nell’ambra.
Immerso in un liquido turchino l’uomo era tenuto saldamente ancorato da una serie di complesse apparecchiature elettroniche.
Una serie di raggi metallici erano stati assicurati alla sua tuta di protezione rendendogli impossibile qualsiasi movimento, ostacolato ulteriormente dal casco che gli consentiva di respirare nel fluido.
Salendo su di una piccola impalcatura Picard raggiunse la sommità della sfera, dall’alto le immagini in trasparenza risultarono molto più nitide.
Da una prima analisi l’uomo apparve semplicemente svenuto, alcune bollicine d’ossigeno infatti uscivano dal respiratore seguendo i bordi della vasca.
Il corpo era immobile come in sospensione vitale, con le braccia aperte e le gambe leggermente divaricate.
– Capitano, i controlli ambientali del globo sono in avaria. Se non lo estraiamo immediatamente dall’acqua corre il rischio d’affogare – lo informò il Signor Data verificando i dati del tricorder.
Confermando le paure dell’androide improvvisamente il prigioniero iniziò a dimenarsi annaspando fra i tralicci che lo costringevano sott’acqua, attorcigliandosi violentemente su se stesso.
La superficie dell’acqua iniziò a ribollire per la grande quantità d’aria emessa dall’individuo in agonia sul fondo.
– Lo stiamo perdendo capitano! – urlò il comandante Riker osservando dal basso quella scena raccapricciante.
Il complesso groviglio di cavi annodati al suo corpo non avrebbe permesso di slegarlo in tempo da quella morsa mortale.
Mantenendo i nervi saldi Picard attivò il suo comunicatore contattando la sala teletrasporto.
– Signor O’brien, teletrasporti quest’uomo in infermeria.
– Non riesco a localizzarlo signore, la tuta che indossa deve contenere qualche sostanza che devia i nostri sensori – riferì allarmato l’irlandese tentando di modificare i parametri degli analizzatori.
– Signor O’brien non possiamo levargliela adesso, è imprigionato e sta affogando…agganci il segnale del mio comunicatore ed attivi il raggio – ordinò Picard immergendo il braccio nell’acqua ed applicando la spilla sulla sua spalla sinistra.
– Adesso! Energia!
La sala di controllo fu investita dal bagliore accecante del raggio teletrasporto amplificato dalle pareti riflettenti della sfera, il corpo ormai esanime si smaterializzò in pochi istanti abbandonando per sempre la sua macabra prigione.


Capitolo 5

Nell’intimità della sua Saletta Tattica il capitano Picard era in procinto di richiedere i dati disponibili sulla sonda e sul suo misterioso occupante.
Sapeva che presto l’ammiraglio Jensen lo avrebbe contattato chiedendogli spiegazioni per aver ritardato l’invio del rapporto sulla distruzione del velivolo.
Bisognava accelerare i tempi.
Annusando la fragranza del THE bollente che si era versato alcuni minuti prima attese il responso del computer.
Lo schermo del monitor rimase buio con l’eccezione della scritta lampeggiante: nessun file disponibile.

Sorpreso Picard riformulò la richiesta ed ottenne la medesima risposta.
– Un mistero nel mistero – pensò un po’ contrariato appoggiando la tazza fumante sulla scrivania.
Il campanello trillò.
– Avanti. Signor Data, tenente La Forge accomodatevi, spero che almeno voi abbiate qualche buona notizia perché le mie ricerche sono giunte ad un punto morto.
Sedendosi sulla poltroncina prospiciente la scrivania il capo ingegnere iniziò per primo.
– Capitano, dalle prime analisi risulta che la sonda vaga nello spazio da almeno dieci anni, il suo punto d’origine sembra essere la Terra, anche se su questo punto stiamo ancora attendendo una verifica dei computer. I danni alla sua struttura interna ed esterna, come pensavamo, sono stati causati dall’incuria e dal passaggio della sonda in qualche fascia d’asteroidi, e…
– …e? Continui pure tenente – disse Picard vedendo l’ufficiale indugiare.
– Forse è meglio che glielo spieghi Data, capitano.
Picard si volse verso l’androide.
Quando il capitano richiedeva un’informazione particolareggiata al secondo ufficiale solitamente la sua espressione artificiale rifletteva lo stato d’animo di uno scienziato in procinto d’esporre una straordinaria scoperta.
Anche in quella occasione l’androide non si smentì, costringendo il capitano a trattenere un sorriso.
– La sfera che abbiamo rinvenuto all’interno della sonda aveva apparentemente lo scopo di convogliare gli impulsi elettrici direttamente nel cervello del suo occupante, oltre che a sostenerne il corpo simulando la mancanza di gravità.
– Una sorta di apparecchiatura per la realtà virtuale del ventesimo secolo? – lo interruppe Picard immaginando l’antica macchina in funzione.
– Molto di più capitano. Abbiamo scoperto alcuni computer preposti alla simulazione delle immagini, altri destinati alla nutrizione, altri ancora a mantenere in salute il fisico. Probabilmente il nostro raggio traente ha danneggiato alcuni di essi già logorati per il lungo utilizzo causando l’incidente di alcune ore fa.
– Prosegua Signor Data – lo invitò Picard presagendo che il meglio dovesse ancora venire.
– …quello che mi lascia perplesso è la totale mancanza di scopo di questo esperimento. Chi l’ha ideato sapeva perfettamente che dopo pochi anni quelle attrezzature si sarebbero irrimediabilmente danneggiate causando la morte della cavia. A quale fine quindi premunirsi tanto per la sua salute psicofisica?
– Cavia, Signor Data? – esclamò Picard valutando per la prima volta quella possibilità.
– Si capitano, non trovo altra plausibile spiegazione. Considerando che non esistono ne’ registrazioni riguardo al lancio della sonda, ne’ documentazioni su tale esperimento, sicuramente proibito dall’etica della federazione, ed infine osservando i materiali che compongono la strumentazione senza ombra di dubbio terrestri…non ci rimane che considerare quell’uomo come una cavia di qualche esperimento che il Comando di Flotta ha voluto deliberatamente tenere segreto o peggio ancora abbandonare nello spazio.
Data avrebbe continuato volentieri il suo monologo aggiungendo nuove ipotesi ed esprimendo opinioni personali sui fatti, in fondo era stato progettato per quel fine.
Come spesso però gli succedeva non riusciva a contenere l’enorme mole di dati che il suo cervello positronico elaborava, costringendo talvolta i suoi interlocutori ad interromperlo.
Come in questo caso.
– Grazie signor Data, è sufficiente. Le sue teorie sono molto interessanti, e se vogliamo considerare anche la fretta che l’ammiraglio Jensen aveva di distruggere la sonda mi sembrano del tutto plausibili – poi sorridendo aggiunse.
– Lei ha veramente la stoffa per diventare un moderno Sherlock Holmes.
– Grazie capitano. – rispose l’androide con un’espressione che ricordò al tenente La Forge quella di un bambino a cui è stato fatto un bel complimento dalla mamma.
L’interfono squillò interrompendo la loro conversazione.
– Capitano Picard, parla la dottoressa Cruscher. Il nostro ospite ha ripreso conoscenza, penso che farebbe bene a venire qui, devo mostrarle qualcosa d’interessante.
– La raggiungo subito dottoressa – rispose Picard alzandosi dalla sua scrivania e dirigendosi verso l’uscita.
– Signori se volete seguirmi…sono certo che in infermeria troveremo una parte delle risposte che stiamo cercando.

* * *

Chiamata del Comando di Flotta – riferì il guardiamarina Eckley volgendosi verso il comandante Riker temporaneamente seduto sulla poltrona centrale.
– Lo amplifichi guardiamarina, ma non inserisca l’immagine video – specificò il Primo Ufficiale immaginandosi quale fosse la natura di quella trasmissione.
– Qui parla l’addetto al collegamento tenente Selik di vulcano. L’ammiraglio Jensen è ancora in attesa di ricevere il vostro rapporto Enterprise. Cosa è successo?
– Un vulcaniano, di male in peggio! – pen

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