La macchina filava liscia, incartata però tra altre due che viaggiavano a
passo lento. Stesse frenate, stesso giro di volante, stessa incredulità.
Il sostituto procuratore Jack Monara, affermato e brillante magistrato
della Procura della Repubblica di Bari, si trovava sul Lungomare San
Giorgio. Erano circa le nove di una serata primaverile che scorreva
innervosita da brevi scrosci di pioggia. Quel serpente di strada che
costeggiava il litorale sud barese, poco illuminato, si trasformava col
calare del sole in luogo di lavoro per diverse decine di ragazze
provenienti dall’Europa dell’est ma soprattutto albanesi che davano via le
loro parti intime per poche migliaia di lire.
"Non chiedetemi perché un uomo in carriera con una moglie ed una figlia di
dieci anni, incantevoli, ricorre all’effimera compagnia di una di queste
lucciole", pensava Jack, "è colpa della gente, delle minigonne, delle
gambe dai lineamenti morbidi, perché le albanesi hanno le gambe dal
profilo delicato e materno; è per via dei palazzi stile neoclassico che si
formavano piano all’orizzonte, e di una specie di sindrome di Don
Giovanni: ma in Ispagna son già milletré!."
Il giudice Monara aveva indagato e risolto diversi casi di omicidio, tutti
al più riguardanti maniaci, psicopatici e diatribe familiari finite in
tragedia. Non aveva mai avvicinato casi di spicco tipo regolamenti di
conti tra clan mafiosi baresi, niente traffici illeciti o delicate
attività illegali ma aveva lo stesso una buona reputazione presso la
Procura di Bari. Economicamente se la passava bene, abitava in una
graziosa villa alle porte della città con un esteso giardino attorno ed
una serra di piante e fiori tropicali che curava con una passione
pervicace, una casa sulle montagne della Baviera e dei suoceri che
avrebbero sicuramente donato le ricchezze di famiglia all’unica figlia
Linda. La moglie di circa dieci anni più giovane di lui aveva un viso
dalla fisionomia pudica, capelli castani chiari occhi verdi, gambe e culo
a posto; e la ragazzina sembrava di anno in anno ricordare sempre più la
madre riprendendone i tratti estetici e caratteriali. Jack era una persona
tranquilla, a modo, come dicono di solito i vicini intervistati dai
giornalisti in tivù in casi di gravi fatti di sangue. "Sono le gambe che
mi fregano delle donne", usava ripetere Monara, avrebbe fatto di tutto per
stare a fissare ed accarezzare un bel paio di gambe. Raggiunse i primi
edifici della periferia e le auto davanti illuminavano i collant
brillanti, ed i riflessi lucenti provenienti dal mare facevano risaltare
le sagome delle ragazze più lontane dalla strada. Jack proseguì verso
nord, passò il vecchio parcheggio incustodito di fronte il palazzo della
Pretura che era la zona dei transessuali: le vedeva passeggiare sotto le
Tamerici e lungo le file d’oleandri con gambe lunghissime, affusolate e
tutte mostravano seni scolpiti dalla mano di un artista, troppo perfetti e
troppo perfette in tutto per sembrare vere; Jack svoltò a sinistra per
eseguire una breve ricognizione sotto il porticato dell’edificio sede
dell’Acquedotto pugliese. Le luci dei lampioni attorno al palazzo
permettevano di guardare i volti di quelli che rannicchiati al volante
delle loro auto, giravano e rigiravano attorno all’isolato; la luna piena
sembrava appoggiarsi al tetto del torrione del palazzo della Provincia. Lì
assolata con striature violacee.
Jack non cercava mai donne bellissime, non per un qualche preconcetto
verso le curve mozzafiato, ma a lui piacevano quelle che potevano sembrare
la donna della porta accanto nel tuo condominio, quella che si veste tutta
sexy per una commissione di routine presso il salumiere; insomma quelle
che oramai non si aspettano più niente dalla vita se non che i figli
vadano bene a scuola e che il marito s’inventi dei giochini strani per
rompere di tanto in tanto la monotonia di una noiosa scopata.
L’ispettore Monara non era certo l’uomo che una donna si sarebbe voltata a
guardare per strada, e poi ultimamente si era lasciato un po’ andare, la
pancetta faceva ormai capolino. Era alto uno e settantacinque circa, con
il busto un po’ sproporzionato in altezza rispetto alle gambe; portava la
barba di due settimane che gli ricopriva il collo fino alla base ed un
paio d’occhiali da miope che al lavoro sostituiva con delle lenti a
contatto; indossava un abito gessato ed una cravatta corta dal nodo
stretto alla base del collo.
Arrivò all’angolo di Via Dalmazia e notò una, niente male, sui
trentacinque trentotto, mora capelli lunghi a boccoli sulla schiena, una
camicetta bianca e minigonna nera dalla quale partivano delle gambe un po’
robuste ma longilinee e dei polpacci ben formati. Delle natiche formose
infine formavano un cuoricino sul di dietro.
Jack abbassò la levetta della freccia e l’Audi si accostò silenziosa alla
preda.
Esitò un po’ ad abbordare, poi appena entrò chiuse lo sportello e cominciò
a fare domande:
" Dovremo far presto attendo un amico, come ti chiami?"
" Jack."
" Di dove sei? Andiamo diritto." Gli disse una puttana per l’ennesima
volta.
" Sono di Bari."
"Ti dispiacerebbe spegnere quell’affare? Non sopporto il fumo."
Jack tirò fuori il posacenere e pigiò la punta del sigaro contro la base,
quando vide che il rivoletto di fumo si arrestò, lo depose nel cassetto a
lato del sedile e respinse indietro il portacicche.
" E tu, come ti chiami?" Chiese a quel punto Monara.
" Dolores, sono Australiana. Vedi io di solito mi fermo qui sulla destra
con i clienti, ma stasera circola troppa polizia in questa zona, se non ti
dispiace andiamo più su, nel parcheggio e poi prendiamo la stradina che
costeggia i massi sulla spiaggia."
Jack si guardò attorno, indubbiamente quel posto andava bene, era una
piazzola in terra battuta in mezzo a due palazzi in costruzione, e l’erba
alta che la cingeva, formava un separé naturale oltre il quale era
impossibile vedere; vi si accedeva da un viottolo asfaltato che
costeggiava la ferrovia lungo il quale altre prostitute italiane, alcune
anche un po’ in età, stavano in piedi ad aspettare i nuovi clienti.
Aveva percorso circa due chilometri di strada ma nel frattempo Jack aveva
cominciato a toccarle le gambe ed a sfiorare con la punta delle dita i
peli del pube su per le cosce. Dolores ricominciò a parlare, disse che
abitava a Modugno, un paese ad un paio di chilometri ad ovest di Bari, era
una ragazza madre e le avevano da poco fregato la macchina:
" Quei bastardi! L’avevo comprata da poco di seconda mano, ma era in
ottimo stato, sai come siamo noi donne che le cose le sappiamo tenere, mai
un incidente. Ecco adesso gira a sinistra." S’interruppe facendo segno con
il dito.
" Si. ho capito." Ribadì Jack
L’auto di Monara sfiorò un transessuale che gli lanciò un’occhiata di
disapprovazione, poi s’infilò tra le Tamerici e scomparve imboccando una
stradina che dava sui massi posti per frenare le ondate più violente delle
mareggiate invernali. Cominciarono ad espletare tutte le procedure che
Monara conosceva benissimo a fronte di diversi anni di esperienza.
" Ma cos’è questo ticchettio?" Chiese mostrandosi leggermente spaventata
la donna.
" No, è questo cazzo di orologio che fa un casino. Devo decidermi ad
aggiustarlo un giorno o l’altro."
Dolores avvicinò l’orecchio al cruscotto, poi si tranquillizzò quando fu
sicura che provenisse da lì.
" Madonna! Sono le dieci meno un quarto e ne ho fatti solo due stasera.
Queste albanesi ci stanno rovinando!"
Anche Jack diede un’occhiata al display, non doveva fare tardi quella
sera, aveva promesso a Linda di essere a casa per le dieci.
Poi illuminatore spento, giù gonna, mutandine e quant’altro. Dolores
bloccò per un istante lo sguardo dal finestrino con gli occhi socchiusi,
passò un treno, la terra si muoveva. Jack si lanciava impulsivamente su di
lei ma i due corpi non entravano in risonanza, " le donne ci fregano in
continuazione" pensava Monara, " la storia della costola di Adamo era una
gran balla, erano più vecchie del mondo". Arrivò al capolinea assieme al
treno, poi le diede un bacio con le labbra umide e si tirò via.
Dolores era una di classe, indossava della biancheria intima bianchissima
e profumata, e i pizzi componevano raffinati motivi sul suo corpo. Il
tutto denotava buon gusto verso queste preziosità femminili. Gli aveva
parlato un po’ delle prestazioni: lavorava in albergo per quelli che
pagavano di più o in appartamento; c’erano performance soft per i più
esigenti o per chi si dichiarava essere "caldo" e saltuariamente lavorava
per strada come quella sera. Tuttavia diceva di lavorare per lo più "col
telefonino", ovvero pubblicava annunci tra le rubriche di relazioni
sociali dei quotidiani e riviste del luogo e combinava appuntamenti audaci
selezionando una clientela di ceto medio-alto.
L’auto si diresse di nuovo giù verso la città abbastanza velocemente, Jack
lasciò la donna nello stesso punto in cui l’aveva caricata e decise di
imboccare la via adiacente il centro cittadino per tornare a casa.
Dopo essersi allontanato di circa duecento metri, le luci dei lampioni,
che distavano una ventina di metri l’uno dall’altro, illuminarono
l’interno dell’auto e Jack si accorse che sul tappetino sotto il sedile
del passeggero, vi era un ombrellino a strisce chiare, da donna, era
sicuro che fosse di Dolores anche se non l’aveva notato durante il tempo
che erano stati insieme; le sarebbe servito, e rallentò, girò l’isolato e
dopo un minuto si ritrovò all’angolo del fabbricato in ristrutturazione.
Vide Dolores che frettolosamente balzava in una Fiat Uno di colore scuro
metallizzato e scorse la figura di un giovane alla guida dell’auto che in
un battibaleno fece slittare le gomme dirigendosi verso la periferia nord
della Città.
Jack tornò indietro, erano le dieci e un quarto circa quando percorse
Corso Cavour e la strada era poco trafficata. Riuscì ad acchiappare sul
verde tutti i semafori prima di imboccare Via Amendola che lo condusse
dritto al cancello del viale di casa; la temperatura era scesa di qualche
grado e la luna adesso era più alta, pallida ed uguale a come l’aveva
sempre vista.
****
Il mattino dopo il giudice Monara si recò nel suo ufficio al quarto piano
della Procura di Bari. Erano circa le dieci e la mattina stava filando
liscia, aveva sotto mano un caso di contrabbando di sigarette scoperto la
notte prima sulle coste del nord Barese.
Nick spalancò la porta senza bussare e s’infilò come suo solito nella
stanza:
" Jack, il capo vuole che ti occupi tu dell’omicidio di stanotte!"
"Quale omicidio! E come faccio se non ho nemmeno visto il cadavere?"
Rispose Monara non molto convinto dato che era già successo altre volte di
vedersi affidare improvvisamente casi già in mano ad altri suoi
colleghi.
"L’aveva preso Kowalski stanotte, ma poi lui ha deciso di passarlo a te."
Disse Nick facendo cenno verso l’ufficio del Procuratore Capo, e proseguì:
"Hanno trovato uno sul Lungomare Perotti dietro il cantiere, è omicidio,
gli hanno sparato con una Beretta di piccolo calibro pensano quelli della
scientifica, forse con un silenziatore."
"Ah. A che ora è successo?" Chiese ansimando Jack, cercando di emettere
almeno qualche suono che coprisse il pulsare del suo cuore.
"Che domande mi fai Jack! Non sai niente del caso e la prima cosa che mi
chiedi è a che ora è successo."
"Beh, così! Sai ieri mi sono trovato a passare nelle vicinanze, casomai
avessi notato qualcosa."
"La morte risale più o meno tra la ventuno e le ventidue, la polizia sta
guardando l’auto, è una Mazda di quelle sportive a due posti." Nick
sembrava non fermarsi e cominciò a gesticolare in modo esagitato.
"Ma senti il resto, sai chi è la vittima? Un deputato del parlamento, è
barese, passava il fine settimana con la moglie per poi tornare a Roma
oggi, solo che. Ma cosa ti succede, non ti vedo particolarmente
compiaciuto, è un caso importante ne parlano tutti i giornali stamani."
Monara congedò con poche parole Nick; il pensiero della sera prima
continuava a preoccuparlo, ma era solo un caso che si fosse trovato in
quella zona ed in quel lasso di tempo in cui si era svolto il delitto.
Dopo un po’ si convinse: chi conosceva il giudice Monara lì?
A dire la verità non era la prima volta che lui bazzicava quel posto in
cerca di ragazze, ma smise di pensare, tuttavia si sarebbe benissimo
risparmiato quel caso, sarebbe stato meglio non pensarci o ancora meglio
che se ne fosse occupato Kowalski, quel senza palle, pieno fino al collo
di pratiche riguardanti l’abusivismo edilizio sulla costa. Ma perché il
Procuratore aveva scelto proprio lui per indagare su quell’omicidio?
Jack si alzò, aprì l’armadietto della cancelleria a pochi passi da lui
sulla parete adiacente la scrivania, infilò il braccio dietro lo scaffale
e trovò la bottiglia di Scotch. Estrasse un bicchiere di quelli da caffè
che conservava sullo stesso ripiano e lo riempì completamente.
Lo bevve tutto d’un sorso poi indossò l’impermeabile e frugando nelle
tasche trovò un moncone di sigaro lungo quanto una falange che si appoggiò
sulle labbra. Sistemò tutto senza lasciare tracce del bicchiere e
abbandonò l’ufficio.
Il poliziotto in divisa responsabile della sua sicurezza si portò
istantaneamente la radio al viso.
"Tommy?"
"Un momento Jack!" Rispose il giovane in blu.
"Prepara una macchina, andiamo al Comando di Polizia, voglio sentire cosa
è successo ieri sera."
"OK."
Jack e Tommy scesero le scale, Jack non prendeva mai l’ascensore, soffriva
di claustrofobia; camminava di gran lena e Tommy a malapena riusciva a
stargli accanto. Uscirono dalla porta principale e dopo qualche minuto si
allontanarono su di un auto blu sbucata dal vialetto oltre la siepe
di biancospino.
****
L’ispettore John Rossino della squadra omicidi, era nel suo ufficio al
piano terra del palazzo della Questura di Bari. Era un tipo quasi del
tutto calvo se non fosse per quell’accenno di capigliatura che gli
percorreva il capo all’altezza degli orecchi fin sopra la nuca. Indossava
abiti civili ed aveva il volto di uno che era stato in piedi tutta la
notte, era alto circa uno e settanta ed era tarchiato. Si fumava una
Marlboro quando Jack lo vide in piedi mentre parlava a telefono di fronte
la scrivania:
"Ah. No!! Eccolo è qui. Vieni avanti Jack!"
I due si conoscevano, avevano già lavorato insieme altre volte, ma questo
caso era un po’ diverso, una questione delicata e qualcuno parlava già di
delitto a sfondo politico.
"Mi devi firmare un fermo cautelare."
"Sì? E nei confronti di chi?"
"E’ una prostituta del luogo, si chiama Luisa Andersson è di origine
australiana ma si fa chiamare Dolores nel suo giro. E’ la sospettata
numero uno, è stata vista fuggire dal luogo del delitto, sembrava molto
agitata hanno detto i testimoni, e quella era la sua zona, una piazzola di
terra battuta tra l’erba alta alle spalle delle costruzioni abusive."
Jack fissava l’uomo con gli occhi gonfi ed arrossati, sentiva quasi il
sangue che premeva contro le pareti dei vasi sanguigni; la testa gli
girava, si sedette appena in tempo alla sedia dinanzi il tavolo coperto di
pratiche dell’ispettore Rossino per non rischiare di crollare per terra.
Cercò di contenere l’emozione ingoiando per istinto un po’ di saliva e
cercando di respirare profondamente senza farsi accorgere, tuttavia un
pallore inamidato gli dipinse il volto. Riuscì a bisbigliare solo:
"Eh. E a che ora è stata vista?"
"Le altre prostitute che lavoravano a quell’ora sulla strada attigua i
binari, dicono di averla vista scappare sconvolta alle dieci in punto con
una borsa da passeggio. Tutte le otto che abbiamo ascoltato si dicono
certe al centodiecipercento che si trattasse di Dolores."
"Dammi il dossier." Sussurrò con voce languida ed incredula il giudice
Monara. Continuava ad essere agitato ma almeno era certo che se si fosse
trattato della Dolores con la quale si era intrattenuto lui la sera prima,
e tutti gli indizi sembravano confermarlo, la colpevole non era lei perché
alle dieci in punto stava dandosi da fare nella sua auto ed anche molto
bene.
"Stiamo indagando un po’ sulla vita e le frequentazioni dell’onorevole
Benedetti. A prima vista sembra non trapelare nulla, una moglie di qualche
anno più giovane di lui, una figlia venticinquenne e sicuramente alcune
frequentazioni nell’ambiente della prostituzione di poco conto, ehmm. Un
bel po’ di quattrini investiti in immobili, azioni di società che al
momento stanno volando in Borsa e poi una grossa eredità di famiglia
consistente in una vasta tenuta in America meridionale con allevamenti di
ovini dalla lana pregiata e varie aziende manifatturiere di tessuto
anch’esse in Argentina."
"Oh! Mica male, e tutto questo andrà alla moglie immagino." Disse
rasserenandosi Jack.
" Sì, lei ha in mano un testamento in cui il defunto nomina come suoi
unici eredi la moglie e la figlia."
La discussione continuò sui particolari rinvenuti dalla Polizia la notte
prima e mentre parlava, Jack rifletteva sul movente, i testimoni, su di
una possibile organizzazione messa su per realizzare il delitto
perfetto.
Erano passate meno di ventiquattro ore dall’omicidio e sapeva già di
escludere una fetta importante delle ipotesi sull’assassinio, e poi i
testimoni, così sicuri?
Si continuarono ad acquisire altri elementi, la Polizia interrogò la
vedova dell’onorevole Benedetti e, tra le tante risposte, fornì un alibi
di ferro per quella sera e cioè che si trovava a casa con la figlia ed il
cognato fratello della vittima. Jack nei giorni seguenti si diede una
ripulita, tagliò la barba, i capelli che portava lunghi sul collo e non si
fece più rivedere in giro con gli occhiali, né con il vestito che
indossava durante il suo incontro con Dolores.
Venne il giorno in cui dovette interrogare l’imputato e tutto filò liscio
per il giudice Monara: la donna non ricordò il suo volto, le capitava di
guardare alle volte anche decine di facce al giorno di clienti occasionali
che la rimorchiavano per una sveltina in macchina.
Le indagini non furono lunghe e Jack diede una mano ad abbreviare i tempi
per mettere fine a quell’inquietudine giornaliera che non gli avrebbe dato
tregua fino al giorno del processo in primo grado; ricostruì l’accaduto e
le prove che si erano raccolte durante le indagini sembravano non dare
grosse probabilità per un giudizio diverso dalla colpevolezza in sede di
processo. Tuttavia chi aveva commesso quel delitto, l’aveva pensato nei
minimi particolari: Dolores si incontrava occasionalmente da due anni con
Benedetti, la moglie ne era a conoscenza da qualche tempo, e precisamente
da quando aveva assoldato un investigatore privato che aveva fornito prima
a lei e dopo alla Polizia tutte le prove degli incontri fra i due e dei
soldi volati via dai conti bancari.
La moglie era anche a conoscenza dell’appuntamento di quella sera: aveva
dato una sbirciata tra i messaggi nella segreteria telefonica del
portatile del marito, il quale distratto, aveva dimenticato di cancellare
le tracce di quell’ultimo suo incontro con Dolores.
Nella Mazda MX5, auto appartenente alla vedova Benedetti, era stato
trovato un astuccio portalenti, di quelli che servono per conservare le
lenti a contatto, con le impronte digitali della presunta omicida
portatrice di quelle protesi come aveva dichiarato negli interrogatori;
sulla camicia di Benedetti inoltre, erano state riscontrate tracce dello
stick per le labbra che usava prostituta di origine australiana. I
testimoni oculari, infine, le davano il colpo di grazia.
****
Arrivò il giorno della prima seduta del processo, Jack Monara era in aula
già seduto al banco della pubblica accusa, dava un’occhiata sul suo
computer portatile e fumava un sigaro di pessima qualità con gli occhi
socchiusi per evitare la traiettoria del fumo. L’aula era già piena di
gente, ma non si vedevano ancora né l’imputato né i suoi difensori. Si
alzò e si girò leggermente per raccogliere ed indossare la toga che aveva
momentaneamente appoggiato alla spalliera del banco.
"Salve Dottor Monara." Disse a bassa voce la signora Benedetti che sostava
dietro di lui assieme al cognato.
"I miei ossequi signora. Signor Benedetti. "Jack fece cenno col capo in
segno di saluto, poi si voltò piano verso il banco della Corte
giudicante.
Pensò di aver interrogato per tre volte la vedova, tuttavia quella mattina
la vedeva diversa dal solito: indossava un tayeur di seta con una giacca
lunga nera stretta in vita da una cintura ed una gonna lunga con un
appariscente spacco sul davanti dal quale si scorgevano delle gambe niente
male rese molto sexy da calze a rete. Portava anche una generosa
scollatura sul davanti che mostrava un degno decolleté e dava
l’impressione che nonostante i suoi trentotto anni, i seni rimanessero su
come quelli di una diciottenne. Ma la cosa che destò l’attenzione di
Monara fu l’evidente somiglianza con Dolores, difatti, immaginandola
vestita come lei quella sera del delitto, con i capelli sciolti ondulati,
mentre adesso li portava raccolti sotto una pamela di panno, forse in
condizione di poca visibilità e di sera potevano essere identiche.
Anche i tratti del volto si assomigliavano: le labbra carnose, i tratti
del viso un po’ spigolosi, gli zigomi forti e la fronte alta.
Jack si sedette e rimase per alcuni minuti a fissare la targa dorata
appesa al muro in alto in corrispondenza del posto del Presidente di
giuria. Adesso aveva tutto chiaro.
Appena rimorchiò Dolores, alcuni minuti prima dell’omicidio, la signora
Benedetti prese il posto della prostituta italo-australiana ed attese che
il marito si facesse vivo all’ora dell’appuntamento. Dopodiché
sopraggiunto Salvatore Benedetti, la caricò senza accorgersi della vera
identità della donna, magari si aiutò con qualche trucco, indossando un
cappello che impedisse di vederle il viso, o comunque non esponendosi alla
visione in qualche modo, il luogo ed il tragitto non sono illuminati e
questo ha sicuramente aiutato l’omicida. La donna conosceva il luogo dove
si imboscava Dolores, tuttavia alle volte questa preferiva cambiare posto,
e ne aveva tre o quattro abituali. Questa informazione la signora
Benedetti la conosceva grazie alle indicazioni dell’investigatore privato,
così dopo aver notato che Jack e la prostituta avevano proseguito diritto
verso la costa lei consigliò a suo marito di andare verso la piazzola tra
l’erba alta sapendo che nel tragitto sarebbe stata notata da altre
lucciole. Arrivati sul luogo, estrasse la pistola dalla borsa e sparò al
petto l’uomo due volte (l’arma del delitto non è mai stata trovata).
Sicuramente aveva trovato già da qualche tempo prima gli oggetti personali
di Dolores e se ne servì in quella circostanza, sostituì anche la camicia
al marito dopo averlo freddato con una che in precedenza, sbadatamente,
aveva portato a casa Benedetti dopo una delle bollenti serate con quella
puttana.
Dopo aver conservato la pistola e la camicia cambiata nella borsa, pensò
bene di farsi vedere dalle altre prostitute scappare terrorizzata dalla
zona. Chiaramente quella donna che Jack vide quando tornò a restituire
l’ombrellino quella sera, non era l’amante dell’onorevole bensì sua moglie
che si allontanava con il cognato, con il quale molto probabilmente aveva
una relazione.
Dopo che fu letta la sentenza all’ultimo atto del processo, Jack si alzò
senza manifestare nessun nervosismo ed alcuni suoi colleghi che avevano
seguito l’istruttoria si complimentarono con lui. Poi si avvicinò anche la
signora Benedetti mantenendosi diritta sui tacchi alti dalla punta a
spillo. Gli porse la mano, frutto di interminabili sedute dal manicure e
Jack non poté evitare di volgere lo sguardo sui seni pallidi e rigonfi.
"Complimenti Monara, certo, questo non riporterà in vita il mio povero
marito, ma almeno è stata riconosciuta colpevole e pagherà per l’orrendo
crimine."
Si allontanò dopo che il cognato le cinse un braccio sulla spalla
persuadendola a seguirlo verso l’uscita, ed allora tradì un piccolo
movimento all’insù degli angoli della bocca.
Squillò il portatile:
" Jack, amore dove sei?"
"Linda sono in tribunale, ho un’udienza tra poco, devi dirmi qualcosa?"
" Si, ascolta ce la fai stasera per cena? Ho invitato i miei."
"Ehmm.No non credo, mi hanno affidato un caso cinque minuti fa, è un
omicidio, sai hanno scelto me perché."
.La macchina filava liscia, incartata però tra altre due che viaggiavano a
passo lento. Stesse frenate, stesso giro di volante, stessa incredulità.
Un caso scabroso per jack monara
Joe Ferrara