KULT Underground

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Paul Casella Quartet

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Paul Casella Quartet

Ciao e grazie per aver suonato alla festa di KULT Underground… Anche lo scorso anno facevi parte dell’anima musicale della festa, ma il gruppo, e il genere musicale affrontato, erano diversi… ci puoi dire come è finita la formazione del 1999 e come si chiama e da chi è composta quella di quest’anno?
La precedente formazione ha cessato di esistere nel febbraio del 2000 a causa di diversi motivi, tra cui la mancanza di tempo di alcuni componenti ed anche per un certo disaccordo sul genere da seguire. Dopo esserci sciolti, Paolo (chitarra), Elena (voce) ed io (batteria) abbiamo cercato di ricomporre la stessa formazione, ma non siamo riusciti a trovare dei musicisti interessati a suonare un repertorio funky/acid jazz. Naturalmente non volevamo metterci a suonare cover pop/rock e per non scadere in questa banalita’ siamo rimasti senza suonare per diversi mesi. Cosi’, tanto per rimanere in allenamento, abbiamo chiesto ad un altro nostro amico chitarrista, Marco Pisa, di unirsi a noi tre e di fare con noi una suonata ogni tanto. Tutto e’ nato’ come un esperimento, ma subito abbiamo visto che i nostri gusti musicali erano perfettamente coincidenti e ci siamo trovati concordi nel costruire un repertorio di pezzi acid jazz reinterpretati con sonorita’ piu’ jazz e latine. Per me e’ particolarmente gratificante suonare in questa formazione perche’ c’e’ un’intesa perfetta fra tutti noi: se a me piace un pezzo, sono altrettanto sicuro che quel pezzo fa impazzire anche gli altri. Inoltre c’e’ un altro fatto importante: siamo anche uniti da un forte rapporto di amicizia (il sabato sera usciamo sempre assieme) e tutto questo crea veramente un’ottima intesa fra noi.
Ecco una breve presentazione dei componenti. Elena Buonagurelli e’ una giovanissima cantante, da sempre affascinata dalle sonorita’ dei Brand New Heanies e degli Incognito; ha sicuramente un grosso potenziale ed un grosso talento naturale che recentemente sta imparando a controllare grazie al suo maestro di canto. Marco Pisa studia chitarra Jazz all’accademia di Modena con Giuseppe La Monica; sicuramente il suo ingresso nella formazine ha notevolmente contribuito ad indirizzare il gruppo verso sonorita’ piu’ jazz. Paolo Caselli e’ da sempre un chitarrista funky; ha un tale ritmo nella mano destra che lo prendiamo in giro chiamandolo "mano bionica"! Ultimamente, grazie all’ingresso di Marco nel gruppo, ha cominciato ad esplorare sonorita’ piu’ "tranquille" e sofisticate. Infine ci sono io, Thomas Serafini, batterista: la mia cultura musicale e’ profondamente incentrata su un genere fusion e questo condiziona fortemente il mio modo di suonare.
Il nostro gruppo si chiama Paul Casella Quartet; la scelta di questo nome e’ nata osservando che molte formazioni jazz importanti hanno nomi italo-americani; abbiamo quindi cercato quale fra i nostri nomi avesse un tono importante se tradotto in versione americana ed alla fine abbiamo deciso che Paolo Caselli diventasse Paul Casella. La nostra cantante non e’ affatto convinta di questo nome e probabilmente presto lo cambieremo!

Come mai una scelta acustica?
I motivi sono tre: il primo e’ che non siamo riusciti a trovare un bassista seriamente motivato al nostro genere e di conseguenza, senza basso, abbiamo dovuto scegliere una formazione acustica. Poi, acustici facciamo meno rumore ed abbiamo meno problemi sia a provare, che nell’andare a suonare in posti dove e’ richiesta un po’ di discrezine, come i ristoranti. Infine acustici possiamo suonare anche in un prato o sulla spiaggia, perche’ bastano due chitarre e un paio di bonghi e nessun’altro strumento ingombrante.

Che vantaggi o svantaggi ci sono in una sala bassa come quella della festa ad una musica del genere?
La sala della festa ha un’acustica pessima e quindi e’ completamente inadatta a qualunque genere di musica. Tutti i suoni vengono completamente impastati dal lunghissimo tempo di riverberazione, che tende a confondere gli strumenti ed impoverisce la parte ritmica. Per ascoltare una formazione acustica, e’ necessario poter apprezzare i dettagli del suono, le sfumature che ciascun musicista trasmette col proprio strumento. Con una simile condizione di ascolto tutto cio’ viene perso per cui il risultato ha un suono molto piu’ banale.

Mio parere: mai come quest’anno il supporto musicale dal vivo è stato caldo e non intrusivo, perfetto quindi per una festa come la nostra in cui non si balla, ma si parla. Voi come avete vissuto il rapporto con il pubblico (che in parte vi ha dedicato comunque tutta l’attenzione possibile sedendosi ad ascoltarvi)?
Beh, diciamo che il jazz e’ piu’ una musica interiore: personalmente preferisco suonare nelle prove perche’ non devo concentrarmi su un’esecuzione senza errori per il pubblico, ma posso permettermi degli sbagli e concentrarmi totalmente sulla ricerca di suoni nuovi. Dal vivo e’ piu’ gratificante suonare della musica "carica", ad esempio della dance anni ’70. E’ veramente meraviglioso essere sul palco e vedere che la gente davanti a te sta ballando; questo significa che sei riuscito a trasmettere attraverso la musica tutta la carica che c’e’ in te.

Che progetti avete per il futuro, o che tipo di occasioni state cercando per suonare ancora in pubblico?
Il nostro progetto principale e’ quello di suonare tanto fra di noi, per crescere musicalmente. Poi se capita qualche occasione per andare a suonare fuori tanto meglio, ma non e’ questo il nostro scopo principale. Siamo tutti musicisti molto giovani ed abbiamo tanto bisogno di maturare; penso che questa sia la strada giusta.

Beh, grazie ancora di tutto… e speriamo di trovarvi ancora tutti insieme per una prossima occasione
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Marco Giorgini
Thomas Serafini

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